sabato 30 giugno 2018

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MISTERO A CROOKED HOUSE 
( Crooked House, GB 2017)
DI GILLES PAQUET-BRENNER
Con MAX IRONS, STEFANIE MARTINI, Glenn Close, Christina Hendricks.
GIALLO
Nell'estesa villa "Crooked House", la morte del patriarca Aristides Leonides viene attribuita ad un infarto, ma alla nipote Sophia la cosa non torna, e parla di un avvelenamento al "private eye" Charles Hayward, suo vecchio amore, che non l'ha dimenticata: siamo alla fine dei Fifties, in Inghilterra, e, come l'investigatore scoprirà, nel casato dei Leonides albergano rancori, stranezze, e un pò di follia.... Dal romanzo "E' un problema" di Agatha Christie,  mai curiosamente trasposto su grande schermo prima d'ora, un giallo costruito seguendo la formula immortale del "whodunit" ( chi è stato?), che ha una discreta ambientazione, ma che delude piuttosto per la direzione e per la resa del cast. Se a Gilles Paquet-Brenner si può deprecare una conduzione con scarso senso del ritmo narrativo, ed una chiusura "a bandone", con i titoli di coda che arrivano dopo un finale concitato ma che lascia nello spettatore la sensazione di qualcosa di tronco, gli attori non aiutano granchè. Nonostante in scena ci siano professionisti del calibro di Glenn Close, Julian Sands, Terence Stamp, Gillian Anderson, i ruoli principali vanno agli scialbi Max Irons, che mantiene un'espressione tra il deluso e lo scocciato per tutta la durata del film, e Stefanie Martini, caruccia, ma per niente seduttiva o ambigua, come il personaggio richiedeva. Nello scioglimento del mistero del titolo, che costa comunque la vita a più personaggi, c'era da pretendere un maggior rigore nella gestione del racconto, e dell'elaborazione della suspence: a dimostrazione che non sempre un buon canovaccio porta ad uno spettacolo di buona qualità.

giovedì 21 giugno 2018

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LOOKING GLASS ( Looking glass, USA 2018)
DI TIM HUNTER
Con NICOLAS CAGE, ROBIN TUNNEY, Marc Blucas, Kassia Conway.
THRILLER
Il "vetro per guardare" del titolo è quello dietro allo specchio di una camera di un modesto motel, sito in mezzo al nulla del deserto americano: il luogo è stato recentemente preso in gestione da una coppia ferita, perchè ha perso da poco l'unica figlia, e tenta in questo modo di ripartire. Ma, appunto, in una data stanza, in cui vanno clienti abituali ma con segreti da nascondere, a fare giochi erotici, c'è uno specchio dal quale si può vedere tutto quel che succede, passando dal retro dell'affittacamere: l'afflitto Ray (Nicolas Cage) lo scopre per caso, e vede due belle donne che si intrattengono sessualmente, finchè il gioco non scappa di mano, e una delle due, anche per via dell'intervento di una terza persona, non ci lascia la pelle. Da lì in poi, tra l'intrusione di un poliziotto minaccioso che fa molte domande, e si prende troppa confidenza, ed il vecchio proprietario che sembra svanito dal pianeta, e al quale il protagonista vorrebbe rivolgere alcune cruciali domande, si rifà vivo solo per telefono. Nell'accanirsi di Nicolas Cage a firmare per interpretare film dimenticabili, o di qualità scadente, non fa eccezione questo "Looking glass", la cui regia è di Tim Hunter, proveniente da varie serie tv: sconclusionato nell'assemblare il racconto, inefficace nel montare la tensione, scontatissimo nello sciogliere i nodi della vicenda. Avrebbe potuto, con le premesse dello spunto, risultare un thriller voyeuristico interessante, ma si limita a rimanere nei canali più prevedibili e a rivelarsi un bolso intrattenimento. Meglio, sempre con Nicolas Cage, che tuttavia fornisce un'interpretazione quasi decorosa, ma in un personaggio stinto, "8 MM", di cui si può discutere la visione sulla giustizia privata fin troppo disinvolta, ma almeno aveva buona presa, e teneva sul chi va là lo spettatore: qui non c'è passaggio che non si azzecchi mezz'ora prima, e non c'è personaggio che faccia qualcosa di diverso da ciò che ci immaginavamo un bel pò prima che accada. Mediocre, e con un finale balordo.
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DEMONIO DALLA FACCIA D'ANGELO 
( Full circle, CAN/F 1977)
DI RICHARD LONCRAINE
Con MIA FARROW, Keir Dullea, Tom Conti, Jill Bennett.
HORROR
Durante la colazione mattutina, la ragazzina Lilly ingurgita un boccone di mela che le va a traverso, e la disperata mamma le incide la gola, per aiutarla, ma finisce di ucciderla: da lì in poi, la comprensibile discesa della donna nella depressione, la fine del suo matrimonio, la decisione di andare a vivere da sola. Ma sempre più forte è la sensazione che sua figlia, in qualche modo, sia ancora lì, ad un passo, visibile, e ugualmente la nuova casa che la protagonista abita, sembra pervasa da qualcosa di misterioso e sinistro. Tratto dal romanzo "Julia" di Peter Straub, scrittore che in USA ha avuto un buon successo, mentre da noi, tranne quando si è associato a Stephen King in un paio di romanzi, è stato perlopiù ignorato, "Full circle" (se il titolo italiano è fuorviante, quello originale racconta molto della trama) è un horror parapsicologico che non sempre il regista Richard Loncraine sembra saper gestire con piena padronanza. Più efficace nella prima parte, in cui i sintomi di quel che verrà suggeriscono l'ambiguità della situazione (Julia è impazzita, o qualcosa di non visibile a tutti trama nel buio?), che nello sciogliere i nodi della vicenda, il film è lento ma non disdegnabile, e permeato di una suggestiva malinconia che ritorna nell'inquadratura finale. Quasi a suggellare la triste parabola di un complesso di colpa, che a suscitare spaventi o balzi sulla sedia, tipici del genere. Mia Farrow si accolla un personaggio distrutto, incapace di guardare avanti, eroso dalla schiacciante crudeltà della sorte, o del caso, e lo fa con capacità d'interprete di valore.

