mercoledì 17 marzo 2021


SOLDADO ( Sicario: Day of the Soldado, USA 2018)
DI STEFANO SOLLIMA
 Con BENICIO DEL TORO, JOSH BROLIN, Isabela Moner, Jeffrey Donovan.
AZIONE/DRAMMATICO
Come girare cinema d'azione d'autore: se "Sicario" era stato un bel risultato commerciale per la carriera di Denis Villeneuve, ha fatto sensazione la "chiamata" del nostrano Stefano Sollima per la direzione dell'atto secondo della battaglia degli uomini CIA contro i cartelli messicani. Ma è, ovviamente, anche il risultato della globalizzazione dell'era delle piattaforme, dato che il suo "Suburra", sia in versione film che la serie in tre stagioni che ne è desunta: dopo la vendetta compiuta infine del personaggio del killer Alejandro sul boss responsabile dello sterminino della sua famiglia, si riforma l'accoppiata con l'agente speciale Graver, questa volta per contrastare dei narcotrafficanti messicani che infiltrano tra i disperati dell'immigrazione clandestina in USA alcuni terroristi dell'ISIS. Fin dalle prime immagini, che presentano attentati compiuti in centri commerciali, Sollima introduce lo spettatore in un clima teso, che rivela la spietatezza senza filtri di una giungla umana in cui la regola del più forte ha preso ormai campo: rispetto al primo film, ci sono meno scene action, essendo maggiormente costruito sull'atmosfera di tensione che la regia costruisce assai bene, ma quando necessita, come nella sequenza dell'imboscata, Sollima regge ottimamente il confronto con un cinema come quello di Michael Mann o altri moderni maestri di questo genere, scandendo un'epicità genuina, mai tronfia e sovraccarica. In mezzo a violenza e furore, poetica la scena del dialogo con il linguaggio dei sordomuti con il contadino, e, a mano a mano che il racconto riserva colpi di scena allo spettatore, "Soldado" assume sempre di più una connotazione da western moderno, specialmente nel rapporto tra Alejandro e Graver, riecheggiante celebri sodalizi tra uomini di frontiera, che riscoprono, a scapito delle convenienze, anche un'amicizia, oltre all'alleanza. Il finale potrebbe suggerire che anche un terzo capitolo potrebbe arrivare, ed è una delle non moltissime volte che ciò lascia una sensazione di piacevolezza.

martedì 16 marzo 2021


MULAN ( Mulan, USA/CHI 2020)
DI NIKI CARO
Con LYU YIFEI, Donnie Jen, Jason Scott Lee, Gong Li.
AVVENTURA/FANTASTICO
Primo kolossal a fare i conti con la disgrazia mondiale del Covid, "Mulan" è stato, in seguito, al centro di polemiche per via della decisione della piattaforma Disney+ di concederlo ai propri utenti permettendone il download alla cifra supplementare di 27 euro: dato che chi avesse voluto vederlo pagava già l'abbonamento, è sembrato un costo salato arrivare a permettere certa spesa per poter vedere un film già incluso nel listino. Vero che è una grossa coproduzione tra Stati Uniti e Cina, e che per provare a rientrare nei costi cospicui, dato lo smacco della mancata proiezione nelle sale internazionali, si è pensato questo azzardo, ma non è stata una grande iniziativa. Rimanendo sulla pellicola in sé, paiono anche fin troppo accanite certe critiche spietate, che hanno definito questo come il peggiore dei live action Disney tratti fin qui dai classici animati: "Mulan", benché fosse un grande successo quando uscì nel 1998, è sempre stato percepito come un titolo "a parte" nel cinema disneyano, visto che, ancor più di altre eroine di cartone, la guerriera cinese ribaltava personalmente ogni prospettiva e impugnava coraggio ed armi sia per debellare i nemici, sia per trovare il suo posto nella società cinese. Si è scelto di adoperare un tono meno ironico che in altri lungometraggi di questo progetto, togliendo il personaggio buffo del piccolo drago amico della protagonista, e, pur rimanendo certi aspetti fantastici, quali il personaggio della strega che aiuta i barbari malvagi, si privilegia l'avventura e l'azione. Ben allestito per costumi e scenografie, il film ha ritmo, e tende al classico nella messa in scena: Gong Li, nel personaggio della villain, è ancora un'apparizione magnetica, dominando in fascino la protagonista Lyu Yifei.

