lunedì 31 ottobre 2016

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THE DIVERGENT SERIES: ALLEGIANT ( Divergent series: Allegiant, USA 2016)
DI ROBERT SCHWENTKE
Con SHAILENE WOODLEY, THEO JAMES, Miles Teller, Naomi Watts.
FANTASCIENZA
Com'è uso dall'ultimo "Twilight", diviso in due film, per aumentare gli introiti ( produci uno, guadagni su due), anche "Divergent", serie di fantascienza distopica, tratta dai romanzi di Veronica Roth, ha visto l'ultimo capitolo dei libri della saga diventare due film: tutto, qui, finirà con "Convergent", in cui si risolveranno le questioni sul mondo di Tris, combattente ribelle alle regole di una società futura in cui, all'origine, i futuri adulti venivano divisi per caratteristiche. C'è il tedesco Robert Schwentke, da anni stabilmente ad Hollywood, in cabina di regia, e l'azione parte, chiaramente, dalla conclusione dell'episodio precedente, con un molto teorico cambio di regime che, nell'arco di una conversazione, viene spiegato al coprotagonista "Quattro", il quale guiderà la prolungata ribellione. Infatti, la protagonista Tris viene "conquistata" dal progetto di rifondazione della società, e non si unisce al partner. L'interessante spunto sull'asservimento al Potere e all'inquadramento conservatore degli ex-ribelli, che costituisce la base narrativa di questo film numero 3 della serie, si annacqua con troppe scivolate nell'ovvio, per di più relegando la Woodley in un ruolo da semi-soggiogata, cambiando fin troppo rapidamente l'atteggiamento del suo personaggio, che, a conti fatti, pare quasi una psicolabile, per gli opposti atteggiamenti verso i quadri del nuovo Potere. Non parliamo poi della fantasia di scenografi e costumisti di questa nuova fantascienza distopica, molto scarsa in confronto ai colleghi degli anni Settanta e Ottanta: al box-office "Allegiant" ha deluso, al punto da indirizzare la Lionsgate, a far uscire direttamente in video il capitolo conclusivo....

sabato 29 ottobre 2016

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GO WITH ME ( Blackway, USA 2015)
DI DANIEL ALFREDSON
Con JULIA STILES, ANTHONY HOPKINS, Alexander Ludwig, Ray Liotta.
THRILLER
Seconda collaborazione tra il regista svedese Daniel Alfredson e la star gallese Anthony Hopkins, nello stesso anno: dopo "Il caso Freddy Heineken", sul vero rapimento del boss della birra, ecco un thriller tratto da un romanzo, di Castle Freeman, jr., in cui una giovane donna, che torna in un paesino del profondo Nord statunitense, comincia ad essere perseguitata da un ex-poliziotto, divenuto malavitoso, di cui tutti hanno terrore, nella zona. L'unica speranza è un anziano boscaiolo, che ha perduto la figlia per overdose, ed un giovane con qualche problema mentale, che però saranno gli unici a fornirle aiuto. Al di là dell'incomprensibile titolo italiano, che pone un altro titolo in inglese, dal significato abbastanza vago ("Vieni con me"), al posto dell'originale, che altro non è che il cognome del cattivo, il film di Alfredson è un thriller che può parere un telefilm, anche perchè, lungo più o meno 89 minuti, arriva, in pratica, al climax della vicenda una buona decina di minuti prima dei titoli di coda, mossa piuttosto balzana, nel genere. Ambientato in un'America innevata  e molto laterale, poteva risultare un lavoro interessante sugli stalker, ma spreca gran parte della sua attrattiva, in un racconto fin troppo lineare, e con poche buone occasioni per gli interpreti: se la Stiles merita tutto sommato una rivalutazione, Hopkins, sotto questo regista, non ha dato il meglio di sè, meglio risulta il giovane Alexander Ludwig nel ruolo del giovane forte di braccio, quanto debole di mente, mentre Liotta, nel ruolo del "villain" gioca tutto sopra le righe, non una delle prove più memorabili dell'attore di "Quei bravi ragazzi". Di solito, i film così, vengono bollati come "senza pretese". 

venerdì 28 ottobre 2016

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JACK REACHER- Punto di non ritorno
( Jack Reacher: Never back down, USA 2016)
DI EDWARD ZWICK
Con TOM CRUISE, Cobie Smulders, Danika Yarosh, Patrick Heusinger.
AZIONE/THRILLER
I romanzi di Lee Child sono dei best-seller internazionali, che però, fino a quando non è stato fatto il primo film, nel 2012, delle avventure del personaggio errabondo, ex-militare di carriera che attraversa gli Stati Uniti e si imbatte in storture e piani criminali, per debellare con violenza pari a quella usata dai cattivi, qui da noi non hanno avuto gran fortuna. Qua Jack Reacher, che si è incuriosito circa una donna ufficiale conosciuta telefonicamente, per motivi pratici, al punto da andare a trovarla, per scoprire che è stata appena destituita ed arrestata: ci sarebbe sotto una manovra, con militari corrotti di mezzo, riguardante un corpo di contractors privati, appaltati dal governo americano, che non esitano ad eliminare chi intralcia loro la strada. Naturalmente, Reacher non starà a guardare. Affidato a Edward Zwick, che con Tom Cruise aveva già collaborato per "L'ultimo samurai", che ha scritto e diretto il lungometraggio, questo secondo atto delle gesta di Jack Reacher versione cinematografica è, curiosamente, per una serie di romanzi giunti, più o meno, al ventesimo capitolo, una storia non presente nella saga, ma successivamente divenuta romanzo di Child. Come i lettori di Reacher sanno ( io sono tra questi, perchè sono esagerati e non del tutto condivisibili, sui metodi dell'eroe, ma ben scritti e avvincenti), lasciamo stare la verosimiglianza circa un castigatore che fa fuori i cattivi senza la minima traccia di un'indagine di polizia su quel che ha fatto: però, se possibile, questo numero due è meglio del primo, con una gestione del racconto e dei colpi di scena molto buona, ed una tensione, per quanto sia scontato arrivare ad un certo tipo di finale, che diverte e tiene lo spettatore su di giri. Se il tempo comincia a lasciare segni evidenti su Tom Cruise, e forse, almeno di qua dall'Atlantico, non sembra più (da qualche anno) fare gli stessi numeri di un tempo, è altrettanto vero che il divo di "Rain man" è in palla e ha imparato maggiormente a giocare di mezze espressioni: se vuole continuare ad impersonare Jack Reacher, non deve però lasciar passare altri quattro anni, ed il personaggio può contare su più romanzi di James Bond....