martedì 19 giugno 2018

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DETECTIVE STONE ( Split second, GB 1991)
DI TONY MAYLAM e IAN SHARP
Con RUTGER HAUER, Kim Cattrall, Neil Duncan, Michael J. Pollard.
FANTASCIENZA/THRILLER
In un futuro piuttosto vicino ( sarebbe il 2008, lo abbiamo passato, ma il film uscì nel 1992...), in una Londra devastata dall'effetto-serra e allagata, con ratti enormi mutati, un killer sceglie di uccidere diverse persone strappando loro il cuore: sulle tracce dell'assassino si mette l'indisciplinato detective Stone, sospeso perchè ingestibile, ma che viene richiamato in servizio perchè le sue capacità di indagine sono una risorsa di cui la polizia della capitale inglese non può fare a meno. Scorrerà, ovviamente, un pò di sangue, prima che i nodi vengano al pettine. In perdita, perchè costò quasi il doppio di quanto racimolò al box-office, da noi fece una fugacissima apparizione nelle sale prima di essere destinato al mercato home video: in effetti, la messa in scena è pressapochistica, la tensione non c'è, il tentativo di iniettare ironia nella storia funziona pochissimo, Rutger Hauer ci mette solo mestiere, ed un entusiasmo nell'interpretazione come quando si va a pagare una bolletta; eppure qua e là, "Detective Stone", pur rimanendo un filmaccio di serie B, riesce a intrattenere lo spettatore, ma lo guasta il tentativo di impostazione patinata che la doppia regia di Maylam e Sharp adotta, adeguandosi a certi canoni di inizio anni Novanta, per fortuna poi estintisi. Fantascienza di serie B, appena vedibile, spesso goffa e per nulla innovativa. 