 

sabato 13 marzo 2021


SPASMO ( I, 1974)
DI UMBERTO LENZI
Con ROBERT HOFFMAN, SUZY KENDALL, Ivan Rassimov, Adolfo Lastretti.
THRILLER
 Ivan è l'azionista di maggioranza dell'azienda di cui il fratello Fritz è il titolare: con un'amante rinviene su una spiaggia una ragazza che appare confusa, dopo aver trovato un manichino di donna sfregiato;  per aiutarla, il giovane benestante cerca di sapere di più, ma lei fugge in auto, anche se di lì a poco i due si reincontreranno a bordo dello yacht di un amico comune, il quale corteggia la ragazza. Da lì in poi si aprirà una spirale di probabili bugie, identità incerte, e potenziali pericoli di morte, e sullo sfondo diversi manichini a dare un'atmosfera cadaveriale. Thriller di Umberto Lenzi emulo delle pellicole di Dario Argento, classificato come B-movie all'epoca della sua uscita, in seguito rivalutato da molti cinefili, "Spasmo" ha una discreta ossatura, la sceneggiatura, tutto sommato, tiene e crea una suspence non dozzinale, per giungere ad una conclusione di un buon impatto: certo, Lenzi, pur risultando un regista attento alla verosimiglianza, nella narrazione, più del maestro del genere all'italiana autore di "Quattro mosche..."pecca qua e là risultando un pò didascalico in alcuni snodi, ma il film ha presa, e, se non si può dire che conti su un cast strepitoso, regala qualche piccolo brivido e ha la coerenza di un finale non tranquillizzante.

 


CHI HA PAURA DI VIRGINIA WOOLF? 
(Who's afraid of Virginia Woolf, USA 1966)
DI MIKE NICHOLS
Con ELIZABETH TAYLOR, RICHARD BURTON, George Segal, Sandy Dennis.
DRAMMATICO
L'esordio da regista di cinema di Mike Nichols avvenne con la versione cinematografica della piéce "Chi ha paura di Virginia Woolf?", di Edward Albee, rappresentato con enorme successo a Broadway dal 1962: un gioco al massacro vero e proprio, con due coppie che passano una serata insieme, tra trabocchetti, sfuriate, colpi bassissimi, frustrazioni, rancori acerrimi. La coppia matura, che ospita gli altri due, senza riguardo alcuno per le regole di accoglienza, si mostra apertamente in conflitto, tra accuse infami e sadismo manifesto, tirando fuori anche dai più giovani i lati oscuri, giungendo fino al tradimento plateale. Una delle mosse indovinate di Nichols fu affidare ai veri coniugi turbolenti Liz Taylor e Richard Burton i ruoli principali, con l'ex ragazzina prodigio di "Torna a casa, Lassie" invecchiata ad arte e volutamente appesantita fino a parere una cinquantenne in scena: il crescente disagio che prova anche lo spettatore assistendo alle stilettate, che divengono veri e propri colpi di scimitarra tra i due, è funzionale alla tensione che la pellicola alimenta fin dalle prime battute. Per certi versi, è un film in cui il silenzio non entra mai, gli scambi di battute avvelenati creano una sensazione quasi di annegamento in mezzo ad un'esplosione verbale stordente, e, per questo, vale ancor di più l'ultimissima sequenza, in un' alba stanca, in cui un frammento di umanità ricompare, contro ogni aspettativa, a descrivere la vera natura del rapporto tra i due. La bravura nel dirigere gli attori del regista si delinea già in questo film, e diverrà proverbiale: nel gestire due campioni della scena come Taylor e Burton, per di più in ruoli molto sentiti da quella che è stata una delle coppie a maggior tasso di turbolenza, tra quelle celebri del mondo del cinema, ma anche nell'inserire George Segal e Sandy Dennis, portando due Oscar al film, che premiarono appunto le due attrici. Un'opera ancor oggi urticante e scomoda.