giovedì 27 ottobre 2016

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CAPTAIN PHILLIPS- Attacco in mare aperto
( Captain Phillips, USA 2013)
DI PAUL GREENGRASS
Con TOM HANKS, Barkhad Abdi, Barkhad Abdirahman, Faysal Ahmed.
DRAMMATICO
Accaduta nella Primavera 2009, la vicenda del sequestro della nave mercantile, con carico di alimenti per una missione umanitaria diretta in Africa, in Kenya, fece notizia, in particolare, perchè si trattava della prima volta di un attacco pirata ad un cargo statunitense. Paul Greengrass ha fatto quasi un instant-movie sul fatto, visto che le riprese sono state effettuate nei primi mesi del 2012: da antico documentarista, il regista della saga di Jason Bourne sta addosso al suo protagonista, un Tom Hanks ottimo, che impersona un eroe "normale", il quale si offre come ostaggio agli assaltatori, e vive tutta la situazione dell'assedio sulla scialuppa di salvataggio, quando intervengono le forze speciali. Sceneggiatura e regia, tra l'altro, mostrano all'inizio da quale condizione disperata vengano i pirati improvvisati, quasi costretti a compiere gli attacchi in mare: il resoconto, tra spari, trattative, tentativi di ribaltare la situazione, è ben condotto, e tiene in agitazione lo spettatore sugli sviluppi della drammatica storia. La cosa che tiene più avvinti è l'umanizzazione data ai personaggi, il rapporto teso e, ad un certo punto, quasi empatico che si forma tra Phillips ed il capo dei pirati, i conflitti tra questi ed il resto del commando. E quello che emerge, tra le righe, è la pietà per entrambi i versanti, sfruttati da chi manovra in grande, e tratta come pedine altri esseri umani, senza dar peso alle loro esistenze, ma considerandoli solo vettori per i propri interessi. Taglio a tratti documentaristico, come già aveva mostrato, per esempio, questo regista in un altro dramma efficacissimo come "United 93", e, una volta di più, la constatazione di quanto possa essere bravo Hanks a tratteggiare un uomo comune alle prese con un evento fuori dalla portata sua e di qualsiasi "normale". 

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IL MATTINO DOPO ( The morning after, USA 1986)
DI SIDNEY LUMET
Con JANE FONDA, JEFF BRIDGES, Raul Julia, Diane Salinger.
GIALLO
Bella, e un pò troppo avvezza alla sbornia, Alex si sveglia nel letto di uno sconosciuto, che è morto accoltellato, accanto a lei, ma la donna non ricorda alcunchè di quello che possa esser successo: fugge, ma torna nell'appartamento per pulire le tracce della sua presenza. Chiede consiglio all'ex-marito, parrucchiere per signora à la page, e si imbatte in un detective privato, ex-poliziotto, che ha una macchina di vari colori, che forse potrà aiutarla a cavarsi dal guaio in cui si è messa. Anche se la donna ha un brutto carattere, ed il ricorso alla bottiglia non aiuta di certo. Nonostante i nomi in campo siano di peso, come Sidney Lumet alla regia, e una coppia di protagonisti come Jane Fonda e Jeff Bridges, "Il mattino dopo" è un giallo che non funziona come dovrebbe: difetti di scrittura a iosa, un ritmo che non trova mai un incalzare, una progressione, che nel thriller è una caratteristica imprescindibile. Però, se è vero che Lumet è stato un gran direttore d'attori ( seppure qui Bridges risulti un pò sottotono), è altrettanto consolidato che sia stato un regista più a suo agio con argomenti drammatici e di impegno, che con i gialli veri e propri, tipo questo, e "Un'estranea tra di noi": l'intrigo è abbastanza blando, ed è piuttosto facile intuire come stiano realmente le cose. E, tra l'altro, c'è un bizzarro utilizzo della colonna sonora, a volte troppo invadente, altre con un commento fin troppo leggero, per una storia che comunque ruota intorno ad un delitto e a persone con problemi di dipendenza dall'alcool. 

martedì 25 ottobre 2016

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NOVEMBER MAN ( The November Man, USA 2014)
DI ROGER DONALDSON
Con PIERCE BROSNAN, Luke Bracey, Olga Kurylenko, Eliza Taylor.
AZIONE
"November man" è una serie di romanzi thriller d'azione, usciti tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta, su un ex agente CIA che si ritrova in intrighi in cui è richiamato a concludere trame lasciate in sospeso. Il film che è stato tratto da uno dei libri, opera di Bill Granger, vede il protagonista Peter Devereaux muoversi in un complesso affaire tra Russia e Stati Uniti, che coinvolge ex colleghi della spia corrotti e rei di crimini gravi: per ordine delle alte sfere, a Devereaux dà la caccia l'ex-allievo David Mason, e pur giocando sul filo dell'ambiguità, "L'uomo di Novembre" ( il perchè del nomignolo viene spiegato in sottofinale dal nemico principale) agisce dalla parte dei più deboli, fino al confronto finale, ovviamente con qualche colpo di scena fino all'ultimo. Di per sè, è un thriller spionistico abbastanza convenzionale, con sparatorie, balzi ed esplosioni abilmente distribuiti, ma c'è da dire che Roger Donaldson, "professional" attivo fin da metà anni Ottanta, pur con qualche pecca in carriera, vedi il remake inguardabile di "Getaway", è un regista che sa imbastire un film d'azione efficace, e dirige gli attori con mestiere: Brosnan è comunque un interprete valido, e sebbene le stagioni comincino ad essere diverse, sul suo volto, figura bene nel ruolo del vecchio agente segreto in cerca di riscatto morale, e Olga Kurylenko è una bellissima sufficientemente espressiva. Intrattenimento puro, ma perlomeno ben confezionato: annunciato un sequel, anche se in Italia questa pellicola non ha conosciuto distribuzione nelle sale.