domenica 17 giugno 2018

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END OF JUSTICE- Nessuno è innocente
( Roman J. Israel, Esq., USA 2017)
DI DAN GILROY
Con DENZEL WASHINGTON, Colin Farrell, Carmen Ejogo, DeRon Horton.
DRAMMATICO
"Esq.", come spiega il protagonista Roman J. Israel nel corso del film, visto che è apposto dietro al suo nome nei biglietti da visita che sparge con ferma persistenza per tutta la storia, sta per "Esquire" (come la rivista, sì) ed è un titolo desueto: come desueta, deve constatare Israel, è la sua carica radicale in un mondo in cui più che il compromesso, è ormai stato naturale l'assoggettazione. Avvocato civilista, geniale nell'avventurarsi tra codici e lettura delle leggi, ma disastroso nelle relazioni interpersonali e nell'esercitazione dell'avvocatura, l'uomo si ritrova, per via dei problemi economici e delle cattive condizioni dello studio legale per cui lavora da anni, ad entrare in uno studio più potente ma più avvezzo a stare al passo con un sistema non ben oliato quando non corrotto. Ferito nelle aspettative circa una società migliore, mosso da un idealismo che non prevede patti con i rivali o i nemici, si ritroverà a fare una scelta, in un momento in cui ha perso ogni speranza di poter cambiare le cose, che potrebbe costargli carissima. "End of justice" parte benissimo, e affronta temi purtroppo sempre meno frequentati dal cinema ad alto budget, fino a oltre metà film, per poi conoscere un deceleramento nella seconda parte, quando i toni si fanno più simili ad un thriller metropolitano che ad un dramma di denuncia: peccato, perchè l'interpretazione di Denzel Washington, candidata all'Oscar e forse meritevole del premio, è bellissima. A parte il vistoso cambio di silhouette e l'impaccio perpetuo del personaggio sia nel muoversi, che nel parlare, Roman J. Israel rimane impresso per la sua capacità sia di irritare nel proprio radicalismo e nella sua franchezza senza mezzi termini, che di commuovere, come nella toccante scena in cui va a chiedere lavoro e in pochi minuti fa i conti con la propria vita: ritrovando un buon tono narrativo in un finale angosciante e ineluttabile, Gilroy realizza, comunque un titolo che avrebbe meritato maggior fortuna, per come sa raccontare quanto l'egoismo e la distanza abbiano inferto colpi decisivi al senso di comunità e alla ricerca di diritti da conquistare insieme, che non valgono solo per gli afroamericani, ma riguardano tutti. 

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SMALL TOWN CRIME ( Small town crime, USA 2017)
DI ESHOM e IAN NELMS
Con JOHN HAWKES, Anthony Anderson, Michael Vartan, Robert Forster.
NOIR
Poliziotto allo sbando, avvezzo alla sbornia, dopo aver combinato un bel casino in un'azione di pattuglia in cui appunto lucido non era, Mike Kendall, grazie al cognato e alla sorella (acquisita, essendo entrambi adottati) tira a campare, ma quando raccoglie una ragazza malconcia al bordo di una strada, l'istinto dell'investigatore risorge. E nonostante viva in un piccolo centro abitato, la rete della vischiosa faccenda è piuttosto estesa, e pericolosa. Vero, non mancano riferimenti a cose già viste più volte e a clichès del noir o del thriller all'americana, ma "Small town crime", che ha avuto una distribuzione prima televisiva e poi in pochi cinema, in USA, e da noi giunge direttamente sulla tv on demand, è un giallo con punte umoristiche di tutto rispetto. Parte quasi come una commedia, ma azzecca l'impostazione, a bruciapelo sferra scene violente e aumenta il voltaggio della tensione; si nota l'ispirazione coeniana nel plot e nello stile narrativo dei due fratelli Nelms, e il tratteggio di personaggi, con volti memorabili e lontani dai canoni di Hollywood, quasi fosse cinema britannico, è ben curato ( la coppia di sicari, di cui uno sordo e particolarmente inquietante, meriterebbe spazio in un prequel). Spesso notturno e disposto ad accelerazioni ironiche, in un'ora e mezza fluida aggancia l'interesse dello spettatore, e va giù come un cocktail preparato a modo.

