domenica 23 giugno 2019

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PETS 2- Vita da animali ( The secret life of Pets 2, USA 2019)
DI CHRIS RENAUD
ANIMAZIONE
COMMEDIA/AVVENTURA
Era chiaro che i quasi 900 milioni di dollari di incasso mondiale di "Pets", uscito nel 2015, facendone il maggior successo del cinema d'animazione di sempre, non targato Disney o Pixar, avrebbero generato almeno un seguito. Ed infatti, ecco di nuovo alcuni dei personaggi principali del film prodotto dalla Illumination, stessa casa di produzione di "Cattivissimo me": ritroviamo Max, che assieme a Duke, accoglie il nuovo nato in famiglia con affetto e un pò troppa apprensione, la grossa e serafica gatta Chloe, che filosofeggia e poltreggia, jl coniglio Nervosetto ( Snowball nell'originale) che pensa di essere un supereroe, e assieme alla cagnetta Daisy cerca di liberare una dolcissima tigre bianca dal circo di un marrano che fa il prepotente grazie ad un branco di lupi siberiani che tiranneggia. Se il primo, a dispetto di un trailer accattivante e di un battage pubblicitario furbo, tutto sommato divertiva meno delle aspettative, il numero due, pur non cogliendo tutte le occasioni di un potenziale comico o divertente che si voglia, può apparire migliore. Si sceglie in maniera più netta la pista delle storie d'azione, con l'avventura in campagna di Max e Duke, al cospetto del "duro" Galletto ( Rooster in originale, rendeva molto meglio) in un rapporto inizialmente non semplice, che, con il tempo, sfocerà in una collaborazione ed in un'amicizia, e con il tentativo di dare la libertà alla mite tigre delle nevi, in un'accelerata fatta di inseguimenti piuttosto indovinata nel ritmo. Lo stile Illumination, con una definizione meno fluida di quella dei rivali Pixar è piuttosto riconoscibile, e, se si vuole, anche a livello di racconto e di profondità, il tutto è molto più superficiale. Però funziona, a giudicare dagli incassi nei cinema, e dalle numerose copie di DVD vendute, e la legge di mercato vuole che, finchè i numeri sono alti, si continua a produrre...

martedì 11 giugno 2019


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IL TRADITORE ( I, 2019)
DI MARCO BELLOCCHIO
Con PIERFRANCESCO FAVINO, Maria Fernanda Candido, Fabrizio Ferracane, Fausto Russo Alesi.
DRAMMATICO
Film-evento al recente festival di Cannes, il lavoro di Marco Bellocchio su Tommaso Buscetta, storico pentito di mafia che collaborò con Falcone, contribuendo alla cattura di Riina e i suoi sgherri, nella lotta tra Stato e malavita organizzata che insanguinò l'Italia a cavallo tra gli anni Ottanta e i Novanta, sta riscuotendo buon successo di pubblico, arrivando, dopo tre settimane di programmazione, a oltre tre milioni di euro incassati. Si apre nel 1984 con un patto tra gli uomini della vecchia mafia, di cui Buscetta era un "soldato", per quanto personalità rispettata e con un certo tenore di vita, e i "Corleonesi" capeggiati appunto da Riina: gli accordi poi non vennero rispettati, per la brama di potere del capomafia morto nel 2017, la cui ambizione ( specchiata paradossalmente in un livello di vita relativamente frugale, per i canoni dei malavitosi) era pari solo alla ferocia nel gestire l'organizzazione, e da qui partì una lunga scia di atti di violenza e morte, per sterminare i "soci" e, con attentati e stragi, imporre un dominio sulla nazione tutta. Il regista ha tenuto a precisare, in più interviste, che la sua è una versione romanzata di fatti realmente accaduti, con tanto di nomi reali: la riproduzione dell'attentato di Capaci, a memoria, sembra infatti rivista e reinterpretata. Come rilevato da alcuni recensori, "Il traditore" è forse la pellicola firmata dall'autore de "I pugni in tasca" e "L'ora di religione" più "popolare", che incamera scene d'azione di gran tensione ( i delitti tra le specchiere, gran momento di cinema, ma anche la doppia esecuzione dei figli di Buscetta, scena crudele e pesante da sostenere per la verosimiglianza), la tensione tra i personaggi, un'epopea criminale che abbraccia vent'anni di Storia d'Italia moderna: e la chiosa, un ricordo che vede Buscetta commettere un omicidio rimandato per anni, spazza via ogni accusa di "romanticizzazione" del personaggio. Un Favino di grande pregnanza( diciamolo, ora come ora, ancor più bravo di Servillo, altro gigante, ma più riconoscibile e meno camaleontico) impersona un uomo complesso, delinquente e lupo ferito, carismatico e a modo suo legato ai propri ideali, che fece parte del sistema mafioso, ma che non fu pentito per calcolo o per strategia: da apprezzare un cast ben assemblato, in cui spiccano la splendida Maria Fernanda Candido, che interpreta la moglie brasiliana di Buscetta, l'avvocato sleale di Bebo Storti, e la vitalità di Luigi Lo Cascio, ma il più repellente di tutti gli "uomini d'onore" è il Pippo Calò di Fabrizio Ferracane, un mediocre capace di mascherare la propria malvagità dietro a una naturale viltà. Uno dei film italiani di questi anni che resteranno.