sabato 22 ottobre 2016

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BEN-HUR ( Ben-Hur, USA 2016)
DI TIMUR BEKMAMBETOV
Con JACK HUSTON, Toby Kebbell, Morgan Freeman, Nazanin Boniadi.
AVVENTURA/STORICO
Come si è detto, è una fase di dispendiosi remakes, ma i conti tornano? Se nel caso de "I magnifici 7", comunque il film diretto da Antoine Fuqua sta facendo discreti incassi, con il rifacimento della pellicola che, fino all'avvento di "Titanic" ha mantenuto il record di Oscar vinti (12) per trentotto anni, non si direbbe che il pubblico abbia corso a vedere questo kolossal. Girato in buona parte a Matera, affidato al regista kazako Timur Bekmambetov (che viene non esattamente da due capi d'opera, quali "Wanted" con Angelina Jolie, e "La leggenda del cacciatore di vampiri", con Abraham Lincoln in versione distruttore di non morti...), "Ben-Hur" versione 2016 ripercorre il racconto di Lew Wallace sulle vicissitudini di Giuda Ben-Hur, nobile ebreo  caduto in disgrazia e perseguitato dall'ex-amico fraterno Messala, divenuto una personalità autorevole tra i Romani di stanza a Gerusalemme. Considerato da molti un polpettone fin troppo fortunato, l'originale di William Wyler è un film titanico, ma di grande forza visiva (oltre alla famosissima corsa con le bighe, tutto il lungometraggio è sontuoso ed epico) e con una caratterizzazione dei personaggi molto elaborata, compreso il fatto del protagonista al centro delle non ammesse passioni sia del nemico Messala, che del comandante della galera interpretato da Jack Hawkins: questo è un riadattamento a cui difetta, soprattutto, e non è certo poco, il respiro magniloquente dell'altro filmone. Per cui, c'è, sì, attenzione al conflitto tra gli invasori di Roma e gli occupati ebrei, ma le scene di dialogo sono tirate per le lunghe, spesso più del necessario, e se le sequenze ambientate nella fatica e nel buio della nave-prigione sono asfittiche, anche la scena-clou della sfida sulle bighe, compreso il perdono finale tra i due acerrimi amici/nemici, non rende giustizia al film del '59. E se Bekmambetov non ha davvero la dimensione avventuroso-colossale di Wyler, Jack Huston difficilmente diventerà al pari di Charlton Heston. 

giovedì 20 ottobre 2016

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A FACCIA NUDA ( The naked face, USA 1984)
DI BRYAN FORBES
Con ROGER MOORE, Rod Steiger, Elliott Gould, Art Carney.
THRILLER
Lo psicologo Judd Stevens, a Chicago, presta un giubbotto impermeabile ad un suo paziente, che viene accoltellato poco dopo: potrebbe essere stato lui il bersaglio del killer, erroneamente sfuggitogli? E si nasconde tra i suoi pazienti, chi impugnava il coltello fatale? Naturalmente, ci scapperanno altri morti, prima della fine, e l'analista si ritroverà sotto pressione di uno sbirro che sembra accanirsi contro di lui, e la scia di delitti che continua. Tratto da un romanzo di Sidney Sheldon, che negli anni Settanta confezionò più di un best seller nei thriller, e che generò anche "Linea di sangue", "A faccia nuda" fu un film annunciato e distribuito poco e malamente: fu uno dei lungometraggi interpretati da Roger Moore negli anni di "pausa" tra un James Bond ed un altro, precisamente tra il penultimo e l'ultimo girato dall'attore londinese. L'intrigo è alla Sheldon, meno complicato di quanto voglia far sembrare, e Bryan Forbes è un regista non memorabile, che imposta come un film tv dell'epoca il ritmo del racconto. Nel cast, un Moore fuori posto, nei panni di uno spaesato psicologo, spesso inerte anche nelle situazioni di estremo pericolo, fa compagnia a un Rod Steiger che abbaia tutto il tempo, un Elliott Gould passivo e distratto, un Art Carney arruffato, alle prese con un personaggio sostanzialmente inutile. Giallo che si conclude in maniera, tra l'altro, prevedibile quanto poco chiara è la scena conclusiva, che nelle intenzioni, si suppone, doveva risultare inquietante. 
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FOCUS- Niente è come sembra ( Focus, USA 2015)
DI GLEN FICARRA e JOHN REQUA
Con WILL SMITH, MARGOT ROBBIE, Rodrigo Santoro, Gerald Mc Raney.
COMMEDIA/THRILLER
Il filone sulla truffa è un sottogenere dell' "Heist Movie", i film che si occupano delle rapine: qui un professionista del raggiro viene avvicinato da una bella bionda, di diversi anni più giovane, in un locale, che lo porta poi nella sua stanza d'hotel, ma poi arriva il marito che li sorprende mentre si scambiano effusioni. Ma il protagonista la sa lunga, e non ci casca: i due sono colleghi meno esperti. Però la ragazza ha stile, e diventa sua socia, cominciando a organizzare manfrine a fin di lucro sempre più complesse, e allo stesso tempo redditizie... Il duo Ficarra & Requa gira, già da diversi anni, commedie che hanno anche parti drammatiche, comunque ben scritte, e che mostrano buona mano dei due sia nello scegliere e dirigere gli attori, che nel narrare: come un appassionato di cinema sa, in questo tipo di film, mai niente è come sembra, e il congegno che ribalta di continuo il senso di quel cui si sta assistendo, se funziona, sorprende e diverte. Qui, in effetti, la spirale di inganno condotta da Smith e Robbie riesce a piazzare dei colpi non banali, e personaggi che rivelano di essere, a seconda, complici o traditori, sono ben definiti. Semmai, quel che difetta, a questi registi, è anche quello che li contraddistingue: i loro lavori non sono mai compiutamente brillanti, nè sono abbastanza di spessore drammatico, ma rimangono degli ibridi, come appunto si diceva, ben fatti, ma "imbastarditi" fin troppo. Quando troveranno una cifra più marcata, Glen Ficarra e John Requa diventeranno autori di cui tenere assolutamente conto. 