 

giovedì 4 marzo 2021


SONO SOLO FANTASMI ( I, 2019)
DI CHRISTIAN DE SICA
Con CHRISTIAN DE SICA, CARLO BUCCIROSSO, GIANMARCO TOGNAZZI, Valentina Martone.
COMMEDIA/FANTASTICO
Presentata come la "prima commedia-horror italiana", "Sono solo fantasmi" con il cinema della paura ha abbastanza poco a che fare, se non per lo sfruttamento di un caposaldo del genere, come gli spettri. Si vuole che tre fratelli per via dello stesso padre, ma di madri differenti ( fattore comune a Christian De Sica e Gianmarco Tognazzi) si riuniscano a Napoli per l'eredità di un padre troppo propenso al tavolo da gioco ( doppia nota autobiografica di De Sica) e quindi con poco lascito, e tanto sperpero: ognuno dei tre è inguaiato a modo suo, dal prestigiatore sputtanato De Sica al finto rampante Buccirosso, al fragile Tognazzi, e così, per pagare le ipoteche sulla casa paterna, unica cosa rimasta concretamente, si improvvisano acchiappafantasmi, ma uno spirito di una strega, particolarmente potente, minaccia l'intera città partenopea. Da regista, Christian De Sica spesso ha manifestato ambizioni fin troppo alte per il risultato finale delle sue direzioni, con frequenti inciampi ( clamoroso quello di "The Clan") e qualche lavoro con argomentazioni anche valide, ma non del tutto ben sviluppate ("Tre"): qua, la cosa che colpisce di più è quando rifà suo padre, truccato in maniera egregia, fino a risultare quasi inquietante. Ma le occasioni di divertimento sono molto rade, il film è trasandato, anche se volenteroso, nelle scene di effetti speciali, spesso si cerca la risata grassa, e non si ottiene nemmeno quella per l'incertezza di fondo. Benché poco probabili, come fratelli, il trio De Sica- Buccirosso-Tognazzi non figurerebbe nemmeno male, ma sono alle prese con personaggi più abbozzati che definiti. Non che ci si aspettassero grandi cose, ma un goccio di originalità in più....

 



 NON SONO UN ASSASSINO ( I, 2019)

DI ANDREA ZACCARIELLO

Con RICCARDO SCAMARCIO, Alessio Boni, Edoardo Pesce, Claudia Gerini.

THRILLER

Cos'è successo nella casa del giudice Mastropaolo ( Alessio Boni) trovato ucciso da un colpo di pistola? Si ritrova accusato il vicequestore a lui legato da un'antica amicizia, Francesco (Riccardo Scamarcio), che era stato convocato dalla vittima per una confidenza importante, e le impronte portano proprio a lui, che chiede l'aiuto dell'amico di entrambi, l'avvocato balordo Giorgio (Eduardo Pesce): sarà molto dura scongiurare la condanna per omicidio, e venire a capo del mistero, con una misteriosa chiave che, nel corso di vari flashback, i tre amici si sono scambiati lungo gli anni, e che solo alla fine aprirà una serratura cruciale.... Thriller nostrano, diretto da Andrea Zaccariello, regista poco prolifico ( quattro film in vent'anni), da un romanzo di Francesco Caringella, ha nel cast interessante ( ma non sfruttato al meglio) la sua maggiore virtù: per il resto, gioca sugli incroci di presente e passato in maniera poco fluida, quando non scombinata, facendo avvitare in più di un passaggio la trama, non eleva il grado di suspence al punto da far lavorare la mente dello spettatore sulle possibili soluzioni, anzi, tendendo a far confusione, anzichè suggerire possibili strade; inoltre, i personaggi emanano poca simpatia, portando chi guarda a non provare empatia per le loro vicissitudini sullo schermo, e, invece di giungere ad una conclusione in modo serrato, per un film che dura solo un centinaio di minuti, arrivare alla fine con diverse lentezze, non è esattamente un successo. Peccato, che i nomi in ballo tra gli interpreti lasciavano ben sperare: nota di demerito per una Claudia Gerini che muta anche tonalità della voce, ma non incide mai.

