sabato 30 marzo 2019

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IL PROFESSORE E IL PAZZO
( The professor and the madman, IRE 2019)
DI P.B. SHEMRAN (FARHAD SAFINIA)
Con MEL GIBSON, SEAN PENN, Natalie Dormer, Jennifer Ehle.
DRAMMATICO/BIOGRAFICO
Progettato fin dagli anni Novanta, dopo che Mel Gibson aveva amato il libro di Simon Winchester "L'assassino più colto del mondo", al punto da acquisirne i diritti di sfruttamento cinematografico, e accarezzando l'idea di dirigerne la versione per lo schermo, nonchè di interpretare uno dei due ruoli principali (a occhio, in quegli anni, la star di "Interceptor" si sarebbe forse trovata più affine al ruolo del capitano Minor): poi, per complicazioni varie, vedi alti e bassi della carriera dell'attore e regista che in quegli anni conobbe il picco del successo, questo film è stato rimandato, finchè non si è scelto di farne la pellicola d'esordio di P.B. Shemran, iraniano conosciuto come Farhad Safinia, collaboratore di Gibson per la sceneggiatura e la produzione di "Apocalypto". Da una storia realmente accaduta, l'amicizia nata per via epistolare e poi divenuta concreta tra due uomini dall'intelligenza straordinaria, quanto dal percorso complesso: un professore capace di imparare le lingue con assoluta naturalezza, da autodidatta, e un medico ex-ufficiale dell'esercito nordista dalla conoscenza del linguaggio sterminata, entrati in contatto dopo che il secondo ha scoperto, dal manicomio ove è internato successivamente a un omicidio compiuto in un raptus, che l'altro sta compilando un dizionario definitivo della lingua inglese. Alcuni critici hanno storto la bocca vedendo, in questo lungometraggio, un riflesso dell'assunto di un veterocattolico come Gibson, circa un percorso di redenzione tortuoso e durissimo: sarà, ma, a parte la piccola lezione di democrazia tipica di certo cinema dalla parlata anglosassone, nel veder riuniti in scena persone di credo, indirizzo e tendenze diametralmente opposte ( com'è noto, Sean Penn è stato sempre un democratico fervente, anti-Bush e pacifista, mentre Mel Gibson è un repubblicano convinto, che ha sollevato a volte polemiche per gli atteggiamenti a un passo dal reazionario), con due interpretazioni, più pacata quella di Gibson, più fatta di chiaroscuri quella di Penn, quel che lascia "Il professore e il pazzo", alla fine della proiezione, è un messaggio su quanto la compassione possa migliorare gli esseri umani. Impostato classicamente da una regia abbastanza ordinaria, il film si sviluppa raccontando un pezzo di Storia nascosta, sottolineando un'epica insospettabile: quello che diamo per scontato, come un dizionario, un ospedale o una strada illuminata, ha dietro di sè una storia fatta di sacrifici, lavoro, impegno e ricerca per un intento che apporti dei benefici a una comunità, e in un'era in cui l'egoismo pare diventato un valore da esaltare, è una buona morale.