martedì 18 ottobre 2016

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ESCOBAR ( Escobar: Paradise lost, F/ES/ BE/PAN 2014)
DI ANDREA RENZI
Con JOSH HUTCHERSON, BENICIO DEL TORO, Claudia Traisac, Carlos Bardem.
DRAMMATICO
Attenzione ad innamorarsi della persona sbagliata, anche se può avere buone qualità, magari è imparentata male. Ad un giovane canadese che ha scelto di passare un periodo vivendo in Colombia con il fratello, in un caravan, insegnando ai giovani del posto ad andare in surf, capita di conoscere una bellezza locale, che però è nipote di Pablo Escobar, il famigerato re del narcotraffico. L'esordio alla regia di Andrea Di Stefano, già attore in carriera da un pezzo, è un'anomalia nel cinema italiano: girato in Sud America, non è un biopic, nonostante il titolo possa far crederlo, ma racconta, pur chiaramente romanzandola, una vicenda realmente accaduta. Come diversi boss di camorra e mafia, Escobar compare come un magnate generoso e benvoluto, attaccato ai valori di famiglia e Chiesa, ma al ragazzo non sfuggono sinistre ed impreviste cose, come gli uomini della hacienda che si lavano via accuratamente il sangue di qualcun altro: nonostante l'incredulità della fidanzata, sul protagonista cresce progressivamente un alone di crudeltà e la sensazione di essere in trappola, finchè Escobar stesso, che dice di averlo preso a cuore come un altro figlio, lo incarica di uccidere qualcuno. Il lavoro di Di Stefano parte con un ritmo lento, per acquistare velocità, via via che la tensione aumenta, diventando quasi un thriller nell'ultima parte del racconto: non mancano episodi violenti, dato l'argomento, ma l'efferatezza è tenuta fuori scena. Del Toro, acquistato volume per impersonare un malvagio dal senso pratico notevole, e di una ben celata follia ( notevole lo scambio di battute conclusivo con il prete) si conferma uno degli attori migliori sulla piazza, mentre Hutcherson, che non può contare su una grande espressività, si prende sulle spalle, coraggiosamente, il bandolo della storia. Esordio positivo, da valutare alla seconda prova la caratura di Di Stefano.

lunedì 17 ottobre 2016

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INFERNO ( Inferno, USA 2016)
DI RON HOWARD
Con TOM HANKS, Felicity Jones, Omar Sy, Irffan Khan.
THRILLER
Capitolo numero quattro delle investigazioni del professor Harry Langdon, "Inferno", nell'adattamento cinematografico della serie di romanzi firmati da Dan Brown, ormai una celebrità da dodici anni, è diventato invece l'episodio numero tre, perchè Ron Howard ha ritenuto che "Il simbolo perduto", che precede questa storia, non gli interessasse o presentasse maggiori problemi di realizzazione. Qui l'azione si svolge per metà film a Firenze, poi un passaggio a Venezia e si chiude a Istambul: Langdon si risveglia, ferito, in una camera di ospedale del capoluogo toscano, e, braccato da una killer vestita da carabiniere, ed aiutato da una dottoressa, cerca di venire a capo di come sia finito in tale luogo e perchè, e, in parallelo, cercare di scagionarsi dall'accusa di aver compiuto un furto importante, e cercare di fermare l'attacco biologico di terroristi che minacciano di eliminare buona parte della razza umana. Così come "Il codice Da Vinci" e "Angeli e demoni" ottennero grossi risultati commerciali, lecito pensare che anche questa nuova avventura del professor Langdon mieta successi ampi, ed infatti in tre giorni è già verso i cinque milioni di incasso in Italia (negli USA uscirà più avanti). Se i romanzi di Brown, tra suspence scarsa e dialoghi di una banalità urticante, sono tutto sommato opere mediocri, si può dire che a Howard riesca l'impresa, abbastanza rara, di fare film migliori del testo originale: tra l'altro, qui ci sono due cambiamenti notevoli, perlomeno, forse risolti meglio che nel libro. Tra corse a perdifiato, traduzioni e rischi ripetuti, il protagonista cerca di venire a capo dell'intricata faccenda in cui è coinvolto:però Hanks, che è un ottimo attore comunque, è meno a fuoco della partner Felicity Jones. Visione turistica di Firenze, compreso un Ponte Vecchio che misteriosamente è deserto del tutto, ad inizio film: a livello di giallo "Inferno", come tutti i plot desunti da Dan Brown, vale il giusto, ma tutto sommato lo spettacolo non annoia. Però, c'è da dire che lo sceneggiatore David Koepp fa un capitombolo ingiustificabile: in un thriller, interrompere il crescendo che porta al finale, per un lungo flashback tra personaggi, non inerente al nocciolo dell'indagine, è come spezzare un'armonia musicale mentre è in piena espansione, smorzando l'effetto tensione in maniera irrimediabile. 
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SQUADRA ANTIGANGSTERS ( I, 1979)
DI BRUNO CORBUCCI
Con TOMAS MILIAN, Enzo Cannavale, Asha Putli, Margherita Fumero.
COMMEDIA/AZIONE
Seconda trasferta negli Stati Uniti per Nico Giraldi, dopo "Squadra antimafia": per dare una mano all'amico napoletano Salvatore, indebitato con alcuni "cravattari", il maresciallo di Polizia ( qui però dice di essere sospeso dal servizio...) che parla sboccato e mena per quattro, si infiltra in un ambiente in cui i clan di malavitosi la fanno da padroni. Ma con furbizia e trucchi vari, pur giocando fuori casa, "Er Monnezza" si sa fare le proprie ragioni...Avventura numero 5 per il personaggio di Bruno Corbucci e Tomas Milian, che ingaggia nel cast la bella cantante indiana, allora in voga, Asha Putli, e diversi caratteristi italiani dalle facce arcinote, e dai nomi meno celebri. Lo schema è più o meno sempre il solito, con Milian che mastica gomme, usa modi spicci sia con i delinquenti che con le donne, senza troppi giri di parole, a meno che non siano colorite: Bruno Corbucci, come risaputo, dà il meglio nelle scene d'azione vera e propria, soprattutto negli inseguimenti in auto, a differenza del fratello Sergio, che sapeva imbastire meglio le proprie pellicole, anche da un punto di vista di dialoghi e  narrazione pura. Qui, la cosa migliore è l'apporto di Enzo Cannavale come spalla comica, che in più di una situazione, come la finta morte per sfuggire ai creditori, strappa qualche sorriso.

