lunedì 22 gennaio 2018

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THE SQUARE ( SW/DK/D/F, 2017)
DI RUBEN OSTLUND
Con CLAES BANG, Elisabeth Moss, Dominic West, Terry Notary.
GROTTESCO
Benchè in realtà sia una coproduzione tra quattro paesi (Svezia, Francia, Danimarca e Germania), la pellicola vincitrice dell'ultimo festival di Cannes concorrerà ai prossimi premi Oscar battendo bandiera svedese: il "quadrato" del titolo è un'opera presentata al museo di Stoccolma che una volta era il Palazzo Reale, in cui Christian, curatore dell'istituto, crede moltissimo. Rappresenta una zona franca in cui i diritti di tutti, la fiducia in una società evoluta sono intoccabili, e si applicano veramente. Ma una serie di eventi più o meno grotteschi complicano la vita dell'uomo, e dimostrano che anche la moderna, civilissima Svezia, non si può dire al sicuro dalla bestialità umana. Opera dalla cui visione si può uscire sconcertati o perplessi, "The square" è un apologo sulla divagazione estrema cui sono soggetti i nostri tempi, su quanto fasulle siano le certezze di stabilità dell'Occidente, su come sballato sia il rapporto tra esseri umani e tecnologia, e molto altro ancora. Il film di Ostlund mette in scena un'allegoria perpetua, fin anche troppo espansa, su tanti piccoli e grandi mali del nostro vivere, in cui anche il sesso viene rappresentato in tono con la programmatica sgradevolezza scelta come chiave illustrativa. Qualche sorriso sorge spontaneo, ma è abbastanza difficile trovarsi d'accordo con una delle frasi di lancio del film, che parla di risate a scena aperta: più facile provare un sottile ma crescente sgomento, via via che il lungometraggio procede, per due ore e venti che sono un minutaggio francamente eccessivo. La sequela di premi vinti dal film impressiona, e va dato atto al regista Ruben Ostlund di aver voluto provocare in maniera forse fin troppo scoperta, ma molto intelligente, anche perchè la sequenza dell'attore entrato troppo in parte che impersona un gorilla e mette in scacco gli invitati ad un facoltoso ricevimento, è di una potenza inquietante, a rammentare la fragilità di una società che non ha fatto i conti con la furia di ciò che è all'esterno da sè. Film con pari densità di cose riuscite ed altre meno, fa discutere, ed è un bene: da qui a definirlo un lavoro che resterà, il passo pare molto lungo.

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