lunedì 25 marzo 2019

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TRIPLE FRONTIER ( Triple frontier, USA 2019)
DI J.C. CHANDOR
Con OSCAR ISAAC, BEN AFFLECK, CHARLIE HUNNAM, Garrett Hedlund.
AZIONE
La tripla frontiera del titolo è quella che unisce i confini di Argentina, Brasile e Paraguay: vedrà una squadra di uomini provenienti dalle forze speciali, che decidono di rapinare un grosso narcotrafficante, giocarsi tutto per portarsi via il malloppo e sopravvivere all'inevitabile rappresaglia dei criminali. Il quarto titolo diretto da J.C. Chandor è un action movie presentato da Netflix, sempre più un network volto a produrre e distribuire sulla propria piattaforma lavori economicamente impegnativi, firmati da nomi di peso, e interpretati da star: "Triple frontier" si apre con una scena molto spettacolare, in cui c'è uno scontro tra dure forze dell'ordine e trafficanti, una vera e propria azione di guerra. Poi, l'operazione, e la fuga, nella quale, com'è facile prevedere, sorgeranno molte complicazioni e rischi mortali per il team di militari-rapinatori: nella sostanza, il soggetto di questo titolo non dice nulla che non sia già stato raccontato, eppure la regia di Chandor valorizza inquadrature, e conferisce stile a una trama avventurosa, che sembra inseguire un modello di epica classica, più che presentare esplosioni a go-go e sequenze in cui gli effetti speciali prendono il sopravvento. La caducità delle intenzioni umane è uno dei temi più narrati dal regista di "All is lost", e anche qui, l'avidità, la voglia di riscatto e rivalsa di un gruppo di amici, che, una volta alle strette, vedrà anche rivoltarsi i rapporti interni mettendo ulteriormente in pericolo sia la "missione" che le vite di ognuno, sembrano rappresentare appunto la gracilità dei progetti messi in atto. I quali soccombobo di fronte alla reale complessità delle cose, e riducono a una lotta per sopravvivere quello che era nato in altra maniera. Conflitti deflagrati, tensioni inaspettate e solidarietà improvvise vengono gestite bene da un cast tutto al maschile, ma senza eccesso testosteronico, come in altri casi analoghi, e, se si vuole, l'intero lungometraggio può essere visto come un divertissement di un autore in farsi, o anche un film d'azione costruito con una struttura più salda di molti altri.
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CAPTAIN MARVEL ( Captain Marvel, USA 2019)
DI ANNA BODEN, RYAN FLECK
Con BRIE LARSON, Samuel L. Jackson, Jude Law, Ben Mendelsohn.
FANTASCIENZA/AZIONE/FANTASTICO
E venne il tempo degli Skrull: gli alieni mutaforma che nell'universo Marvel nacquero come una sorta di metafora dei sovietici, che appunto si sarebbero infiltrati nella società americana sotto false sembianza per conquistare il pianeta, approdano alle versioni filmiche, in questo nuovo capitolo delle saghe dei creatori di Spider-Man, Hulk & co., che, tra l'altro, risulterà importante nel prosieguo dellla continuity del MCU (Marvel Cinematic Universe). Infatti, la super-eroina Captain Marvel, alias Carol Danvers, pilota di caccia che conosciamo, qua, come membro combattente di una squadra Kree ( ci si può perdere, vero, sono altra razza aliena, di bell'aspetto, un pò come gli elfi nel mondo tolkeniano) che precipita sulla Terra: subito approcciata dall'agente dell'appena nato S.H.I.E.L.D., infatti siamo a fine anni Novanta, la guerriera venuta dal cosmo sente affiorare ricordi, frammenti di conoscenza che le diranno un'altra verità su chi è, e in cosa sia il suo senso e la reale identità. Il film diretto dal due Anna Boden/Ryan Fleck, che aveva girato il film di culto "Sugar" (la tendenza di questa fase marvelliana è, appunto, affidare i progetti a giovani registi teoricaente "di nicchia") è molto più una pellicola di fantascienza rispetto ai numerosi progetti provenuti dalle strisce a fumetti, con viaggi intergalattici, voli accelerati nei cieli, e scontri al laser: se il racconto procede, comunque, nello spiegare che i diversi vanno accettati, e le minoranze non perseguite, in quanto potrebbe essere non veritiera la lettura della Storia (vedi appunto il conflitto tra Skrull e Kree), è fondamentale la non poca ironia che sceneggiatura e regia infondono nell'operazione, per rendere più briosa una storia in cui, nella prima parte, ad un avvio spettacolare segue un bel pezzo in cui l'azione latita un pò. La mascelluta Brie Larson pare prendersi un pò troppo sul serio, e per fortuna Samuel L. Jackson compensa con divertito piglio, ringiovanito dal computer: vengono svelati due "misteri" che contraddistinguono il cosmo Marvel, e il film rimanda, nelle due scene dopo i titoli, allo scontro acerrimo che si consumerà nella seconda parte di "Avengers- Infinity war": ci si può divertire.

sabato 16 marzo 2019

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MR. MAMMA ( Mr. Mom, USA 1983)
DI STAN DRAGOTI
Con MICHAEL KEATON, Teri Garr, Martin Mull, Courtney White.
COMMEDIA
I ruoli, quando si invertono, possono portare ad una crisi personale, oppure ad una ridefinizione dei canoni familiari, se la tradizionalmente casalinga donna trova il modo di far carriera, e il tradizionalmente professionista uomo si deve adattare a gestire il mènage familiare: agli albori dei primi anni Ottanta, la questione sollevò articoli di giornale, pagine redatte da sociologi, e soggetti per il cinema. Qui si vede il rampante Michael Keaton reimpostare la propria dimensione di marito-padre-aspirante manager per aver perso il lavoro, e la sveglia moglie Teri Garr inventarsi una strada nella pubblicità, risultando abile a coniare slogan per le famiglie comuni: inevitabili i guai combinati in casa dal maritino, e le frustrazioni nel constatare che la consorte ha doti impensate nello scalare posizioni sul lavoro, anche se un superiore la insidia e vorrebbe sfilarla al protagonista. Stan Dragoti, che aveva diretto una parodia draculiana a suo tempo divertente, come "Amore al primo morso", che vedeva un compassato George Hamilton interpretare il re dei vampiri nella New York di fine anni Settanta, mette insieme una commediuccia loffia, senza mordente e spesso noiosa su un tema, al cui proposito, il coevo "Mani di fata" nostrano vince ai punti, e senza essere una delle cose migliori con Pozzetto. Keaton fa troppe smorfie, la Garr è dentro un personaggio scontatissimo, si celebra l'unità familiare dandola per assoluto valore, senza prendersi la briga, semmai, di spiegarne il perchè, e, magari, dato che dovrebbe essere un film brillante, si registra un'opacità fuori misura in una sceneggiatura che rende scarsissime le occasioni di divertimento. Dimenticabilissimo.