sabato 15 ottobre 2016

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TRUTH- Il prezzo della verità ( Truth, USA 2015)
DI JAMES VANDERBILT
Con CATE BLANCHETT, ROBERT REDFORD, Topher Grace, Bruce Robinson.
DRAMMATICO
Prima delle elezioni presidenziali del 2004, la CBS tirò fuori un'inchiesta su rivelazioni circa il passato militare del presidente che si presentò in uniforme da aviatore sulla portaerei per annunciare che la guerra contro l'Afghanistan era vinta, uno degli svarioni storici più sonori di ogni tempo: George W.Bush si era fatto raccomandare per saltare il servizio, che rischiava di portarlo in Vietnam, ed era entrato nell'aviazione della guardia nazionale, oltretutto risultando un assenteista incallito. Dan Rather, volto solido della tv americana, ci mise la faccia, e si giocò la carriera, per via di un'inesattezza e della ritrattazione dei fatti da parte di testimoni: "Truth" è il racconto di una lotta contro un Potere oscurantista, che, in pagine tra le più cupe della storia degli Stati Uniti che si ricordino, contando sulla paura isterica di una nazione colpita dall'attacco dell'11 Settembre, aveva instaurato un clima autoritario molto pericoloso. A differenza di "Tutti gli uomini del presidente", con cui condivide il coprotagonista Robert Redford, questo lungometraggio si conclude male per la Verità, e vede la malafede spuntarla: il paradosso è che, contando su cavilli e articoli di leggi, i poteri forti si sbarazzano dei legacci democratici e delle regole di una società moderna ed equa. Per diventare un classico del film di denuncia, a "Truth" manca forse una maggior passione civile, e ha di troppo qualche dialogo infarcito di dettagli tecnici ed espressioni non per tutti, ma ha il merito di riportare alla luce un fatto grave per la nazione che si è sempre definita la patria della democrazia e del pensiero libero. Cate Blanchett è, sia che ricopra ruoli sgradevoli, che da paladina della Giustizia, come in questo caso, sempre una garanzia, Robert Redford sta conoscendo, a differenza di molti della sua generazione, un autunno di buon livello: da sempre la star de "Il candidato" ha saputo alternare progetti commerciali e lavori di maggior impegno. Averne, di divi così. 
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SPAGHETTI A MEZZANOTTE ( I, 1981)
DI SERGIO MARTINO
Con LINO BANFI, Barbara Bouchet, Teo Teocoli, Alida Valli.
COMMEDIA
Un sottogenere della commedia all'italiana a cavallo tra gli anni Settanta e gli Ottanta fu l'imitazione della classica "pochade", con giro di equivoci e intrallazzi, scambio di persone e bugie da reggere, a sfondo perlopiù lubrico: il regista più bravo a gestire questo tipo di filone è stato Giorgio Capitani, e tra gli interpreti più abili a piroettare in situazioni come sopra, Johnny Dorelli e Enrico Montesano. Nella fase di "ripulita" di Lino Banfi, dalle commediole delle spiate sotto la doccia delle bellone a personaggio tv di successo più ampio, di cui l'esempio migliore rimane "Vieni avanti, cretino", ci fu posto anche per "Spaghetti a mezzanotte", in cui si vuole che il protagonista, avvocato con Barbara Bouchet per moglie e Alida Chelli per amante ( e dico poco...), si ritrova coinvolto in un regolamento di conti tra mafiosi, un morto in casa, e il giudice marito dell'amante che è sempre ad un passo dallo scoprirlo. Per di più, c'è Teo Teocoli architetto che gli insidia sposa e conto corrente, e un'ossessivo richiamo ad una dieta per perdere peso. Il filmetto è meno volgare di molti altri girati da Banfi, che, come rilevò Kezich, poteva contare comunque su una grinta che non era comune a molti comici dell'epoca: il fatto è che Martino risultava meglio come regista di B-movies d'azione che come autore di commedie, a cui non sapeva infondere molto spirito. Per cui, le due sventole in scena si ammirano in versione semicastigata, a parte un paio di strip fulminei della Bouchet, Teocoli, che sul grande schermo ha sempre funzionato meno che in tv e sul palcoscenico, risulta più petulante che divertente, e più di una volta si ha l'impressione che il tutto giri a vuoto. 