giovedì 14 giugno 2018

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IL MAGNIFICO SCHERZO ( Monkey Business, USA 1952)
DI HOWARD HAWKS
Con CARY GRANT, GINGER ROGERS, Marilyn Monroe, Charles Coburn.
COMMEDIA
Il ricercatore Barnaba Fulton è un uomo compassato, innamoratissimo della moglie, che sta lavorando ad una formula chimica: per un capriccio della sorte, uno scimpanzè trova una miscela che "perfeziona" il ritrovato di Fulton, che, se ingerito, dà una sferzata di energia e gaia "grullaggine" senza pensieri. Testato proprio dal protagonista, il cocktail suscita prima confusione, poi l'interesse dei finanziatori dello studioso: non prima di aver creato un certo scompiglio nella vita di Fulton e di sua moglie. Pare che fosse, dei quattro titoli girati insieme da Howard Hawks e Cary Grant, quello che meno fosse piaciuto al regista, e di sicuro, quello che, al tempo della sua uscita, riscontrò meno favore dal pubblico, anche se oggi è considerato una commedia di ottima qualità ed un classico del cinema brillante. In effetti, se comparato a "La signora del Venerdì" e a "Susanna", ci si diverte con questo lungometraggio, ma in misura minore, seppure la bravura di Grant sia indiscussa, e il gioco attoriale con la matura Rogers e la rampante Monroe funzioni eccome. Però la tesi del film, verso il finale, suggerisce che la spensieratezza sia da inquadrare solo nella fase adolescenziale della vita, e che le si associ una qualche forma di stupidità, per forza. Anche se la sceneggiatura porta la firma di I.A.L. Diamond, Ben Hecht e Charles Lederer, la visione del film raggiunge la piacevolezza, ma quasi mai quella leggerezza contagiosa delle pellicole citate o altri classici di quegli anni. 

mercoledì 6 giugno 2018

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GAME NIGHT- Indovina chi muore stasera?
( Game night, USA 2018)
DI JOHN FRANCIS DALEY, JONATHAN M. GOLDSTEIN
Con JASON BATEMAN, RACHEL MCADAMS, Kyle Chandler, Billy Magnussen.
COMMEDIA/THRILLER
Tre coppie di amici sono soliti ritrovarsi per darsi battaglia con giochi di società: c'è molta competizione e affiatamento tra loro, e le cose avranno una movimentata svolta, quando il fratello di uno di loro si rifà vivo, e, per mantenere la propria fama di scapestrato che ha un bel giro di soldi e sa spassarsela, organizza un gioco in cui dovrebbero fare irruzione finti malviventi e un falso agente FBI, e i giocatori dovrebbero indagare per capire chi è il mandante. Solo che arrivano due veri criminali, che stendono il finto agente federale, e rapiscono proprio il fratello organizzatore: durante tutta la notte, inseguimenti, colpi di pistola, e morti finte e reali si susseguiranno. L'idea in sè, alla base di "Game night" non era malvagia, ma certe cose vanno sapute fare. Alla coppia di registi Daley e Goldstein, che aveva esordito con "Come ti rovino le vacanze", remake di "National Lampoon's Vacation", invece, la miscela di commedia pseudo-demenziale e thriller d'azione non riesce proprio: alla ZAZ ( i fratelli Zucker più Jim Abrahams) de "L'aereo più pazzo del mondo"; la sequenza dell'irruzione con la scazzottata che i giocatori credono finta, sarebbe venuta fuori molto più divertente, qui diventa macchinosa pure quella. Per non parlare del tergiversare su ogni cosa, per cui ogni sviluppo della trama diventa un inciampo, ogni occasione d'umorismo viene sprecata, e alla fine il tutto si condensa in un infinito sbadiglio di noia. Interpreti altrove apprezzabili come Jason Bateman, Rachel McAdams e Kyle Chandler sono qui impegnati a far smorfie e a cercare di apparire brillanti, senza che ciò avvenga in pratica mai. Una commediaccia straparlata, faticosa e senza senso, di cui ci si dimentica il prima possibile.
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MOLLY'S GAME ( Molly's Game, USA 2017)
DI AARON SORKIN 
Con JESSICA CHASTAIN, IDRIS ELBA, Michael Cera, Kevin Costner.
DRAMMATICO/BIOGRAFICO
Promessa dello sci statunitense, sorella di sportivi importanti, Molly Bloom è divenuta celebre per aver scritto un libro a proposito della sua esperienza, soprattutto come organizzatrice di un giro non ufficiale di poker, in cui sono entrate grosse personalità dello spettacolo e del mondo degli affari, ed essere finita sotto processo dopo che l'FBI l'aveva arrestata. Su questa vicenda, Aaron Sorkin, mago dell'intrattenimento tv degli ultimi anni, che ha messo mano a diverse serie di grande successo ("House of cards", per dirne una) ha scelto di debuttare nella regia cinematografica. Presentato in anteprima Mondiale lo scorso Settembre al festival di Toronto, "Molly's game" ha riscosso più crediti da parte della critica che del pubblico: il cast è ben gestito, dalla protagonista Jessica Chastain, che quasi mai sbaglia un'interpretazione, a Idris Elba, che impersona il suo avvocato, prima scettico poi preso dalla vicenda, con Kevin Costner che impersona il padre che non fa sconti alla figlia, ma a modo suo l'ha sempre seguita con amore. Sorkin potrebbe diventare un regista di cinema interessante, se riempisse meno le scene di dialoghi fin troppo fitti, con un ritmo difficile da sostenere, e questo è evidente fin dalle prime scene, in cui il personaggio principale introduce il pubblico alla propria storia. Altra cosa su cui lavorare è un minutaggio fin troppo abbondante, perchè due ore e venti, per raccontare questa vicenda, sono eccessive. Eppure la sceneggiatura ha ricevuto sia la nomination all'Oscar, che la candidatura al Golden Globe: semmai è la regia, che deve imparare a gestirla. 