venerdì 8 marzo 2019

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IL VIGILE ( I, 1960)
DI LUIGI ZAMPA
Con ALBERTO SORDI, Vittorio De Sica, Marisa Merlini, Sylva Koscina.
COMMEDIA
Quando Sordi era una garanzia al botteghino, quindi per tanti anni, uscivano i film che lo vedevano nel cast a grappoli, e il "pizzardone" Otello Cencetti, sfaccendato che, grazie al bel gesto del figlioletto, che ha salvato il figlio del sindaco dall'annegamento, riesce appunto ad ottenere un posto da vigile in moto, è una delle sue caratterizzazioni più celebri degli anni Sessanta. Baciato da un buon successo nelle sale, e puntualmente apprezzato nelle tantissime riproposizioni televisive lungo gli anni, "Il vigile" è uno dei titoli più celebri della collaborazione Zampa/Sordi, e vede di nuovo insieme sullo schermo l'attore romano e Vittorio De Sica, per rinnovare una chimica tra uomini di cinema di primo livello. Eppure, rispetto ad altri titoli dell'epoca, e pur presentando buone caratterizzazioni, e cercando con grinta di strappare le risate al pubblico, questo film appare piuttosto datato, l'interpretazione di Sordi è sovraccarica, giacchè tratteggia un Cretino con la C maiuscola, ma troppo spesso eccede con smorfie, versi e tic: celeberrima la sequenza in cui il Cencetti entra nel bar sotto casa, vestito con giacca da camera, e riceve puntualmente un pernacchione da clienti fissi del locale. Splendida Sylva Koscina nell'interpretare se stessa, funzionale Marisa Merlini nel ruolo della moglie di un personaggio principale ottuso e ostinato nella sua pochezza. 

giovedì 7 marzo 2019

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DIECI GIORNI SENZA MAMMA ( I, 2019)
DI ALESSANDRO GENOVESI
Con FABIO DE LUIGI, Valentina Lodovini, Angelica Elli, Diana Del Bufalo.
COMMEDIA
In famiglia i ruoli sono fondamentali, ma se la mamma decide che necessita di "staccare", che si fa? Ex-avvocato, Giulia sente che non ha più tempo per sè, e alla proposta della sorella, di fare un viaggetto di dieci giorni in quel di Cuba, accetta al volo, e lascia il marito Carlo, dirigente di un'azienda nel ramo alimentare, a gestire casa e i tre figli: naturalmente, le complicazioni saranno all'ordine del giorno, e quel che pareva il normale tran tran, sconvolge il professionista.... Alessandro Genovesi colloca il suo attore-vittima preferito, Fabio De Luigi, in una nuova commedia che viaggia sull'onda di un umorismo paradossale, in cui si sfasciano denti con mazze da baseball, si devasta una villa durante una festa (tipo "Hollywood Party"), e via enumerando, come il duo ci aveva abituati nel dittico "La peggior settimana della mia vita" e "Il peggior Natale della mia vita". Ben accolta dal pubblico, che gli ha tributato incassi di un certo livello, e dovrebbe rientrare tra i primi venti incassi stagionali alla fine, la commediola funziona soprattutto nella prima parte, perdendo un pò di gas nella seconda, anche per trovare un finale edificante che accontenta tutti, che stride con certe gags quasi feroci, viste in precedenza. De Luigi ha l'umorismo giusto per un soggetto del genere, la sceneggiatura ogni tanto si perde qualche personaggio, e la regia non sempre sa dosare la fluidità delle situazioni, mettendo insieme le sequenze come una catena di scenette buffe, più che come una storia vera e propria: se, però, una commedia deve essere anche uno specchio dei tempi, "Dieci giorni..." guadagna punti, e in qualche modo può raccontare qualcosa di quest'epoca alle generazioni future, se si parla di costume.