giovedì 13 ottobre 2016

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IL SUCCESSO ( I, 1963)
DI MAURO MORASSI
Con VITTORIO GASSMAN, Anouk Aimèe, Jean-Louis Trintignant, Riccardo Garrone.
COMMEDIA
Fu l'ultimo di una filmografia fatta solo di quattro lungometraggi, del regista trentino Mauro Morassi: pare che sia stato Dino Risi, in realtà, a terminare le riprese, e "Il successo" conta comunque su una sceneggiatura a firma Ettore Scola e Ruggero Maccari, cioè, due delle firme più solide e capaci di parte del più valido cinema italiano del dopoguerra. Qui Vittorio Gassman impersona un ambiziosissimo intellettuale e trafficone, che vorrebbe speculare su un terreno in Sardegna, passando il tempo a schiattare d'invidia per le persone che lo circondano, e soprattutto per quel che posseggono: ma la rincorsa al successo personale, spesso, ha controindicazioni amare, come il film suggerisce.... Pressochè dimenticato, nonostante all'epoca della sua uscita sia stato il ventesimo incasso stagionale del '63/64, il film risente forse del girare completamente attorno ad un personaggio fin troppo speculare al Bruno Cortona de "Il sorpasso", portato al successo proprio da Gassman, che qui ritrova, in chiave più malinconica e defilata, il compagno di ventura di quel film, Jean-Louis Trintignant. Però il quadro dipinto è efficace, rammenta quello, similare de "Il boom" con Alberto Sordi disposto a vendere un occhio per farsi una posizione, e diverse battute vanno a segno. Non ha lo spessore per diventare un classico da riscoprire, ma è una commedia al sapor di sale che si fa seguire con divertimento e interesse.
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BRIDGET JONES'S BABY ( Bridget Jones's baby, GB 2016)
DI SHARON MAGUIRE
Con RENEE ZELLWEGER, COLIN FIRTH, PATRICK DEMPSEY, Emma Thompson.
COMMEDIA/SENTIMENTALE
Il libro era già uscito tempo fa, e dopo alcuni tentennamenti e rinvii, giunge anche sugli schermi l'atto terzo delle vicende di Bridget Jones, ex-raqazza con la fobia della condizione di single, che però pareva aver scacciato, dopo un tira e molla durato due capitoli, tra il seduttore inaffidabile Hugh Grant e il più serio e impacciato Colin Firth: il numero 3 della "BJ story" si apre, appunto, con il funerale del primo dei due contendenti, presenti diverse ex-fiamme, e pure Bridget, tornata sola, e Mark, che si è sposato con una donna molto diversa da lei. Al lavoro in una regia televisiva, la protagonista va con l'amica e conduttrice di un talk-show, Miranda, ad un festival di musica, in cui si infila per sbaglio nella tenda di quello che diventerà il suo nuovo tormentone sentimentale, e dopo una notte piuttosto intensa, ad un battesimo ritrova l'antico partner Mark, il quale si sta divorziando, e ricapita un "fattaccio". Segue la scoperta della gravidanza, e parte la querelle responsabil-passionale: chi è il padre? E qual'è dei due l'uomo su cui contare? Dodici anni pesano, tra un episodio e l'altro, e se Renee Zellweger, fin dall'inizio, fa presente che si è riapprocciata al ruolo della vita con ironia, ballando e cantando buffamente nel suo appartamento da single, si assiste ad una prima parte in cui pare di non essere distanti dai più beceri esempi di umorismo dei film di De Sica, Boldi & c. ( faccio un esempio? La sorella che fa all'eroina "Ma ti ha messo il burattino in bocca?", in macchina, davanti ai figlioletti...), ed una seconda in cui la pellicola recupera un pò, viaggiando sul consueto, spalmato al miele, ma strappando perlomeno qualche centellinato sorriso. Le stilettate alle nuove generazioni con barbe stilizzate, alla gente di parrocchia ottusa, scompaiono in un racconto che pare più  premiare la ricerca di una pacifica sponda, in campo sentimentale, che inoltrarsi nella rischiosa ma appagante dimensione dell'amare qualcuno.

martedì 11 ottobre 2016


PSYCO (Psycho, USA 1960)
DI ALFRED HITCHCOCK
Con ANTHONY PERKINS, JANET LEIGH , Vera Miles, John Gavin.
THRILLER
Da un romanzo di Robert Bloch,ispirato alla vera vicenda di un assassino seriale attivo negli stati Uniti negli anni 50, Hitchcock trasse il suo film forse più audace, scabroso e "oltre"(consideriamo che è uscito nel 1960). Norman Bates, che nel libro è ben meno prestante del giovane Anthony Perkins , è un assassino dominato da un istinto sessuale represso, e dalla personalità dominante di sua madre, ormai ospitata dalla sua mente, dato che è stata avvelenata da egli stesso. Inscenando un istinto edipico spinto alla follia pura, Hithcock creò un thriller dalle pulsioni erotiche sostenute, in cui voyeurismo,necrofilia, schizofrenia e istinto omicida imperversano. Acuta, sinuosa, geometrica, la regia dell'autore de"La finestra sul cortile" è di quelle che portano l'impronta del genio,e fa sì che "Psyco" contenga sequenze indimenticabili, e faccia da manuale, riferimento e fonte di cinema da riproporre e scomporre per molti film a venire. Anthony Perkins è qui nel suo capolavoro d'attore, tanto credibile da rimanere invischiato nei panni del disturbato mentale per tutto il resto della sua vita,John Gavin e Sarah Miles due piacenti "buoni", Janet Leigh una bellezza corrotta dalla carica erotica palpabile : la sequenza finale, quello sguardo e quel sorriso verso la macchina da presa a rivelare una perfidia luciferina, finalmente, sul volto di Norman Bates, è un'icona dell'inquietudine e della paura sul grande schermo .