lunedì 4 giugno 2018

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L'ANTICRISTO ( I, 1974)
DI ALBERTO DE MARTINO
Con CARLA GRAVINA, Mel Ferrer, Arthur Kennedy, Valentino Orsini.
HORROR
Neanche si era spenta la fragorosa eco dell' "Esorcista" nelle sale, che in fretta e furia venne messa su questa imitazione italica, in cui la figlia maggiore di un rappresentante dell'aristocrazia romana ( forse nera, ma il film non è molto eloquente in questo senso), impossibilitata a camminare dalla preadolescenza, dopo un incidente, si rivela posseduta dallo spirito di un'antenata, che come lei si chiamava Ippolita, e fu mandata al rogo come strega. La pellicola si apre su un santuario ciociaro, dove un nugolo di disperati che si dicono invasati viene portato dai parenti per liberarli dall'influenza del Maligno: uno di loro si getta giù da un'altura, e pure la protagonista torna molto sconvolta dalla visita. E' solo l'inizio di una serie di brutture repellenti e di una spirale di orrore che vedrà la tapina soggetta a accelerazioni isteriche, ributti di bave di ogni colore, turpiloqui infervorati, cambi di voce e di personalità, e una libido sempre più manifesta, soprattutto quando è inopportuna. Le verrà in aiuto uno psichiatra, ma lo zio alto sacerdote ha altro in serbo....
Come film in sè, "L'Anticristo" non è neanche dei più peregrini, in quanto horror con effetti speciali goffi, ma all'avanguardia per gli anni in cui fu girato, e fino ad un certo punto il lungometraggio si fa seguire emanando anche una giusta tensione, dipingendo il personaggio principale come una schizofrenica straziata dalla solitudine, dalla malinconia e dal non saper dare una svolta alla propria esistenza. Poi, soprattutto nella seconda parte, la voglia di sconcertare e di colpire allo stomaco lo spettatore prende la mano a De Martino, e tra rospi decapitati ( si vuol sperare che sia finto...), rituali in cui è previsto leccare le terga ad un caprone ( per fortuna la macchina da presa riprende da lontano...), spruzzi di bile e vomito, e oggetti che volano, il film sbanda e approda ad un finale cattoconservatore al limite del reazionario, che inciampa nel ridicolo. La povera Carla Gravina, tra boccacce invereconde, sussulti e spasmi, si mette stoicamente al servizio della regia, i due hollywoodiani Mel Ferrer e Arthur Kennedy adoperano un compassato mestiere nelle loro interpretazioni, Anita Strindberg offre il proprio fascino, Alida Valli è assurdamente doppiata, e Remo Girone fa il suo esordio nel ruolo del fratello di Ippolita: il migliore in scena è il pacato Valentino Orsini, nel ruolo dello psichiatra che a un certo punto dichiara la propria resa. Successo di pubblico all'uscita, oggi è un titolo di culto, ma visto da non molti. 
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REVOLVER ( I/F/D, 1973)
DI SERGIO SOLLIMA
Con OLIVER REED, FABIO TESTI, Agostina Belli, Daniel Beretta.
AZIONE/THRILLER