lunedì 1 marzo 2021


ARRIVANO I DOLLARI ( I, 1957)
DI MARIO COSTA
Con ISA MIRANDA, Alberto Sordi, Nino Taranto, Mario Riva.
COMMEDIA
La commedia all'italiana degli anni Cinquanta giocò spesso sul leggero, ma trattando tematiche ( com'é giusto che sia, è uno dei generi che maggiormente specchia la realtà da cui proviene) che si possono rintracciare in quell'epoca: logico che in un dopoguerra ancora con i segni della tragedia sia del conflitto mondiale, che di vent'anni di dittatura, ad esempio l'arricchimento facile e il salto di qualità di stile di vita fossero, più che mai, obiettivi rincorsi da tutti. In questo film corale si immagina che uno zio d'Africa sia passato a miglior vita, e ci sia appunto un'eredità da spartire in cinque nipoti, dato che l'uomo non aveva figli, ma arrivino la moglie ed un'altra signora, che è il notaio della medesima, per decidere a chi spetti a maggior ragione il bel gruzzolo: c'è il nipote debosciato Sordi, vedovo allegrissimo e benestante, quello avaro Taranto, quello scanzonato Riva, il gelosissimo Billi e lo scapolo Raimondi, ognuno con i suoi difettucci ( però quello di Alberto Sordi è un omicida confesso, visto che ha dato "la spintarella" alla ricca e bruttissima coniuge che aveva, per accaparrarsene il patrimonio...). Girato in maniera ordinata ma abbastanza anonima da Mario Costa, che con la commedia non aveva molta dimestichezza, e si vede abbastanza, il filmetto illustra un'Italia sempliciona e provinciale, pettegola e con non molte virtù: insistendo fin troppo su certe gags ( il marito geloso marcio di Riccardo Billi è scarsamente simpatico), i nomi più pesanti in commedia, quelli di Alberto Sordi e Nino Taranto, appaiono infine sprecati, e utilizzati non benissimo ( soprattutto il secondo), e appaiono in relative poche scene, nonostante fossero i più in mostra su manifesti e titoli. Brilla il fascino maturo di Isa Miranda, una bellezza qui già in avanti con gli anni ma ancora consistente: si sorride qua e là, ma molto meno di quanto succedesse con altri titoli brillanti italiani coevi. Eppure, c'è chi considera anche questo un piccolo classico, a modo suo.


 



 PET SEMATARY ( Pet Sematary, USA 2019)

DI KEVIN KOLSCH  e DENIS WIDMYER

Con JASON CLARKE, AMY SEIMETZ, Jeté Lawrence, John Lithgow.

HORROR

"Pet Sematary" contiene una delle pagine più memorabili, e lancinanti, dell'intera e prolifica opera kinghiana: quella in cui il protagonista, il medico Louis Creed corre con il piccolo figlio, Gage, sulle spalle, e lo scrittore del Maine fa percepire la gioia di quest'uomo giovane in uno dei momenti in cui è realmente felice, e poche righe dopo anticipa al lettore che il bimbo morirà tragicamente di lì a breve. Nella nuova versione cinematografica ( la prima venne intitolata da noi "Cimitero vivente", uscì nel 1989 e venne diretta dalla regista Mary Lambert) alcune cose cambiano, come l'identità del figlio che muore in un incidente stradale, ed il finale, ma il canovaccio permane l'originale escogitato nell'83 da Stephen King. In un certo senso, la storia è stata probabilmente ispirata all'autore di "Carrie" dall'immortale (letteralmente) polpa di "Frankenstein", visto che si parla di un'ostinazione a non offrire resa a un tabù come la morte, e a non pretendere di cambiare le leggi naturali, perché l'esaudimento del naturale desiderio di poter perpetuare la presenza di chi si ama potrebbe celare un inferno in Terra. Stranamente, il remake appare migliore del film di fine anni Ottanta, e non per miglioria degli effetti speciali, che sono, in realtà, abbastanza centellinati: da uno dei testi più filosofici della lunga bibliografia del letterato, la regia a quattro mani di Kolsh e Widmyer calibra abbastanza bene la suspence, concentra quasi tutto quel che può spaventare lo spettatore nell'ultimo terzo di storia, come faceva il testo originale, e non ricerca l'effettaccio o il "jump scare" forzato, seguendo la linea di un racconto infine molto più indirizzato alla tragedia a sfondo orrorifico, che al film pauroso duro e puro. Jason Clarke, uno dei meno hollywoodiani interpreti di vaglia, rende bene i dilemmi e la scelleratezza a fin di bene, ma dall'infausto destino, del protagonista, però il migliore appare il grande caratterista John Lithgow nel ruolo del vicino di casa anziano che per troppa pietà avvia la catastrofe.