AMICI MIEI( I 1975 )
DI MARIO MONICELLI
Con UGO TOGNAZZI, Philippe Noiret, Gastone Moschin, Adolfo Celi, Duilio Del Prete.
COMMEDIA
"Scaricala." dice il professor Sassaroli (Adolfo Celi) all'architetto Melandri ( Gastone Moschin) che gli ha portato via la bella moglie nevrastenica."Ma io l'amo!!" esclama il disperato ex-rivale in amore."Queste sono cose secondarie, senza importanza..." enuncia, con pazienza e comprensione, lo spiantato conte Mascetti... Forse è vero che bisogna essere toscani, anzi fiorentini per capire davvero fino in fondo l'umorismo acido e salace di "Amici miei" . Una risata che ti muore nella gola, ma non può fare altrimenti di salire in superficie, a dispetto delle situazioni, anche delle peggiori. Il gusto della burla fine a se stessa, il prendersi gioco di vita e morte con l'unico obbligo di non prendersi sul serio mai. L' amicizia che rende possibile il capirsi al volo e improvvisarsi di punto in bianco compagni di scena nel recitare una parte per reggere il gioco ; la malinconia amara che induce a far ammettere che "la zingarata è come l'amore, che quando non c'è più, è inutile insistere, non c'è più" . Magnifici commedianti, diretti da un grande del nostro cinema come Mario Monicelli, Tognazzi, Moschin, Noiret, Celi e Del Prete si spartiscono risate e sottili crudeltà, deridendo ciò che li circonda : è il modo di evadere una realtà dai colori foschi per i loro personaggi di uomini in fondo pessimisti inconsapevoli e svagati.

domenica 9 ottobre 2016

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MIAMI BEACH ( I, 2016)
DI CARLO VANZINA
Con RICKY MEMPHIS, MAX TORTORA, PAOLA MINACCIONI, Neva Leoni.
COMMEDIA
Dal venditore di scarpe di via del Corso a Roma che accompagna il figlio ad un campus a Miami, alla sciura lombarda che altrettanto fa con la propria erede, dal trio di ragazze che si imbarcano per la località statunitense per partecipare ad un festival di musica techno, al padre di una di loro che si getta all'inseguimento, aiutato da un giovane italiano nullafacente che ciondola per la spiaggia, i fratelli Vanzina ripartono per l'estero: naturalmente, negli USA tutti parlano italiano, certo, e tra "burinate" e ammiccamenti a vuoto al mondo giovanile, la pretesa è di far ridere, ma anche di raccontare uno spaccato della società, come tuttavia qualche recensore attribuisce loro. Vedendo "Miami Beach", sorgono, nella noia perpetua del solito soggetto fatto di sbandate sentimentali e figuracce da cafoni rileccati, alcune domande: come fanno tre diciassettenni a scapparsene in America, e restarci per almeno una settimana, con quali soldi si pagano viaggio, vitto ed alloggio? Come mai una bella cameriera cubana sui pattini, in tutta Miami, va addosso tre volte a Ricky Memphis e la cosa viene gestita senza senso fino alla fine, dato che poi è un altro a goderne le grazie? Qual'è la ragione per cui nei film dei Vanzina, in trentacinque anni e passa, nonostante la crisi economica che ha colpito un pò tutto il pianeta, ogni personaggio fa una vita da spendaccione, non lavora e ha sempre un sacco di tempo a disposizione? E, per finire, ha ancora senso fare commediole che non strappano una risata neanche sotto sforzo, con una sceneggiatura scritta su un foglio A4, davanti e dietro magari, ma non di più, e che incassano, come nel caso, 700 mila euro? Non pare sia il caso, no. Sul cast, che semplicemente figura nelle inquadrature, non c'è da infierire, le ambientazioni, benchè esotiche, paiono sempre asfittiche, e se l'obiettivo era acchiappare anche le nuove generazioni, non sembra andato a buon fine. 
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BRACCATO ( Le battant, F 1983)
DI ALAIN DELON
Con ALAIN DELON, Anne Parillaud, Francois Perier, Andrèa Ferreol.
NOIR
Uscito dal carcere dopo un colpo ai danni di una gioielleria, Jacques Dernay è tampinato dagli sgherri di un mandante misterioso, che uccidono via via le persone a lui vicine, per avere informazioni su dove possa essere nascosto il bottino della rapina, consistente in diamanti: ma Dernay è un duro, e passa al contrattacco. La terza ed ultima regia cinematografica della star Alain Delon è un pòlar in cui il protagonista è un uomo della malavita, con un proprio codice, che non dovrebbe fidarsi quasi di nessuno, dato che in molti lo vogliono morto: chiaramente, la polizia, benchè presenzi nelle sembianze del commissario che lo arrestò, non sembra fare granchè per impedire i regolamenti di conti e la progressione di delitti anche in mezzo alla strada che vengono commessi. Il film non ha il dono della scorrevolezza, Delon, oltre a portarsi a letto, in pratica, tutti i personaggi femminili ( va da sè....), fa ruotare tutto attorno a sè, e se da interprete è comunque valido, da regista pare appunto farsi fin troppi favori, oltretutto autografando il fermo immagine finale. C'è una giovane Anne Parillaud che diventa il secondo personaggio del racconto, ma come "giallo" se è anche troppo prevedibile chi sia il mandante della persecuzione di Dernay, c'è da domandarsi come mai tutti quelli che commettono azioni criminose come sparare a qualcuno, non si peritino minimamente di non lasciare, per esempio, impronte digitali...