lunedì 10 giugno 2019


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IO ( Io, USA 2019)
DI JONATHAN HELPERT
Con MARGARET QUALLEY, ANTHONY MACKIE, Danny Huston.
FANTASCIENZA
La vita sulla Terra è quasi ormai un ricordo, l'aria è intossicata e ha eliminato quasi ogni essere vivente: la ricercatrice Sam, sul satellite di Giove, Io, sperimenta tramite arnie piene di api possibili nuove maniere di utilizzare l'aria, nello stabilimento messo su dal padre, anch'egli scienziato. Un giorno, dopo una tempesta, su una sorta di mongolfiera, un uomo che è alla ricerca del suo genitore, ma la ragazza non gli dice tutta la verità.... Uscito direttamente su piattaforma Netflix, un film di fantascienza "come se ne facevano un tempo", post-apocalittico, come spesso uscivano negli anni Settanta, in cui gli effetti speciali, in pratica, sono quasi banditi, e in scena vanno solamente tre attori, di cui una sola presente quasi dall'inizio alla fine. Nei giorni in cui sembrerebbe essersi tiepidamente risvegliata una coscienza collettiva circa l'ambiente, tra grosse aziende che promettono di mettere un limite alla diffusione della plastica, e l'adolescente Greta che ha lanciato un allarme, speriamo non tardivo, per maggiore attenzione a come il pianeta debba esser trattato, un lungometraggio che sostenga cause ecologiste può suscitare anche maggior simpatia. Però il film si svolge in maniera abbastanza monotona, l'assunto "verde" è rimarcato, ma trama e scrittura non sono abbastanza incisive da appassionare, e la storia invece di arrivare ad un crescendo, si lascia sfumare su una conclusione ambigua che non è ben chiaro se si tratti di un finale vero e proprio, o un approdo onirico. Il regista Jonathan Helpert non sembra possedere una personalità ben definita, i colori plumbei della fotografia imprimono un'aria opprimente al racconto che però non viene riscattata nè dal senso della pellicola, nè dal messaggio che vorrebbe trasmettere. Dei due interpreti in scena, Margaret Qualley pare un pò acerba, mentre Anthony Mackie non è forse un attore così duttile da reggere un film che, appunto, conti soprattutto sui pochi caratteri presenti: meglio andrebbe con Danny Huston, spesso abile cattivo in vari film, ma è troppo poco il suo minutaggio per lasciare il segno.

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C'EST LA VIE- Prendila come viene
( Le sens de la fète, F/CAN/B 2017)
DI OLIVIER NAKACHE e ERIC TOLEDANO
Con JEAN-PIERRE BACRI, Gilles Lelouche, Jean-Paul Rove, Eye Haidara.
COMMEDIA
Che belli i matrimoni, ma se è vero che sono eventi che comportano anche un carico di stress per chi festeggia, c'è da immaginarsi quanto sia poco leggero, in realtà, per chi è addetto a organizzarli. Dal "wedding planner" che deve sia barcamenarsi tra la propria situazione sentimentale, altalenante, e la coordinazione assai complicata di uno staff spesso in contrasto al proprio interno, e gli sposi con annesso parentado, al cantante che è in conflitto con la caposala, dal fotografo che si abbuffa a un cameriere depresso che reincontra, proprio nella sposa, la donna per la quale da anni coltiva un sentimento che lo ha buttato giù, in una sola giornata o poco più, quante cose che si incrociano e possono costituire una potenziale miccia affinché tutto vada a monte. Il duo di registi Nakache/ Toledano gira una commedia che gioca molto sulla parola, ma vive anche di situazioni, che nell'arco di poco tempo definisce rapporti tra caratteri, risolve o meno delle relazioni, e si chiude, su come sottolinea appunto il titolo italiano, di accettare, in fondo, le cose senza pretendere di avere una soluzione per tutto. Molto del discreto risultato del film viene dalla bravura del cast, guidato da un Bacri nevroticamente acido, e la definizione dei personaggi è resa con cura, dallo sposo vigliaccamente ipocrita, alla di lui madre in cerca di una riscossa sentimental-sessuale, e via enumerando. Non un capo d'opera, ma una commedia adulta ben scritta, ritmata e con uno humour efficace su convenzioni, facciata e sostanza in cui ogni interprete apporta un buon modo di calzare il personaggio che riveste.