Al direttore di un penitenziario rapiscono la bella moglie, e lo ricattano: deve far evadare un criminale della manovalanza, che appena prima dei titoli abbiamo visto sotterrare un complice dopo una rapina andata male. Colto nel vivo, l'uomo di legge esegue ciò che gli hanno richiesto, anche se lo stesso ex-detenuto pare cadere dalle nuvole circa il motivo dell'interessamento di un giro grosso al suo destino. Stretti tra le minacce dei rapitori e l'incalzante caccia all'evaso, i due alleati per forza finiranno fino a Parigi per cercare di salvare la donna, e venire a capo della faccenda. Diretto da Sergio Sollima, che curiosamente interruppe la carriera di regista cinematografico dopo il grande successo in tv del suo "Sandokan", e il conseguente buon risultato dei film "Il corsaro nero" e "La tigre è ancora viva: Sandokan alla riscossa!", "Revolver" è una coproduzione italo-franco-tedesca in cui viene evidenziata il buon talento dell'autore nell'imbastire un racconto d'azione che curi anche il tratteggio dei personaggi, e dia anche una lettura politica di ciò che narra. Però questo aspetto alla lunga gioca a sfavore del film, perchè ne appesantisce la visione, e complica inutilmente la storia. Che si chiude amaramente, con una scelta forzata, ed una sconfitta sostanziale, anche se in teoria il complotto va all'aria. Teso quanto serve e pronto ad usare le maniere forti Oliver Reed, all'epoca uno degli interpreti più "giocabili" in campo internazionale, volenteroso, ma rigorosamente doppiato Fabio Testi.
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LA TRUFFA DEI LOGAN ( Logan Lucky , USA 2017)
DI STEVEN SODERBERGH
Con CHANNING TATUM, Adam Driver, Daniel Craig, Riley Keough.
COMMEDIA/AZIONE
Annunciato da mesi, con tanto di trailer sparato in tante volte nei cinema, arriva da noi l'ultimo titolo di Steven Soderbergh, una commedia ambientata nel profondo Sud USA, o meglio, una "crime comedy", sottogenere piuttosto sfruttato dopo il 2000. In cui si vuole che una coppia di fratelli messi male economicamente, di cui uno era una promessa del football finchè non si è lesionato una gamba, e l'altro, su una mina in Iraq, ha perso un braccio, escogitano un sistema per fare un colpo alla Charlotte Motor Speedway, corsa automobilistica tra le tante di grande successo, tipo il circuito Nascar. Visto che il passaggio dei soldi dalle casse al caveau avviene con un meccanismo pneumatico, bisogna far esplodere i tubi che conducono il denaro, e metterne nei sacchi più possibile, prima che la sicurezza se ne accorga: c'è bisogno di un esperto del settore, che però è al momento ospite delle galere... Presentato come un'indiavolata commedia che fa il verso alla serie "Fast & Furious", in realtà "Logan Lucky" (il titolo originale si riferisce alla diceria circa la sfortuna dei fratelli Logan) assomiglia maggiormente a "Ocean's Eleven" dello stesso regista, con un buon cast zeppo di nomi di peso ( Channing Tatum, Adam Driver, Daniel Craig, Katie Holmes, Hillary Swank, Seth MacFarlane, Sebastian Stan): se si deve trovare un difetto ad un film comunque ben scritto nei dialoghi e nella scansione dei fatti, è che rimane un pò a metà nella definizione. E cioè, per essere una commedia suscita un divertimento piuttosto moderato, per essere un film d'azione ne contiene non tanta: eppure, la pellicola funziona, contenendo un momento toccante che strizza l'occhio ad un piccolo neo-classico come "Little miss Sunshine", e si chiude su un finale beffardo, con relativa sospensione, che potrebbe anche rinviare ad un eventuale capitolo secondo. Tra gli attori, Craig sembra spassarsela assai, ma è Channing Tatum che rivela mezzi toni finora mai esibiti.