giovedì 6 ottobre 2016

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I MAGNIFICI 7 ( The magnificent seven, USA 2016)
DI ANTOINE FUQUA
Con DENZEL WASHINGTON, Chris Pratt, Ethan Hawke, Vincent D'Onofrio.
WESTERN
La strana (e un pò preoccupante.... scarsità di idee?) tendenza a rifare filmoni hollywoodiani del periodo tra i Cinquanta ed i Sessanta sta prendendo campo, anche se gli incassi, per ora, non danno ragione ai produttori di remakes: abbiamo rivisto "I dieci comandamenti" divenuto "Exodus" di Ridley Scott, sono attualmente in programmazione "Ben-Hur" del russo Timur Bekmamentov e "I magnifici sette" diretto da Antoine Fuqua, e in fase di preproduzione "20.000 leghe sotto i mari" che verrà realizzato da Bryan Synger. Come è risaputo, già il western con Yul Brinner e Steve McQueen era un rifacimento de "I sette samurai" di Kurosawa, e cinquantasei anni dopo, il canovaccio è il medesimo: una comunità di contadini, tiranneggiata da un uomo potente e violento, chiede aiuto a sette pistoleros che sembrano male assortiti, ma insegneranno ai sobillati come rivoltarsi, e prenderanno parte alla resa dei conti, presi da un sentimento di riscatto. Rispetto al film del '60 ci sono dei cambiamenti, come la multietnicità della posse di giustizieri, capeggiata da un afroamericano, e composta anche da un asiatico, un pellerossa ed un messicano, e una vendetta segreta che verrà rivelata solo nell'ultimissimo duello: a dirlo chiaro e tondo, Antoine Fuqua non è John Sturges, regista considerato un buon artigiano, ma in realtà autore di alcuni dei più bei film d'azione dell'epoca ( suoi anche, tanto per dire, "Giorno maledetto" con Spencer Tracy uomo con un braccio solo a vendicare l'onore di un giapponese ucciso a tradimento dai suoi compaesani, e "La grande fuga"). Fuqua è un regista abile nelle scene action, ma con diversi alti e bassi nella narrazione: probabilmente non diventerà un altro classico, ma va ammesso che la sua versione de "I magnifici 7" ha difetti, come qua e là un sentore di preconfezionato, soprattutto nelle scene ambientate nel paese, e che dallo sceneggiatore di "True detective", Nic Pizzolatto, ci si aspettava forse qualcosa di più nei dialoghi, ma siamo alle prese con un film che, quando serve, carica l'atmosfera western a dovere. E gli scontri, in  una chiave molto spettacolare, sono tirati e graficamente impeccabili, mentre, per quel che riguarda gli interpreti, spiccano il carisma di Washington, la baldanza di Pratt, e la nevrosi di Hawke.

mercoledì 5 ottobre 2016

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TOTO', PEPPINO E...LA DOLCE VITA ( I, 1961)
DI SERGIO CORBUCCI
Con TOTO', PEPPINO DE FILIPPO, Mara Berni, Francesco Mulè.
COMMEDIA
Buttarla in parodia, facendo il verso al successo recente di film già divenuti classici, era una cosa assai in voga tra gli anni Sessanta, e gli anni Ottanta: Totò e il duo Franchi & Ingrassia erano i più assidui nell'interpretare queste parodie che costavano poco, e tanto facevano affidamento sui beniamini del pubblico.  In questa logica, naturale che poco dopo l'affermazione de "La dolce vita", fossero prese di mira le follie notturne che ruotavano intorno a via Veneto, ed al "bel mondo" viziato e sempre in cerca di brividi nuovi, per sgominare la noia dell'agio. Si riforma l'accoppiata Totò/Peppino De Filippo, nel caso due cugini, di cui il primo millanta di essere inserito tra la "gente che conta" ed invece fa il posteggiatore abusivo, e l'altro è bacchettone e inguaiato con i soldi, e si reca a Roma dal parente, sperando di trovare il verso di farsi prestare del denaro. Va da sè che i due si infileranno in diverse situazioni strampalate. Corbucci riutilizzò buona parte delle scenografie usate da Fellini, colloca il duo al centro di vari episodi, e c'è da dire che, specialmente quando sono in scena insieme, tipo la scena del night, Totò e Peppino De Filippo riscuotono spesso il riso con consolidato mestiere e qualche punta d'estro, soprattutto da parte del primo: meno bene funzionano gags come quella della coppia Francesco Mulè/ Rosalba Neri, e tutto sommato, la pellicola, come spesso capitò a titoli interpretati da Totò, dà più di una volta l'impressione di procedere a tastoni, in cerca della situazione giusta per lasciare campo al comico. 
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TUTTE LO VOGLIONO ( I, 2015)
DI  ALESSIO MARIA FEDERICI
Con ENRICO BRIGNANO, VANESSA INCONTRADA, Giulio Berruti, Gianna Paola Scaffidi.
COMMEDIA
Bella e di buona famiglia, Chiara ha grossi problemi con il sesso, dato che non riesce a raggiungere la piena soddisfazione, avendo un problema vero e proprio, e così, ad una terapia di gruppo, una conoscente le consiglia un GPS, che qui significa "Generoso Partner Sessuale": ma per una serie di equivoci, la giovane donna incontra Orazio, che lavora in una toilette per cani, e lo scambia per colui che dovrebbe farle vivere una nuova dimensione di piacere... Giocato soprattutto nella prima parte sui fraintendimenti tra la donna che parla e pensa al sesso, e l'uomo che invece intende gli animali, "Tutte lo vogliono" poteva essere molto peggio, ben più sguaiato e sboccato: però, nella sostanza, è una sorta di favoletta di poco intenso sapore, in cui Enrico Brignano, che ancora non ha trovato una propria dimensione al cinema, e Vanessa Incontrada, che avrebbe i numeri per essere un'attrice brillante valida, interpretano due persone diversissime, e danno vita ad un rapporto accidentato e poco probabile. Sceneggiato da sei persone, si perde a più riprese in prefinali insistiti, per giungere alla conclusione più edificante e meno verosimile. Qualche sorriso raro, ma c'è anche un regista che non sa dare per niente scioltezza, che in una commedia è fondamentale quanto il sale nell'acqua per la pasta...