sabato 8 giugno 2019

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ROCKET MAN ( Rocket Man, USA/GB 2019)
DI DEXTER FLETCHER
Con TARON EGERTON, Jamie Bell, Richard Madden, Bryce Dallas Howard.
BIOGRAFICO/MUSICALE
Annunciato in concomitanza con l'altro biopic musicale della stagione, "Bohemian Rhapsody", ma realizzato tra minori traversie produttive, ecco il film sulla vita di un'altra stella delle hit parade degli anni Settanta e Ottanta, Reginald Kenneth Dwight, in arte Elton John. La pellicola sceglie di raccontare l'arco esistenziale della pop star dall'infanzia a metà anni Ottanta, essendo l'autore di "A word in spanish" e "Sad songs" ancora in vita, a differenza di Freddie Mercury ( nel lungometraggio su di lui, invece, il film si chiudeva sulla performance trionfale del Live Aid, e non sulla morte prematura del cantante), e per cornice c'è un gruppo di autoterapia, ove la stella dei palcoscenici si rifugia per cercare di raddrizzare un'esistenza fatta di lampi e applausi, ma anche di dipendenze varie, malinconie iperboliche e la necessità di essere accettata. Concepito come un vero e proprio musical, il film diretto da Fletcher ha un avvio cinetico, con un Elton John in costume ultrasgargiante da angelo/diavolo arancione che rievoca i primi passi in musica, e un numero di danza su "Saturday night's alright for fighting" trascinante: conosce via via qualche passaggio un pò scontato, e tira via su alcune fasi della vita del cantante, vedi l'incontro con la donna che sposò, Renate, per poi divorziare presto, ma è una cosa risolta veramente in due battiti di ciglia, quindi piuttosto poco affrontata. Però, la personalità di un genio nell'arte dello scrivere musica accattivante e spesso elegante negli arrangiamenti e nella composizione ( non si sta quasi cinquant'anni sulla breccia senza avere un solido talento, comprendendo alti e bassi e derive personali) viene esplorata in maniera molto accurata, e, dato che al progetto è stato necessario il beneplacito dello stesso protagonista, l'ammissione di tante zone fragili, di tanti errori fatti e uno spreco di sè piuttosto reiterato, l'operazione è da apprezzare. Coloratissimo e meticoloso nella riproduzione dei fantastici costumi di scena e cambiamenti di look nel corso degli anni di E.J., "Rocket Man" è interpretato con consistente aderenza al ruolo da Taron Egerton, che si spende anche in numeri di canto e ballo: il rapporto con la spalla di sempre di Elton John, Bernie Taupin, interpretato da Jamie Bell, è ben reso, e la sequenza di "Your song", in cui affiora un sentimento di diversa natura l'uno verso l'altro tra i due, è di una delicatezza di un certo livello. C'è chi ha scritto di questo film, forse senza prima vederlo, che non si sentiva il bisogno di un titolo a forte rischio di elegia per un personaggio ancora vivo, ma è un buon tributo ad un artista che ha scritto e interpretato tanta bella musica che ci accompagna da decenni, e che, con "Crocodile Rock", ha forse espresso, meglio di tutti, la dimensione perduta e non recuperabile, gioiosa eppure lancinante, degli anni verdi della prima gioventù, e tutta la polvere di stelle che lascia.

sabato 1 giugno 2019

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PUOI BACIARE LO SPOSO ( I, 2018)
DI ALESSANDRO GENOVESI
Con CRISTIANO CACCAMO, SALVATORE ESPOSITO, Diego Abatantuono, Monica Guerritore.
COMMEDIA
La modernizzazione della commedia in Italia è un cantiere aperto, e tra tutti i generi cinematografici, è vero che quello brillante è quello che, insieme all'horror, maggiormente rispecchia e documenta la fase in cui è realizzato, proprio per via dell'ottica a cui si guarda alle cose di cui si parla, nel caso dei film che devono far sorridere più esplicitamente, in quello delle pellicole che devono spaventare più per via metaforica. Divorzio, autonomia femminile, importanza del web, pari diritti, tutto trova accesso allo schermo per parlare agli spettatori di una tematica e, divertendoli, sostenere una tesi. Omosessualità e matrimonio tra rappresentanti dello stesso sesso? Ecco una commedia confezionata da Alessandro Genovesi che inizia a Berlino e si svolge perlopiù nel paese di origine di uno dei due promessi sposi, il più refrattario a vivere la propria condizione per i tabù che non sa valicare (il paese è Civita di Bagnoregio, nel Lazio, accessibile solo tramite un moderno viadotto-ponte): infatti, a casa, il padre, sindaco del posto, fa il moderno e liberale in consiglio comunale, ma con le cose private non è esattamente così aperto... Genovesi redige un filmetto sostanzialmente corretto nell'impostazione, con non moltissime occasioni di divertimento, forse fin troppo "a tesi", che via via che scorre, mette insieme diverse occasioni di inverosimiglianza (vedi il finale, con Abatantuono a piede libero, nonostante i fatti accaduti): parecchio gli fanno gioco gli interpreti, soprattutto Dino Abbrescia, che è uno dei più operosi e capaci attori di contorno del nostro cinema leggero, e una Monica Guerritore che non ha perso fascino, e dimostra una piacevole disponibilità a prendersi meno sul serio di quando era più giovane. Apprezzabile negli intenti, relativamente riuscito quanto a efficacia nel divertire.