venerdì 20 maggio 2022


 
MORTO STALIN SE NE FA UN ALTRO ( The death of Stalin, GB/F/B 2017)

DI ARMANDO IANNUCCI
 Con TIM ROTH, Jeffrey Tambor, Simon Russell Beale, Andrea Riseborough.
SATIRICO/ STORICO/ GROTTESCO 
Nel 1953 la Guerra Fredda è iniziata relativamente da poco, Stalin tiene in pugno l'Unione Sovietica vincitrice della "Grande Guerra Patriottica", come i russi e gli ex sovietici in generale, tutt'ora chiamano la II Guerra mondiale, e intorno ha una corte di potentissimi , che sono comunque vincolati alle sue scelte, stretti nel timore di fare il passo sbagliato, come è norma in ogni forma dittatoriale. Finché accade che Stalin muore, e, come appunto in ogni regime, parte una acuminata lotta tra figure del Potere per scavalcare gli altri e raccogliere il comando: tratto da una graphic novel, "Morto Stalin, se ne fa un altro" ( in originale, più seccamente, "The death of Stalin") sarebbe una satira velenosa sulla fine dell'era staliniana, e sulla presa del Potere da parte di Kruscev. E fin qui, tutto bene: la regia di Armando Iannucci, che guida una coproduzione tra Inghilterra, Francia e Belgio di livello alto, visti i nomi nel cast ( da Tim Roth che impersona Kruscev, a Michael Palin che dà volto a Molotov, fino al duro maresciallo Zukov, interpretato da Jason Isaacs), dipinge i fatti accaduti all'indomani del trapasso del dittatore venuto dalla Georgia, romanzandoli, certo, ma rimanendo, a quanto è dato sapere, molto vicino al realmente successo. Quel che manca, per essere una satira riuscita, è l'umorismo. E il sarcasmo a profusione di cui è cosparso il lungometraggio, non basta a fargli assumere lo status di black comedy: fosse uscito quarant'anni fa, sarebbe stato tacciato di propaganda anticomunista, ma visto che nelle alte sfere del socialismo reale siamo venuti a sapere di quali faccende si siano lordati, il problema non è, appunto, la componente ideologica ( che comunque c'è). È la sensazione di un'opera realizzata senza che ci sia il registro giusto per condurla, ed è un peccato, perché gli interpreti sarebbero in palla, l'ambientazione ben realizzata, ma è proprio un difetto di regia quell'abbozzare senza smaltare di ironia concreta il film finito. E tutti i sorrisi, amari o no che fossero, che potevano scaturirne, rimangono aspri ghigni.

giovedì 19 maggio 2022


 
DOCTOR STRANGE NEL MULTIVERSO DELLA FOLLIA (Doctor Strange in the Multiverse of madness, USA 2022)

DI SAM RAIMI 

Con DOMINIC CUMBERBATCH, Xochitl Gomez, Elizabeth Olsen, Rachel McAdams.

FANTASTICO/AZIONE

Neanche il tempo di fare finire l'oramai noto jingle di introduzione Marvel, e siamo già catapultati in piena azione: un dottor Strange con codino aiuta una giovane di etnia sudamericana a fuggire, in una dimensione altra, da un demone orripilante, per poi scoprire che si tratta di un sogno. Ovviamente premonitore, perché l'eroe dai poteri mistici, presente con amarezza al matrimonio della storica sua ed, deve intervenire a salvare proprio la ragazza del sogno da una piovra  monocolo: si scopre che dietro a questo, c'è la furia distruttrice di Wanda Maximoff, divenuta ormai Scarlett Witch, la quale, come sanno bene gli abbonati di Disney+, è impazzita al punto di credersi in una realtà alternativa, per il furore provato dopo la morte del compagno Visione. Sam Raimi torna ad occuparsi del mondo marvelliano dopo aver realizzato la trilogia su Spider-Man, con una maggior libertà d'azione, subentrando a Scott Derrickson, rimasto come produttore, e il cambio è evidente: il côte horror, infatti, risalta, addirittura lasciando a un morto vivente ( vedrete!) il compito di gestire lo scontro finale. Se da un punto di vista grafico il film è di alto livello ( il conflitto a suon di note è una scena memorabile davvero), la tesi cui il film approda, il credere in sé stessi che libera dalle paure e fa assumere maggiori responsabilità, è un po' risaputa. Rispetto ai primi titoli, gli ultimi lungometraggi della versione cinematografica della Casa delle Idee solitamente sono più complessi narrativamente, qui, forse si pecca in eccesso di minutaggio, ma questo ramo del dottor Stephen Strange, chirurgo di chiara fama divenuto Stregone supremo, è l'espressione più onirica e palesemente anarchica del "casato". L'avventura si conclude con l'apertura di un nuovo scenario di pericoli e peripezie, come è ovvio che sia. Il divertimento c'è, lo stupore permane, sempre che ci sia una firma di spicco come in questo caso.


venerdì 13 maggio 2022



 MI PERMETTE, BABBO! ( I, 1956)

DI MARIO BONNARD
Con ALDO FABRIZI, Alberto Sordi, Marisa De Leza, Turi Pandolfini.
COMMEDIA
Il macellaio Alessandro Biagi( Aldo Fabrizi) è un bottegaio la cui famiglia gestisce a Roma diversi negozi che smerciano carni, dando da vivere a figli e altri parenti: l'uomo vorrebbe stare tranquillo e godersi un po' di pace, ma il genero Rodolfo ( Alberto Sordi) ha la convinzione di diventare un grande tenore, e giustifica così la propria natura di sfaccendato, mandando in agitazione il Biagi. Scaramucce e battute si intrecciano in un quadro familiare piccolo borghese, ritratto con simpatia da Mario Bonnard: non una delle commedie più memorabili del periodo, ma il gioco degli attori è riuscito ( in evidenza il caratterista siculo Turi Pandolfini, solitamente nel ruolo del vecchio polemico, "piccolo ma tutto muscolo"), l'atmosfera gradevole, e la storia si risolve in un crescendo ben gestito. Sordi, già nome di spicco del cinema brillante, compie un ritratto di parassita meno negativo di altri suoi personaggi ( tra i momenti più riusciti, i duetti con il maestro di canto in apparenza di gran nome ma in condizioni miserande), mentre Fabrizi mette molta misura in un ruolo da incassatore. E tuttavia, questo genere di commedia, imparentata con il neorealismo, da poterne essere un controcanto leggero, risulta ancora più piacevole rivista a distanza di decenni. 


 
MARIA, REGINA DI SCOZIA ( Mary, Queen of Scots, GB/USA 2018)

DI JOSIE ROURKE 

Con SAOIRSE RONAN, Margot Robbie, Jack Lowden, Guy Pearce.

DRAMMATICO/ STORICO 

Maria Stuarda ebbe, come risaputo, un destino particolarmente tragico: regina di Scozia per venticinque anni, e di Francia dopo Caterina de'Medici, finí male, a quarantacinque anni, la propria esistenza, condannata dalla ragion di Stato e dalla situazione tra i regni di Inghilterra e di Spagna, venendo sacrificata dalla cugina Elisabetta I, e diventando la prima regnante ad essere giustiziata. Dal ritratto che emerge da questo lavoro firmato dalla regista Josie Rourke, viene fuori una visione cupa, di un periodo oscurantista della Storia, palesemente dalla parte delle donne ( ma questo non significa che sia un'opera faziosa), mostrando un mondo in cui non ci sia una figura maschile positiva, tra vili, sfruttatori, stupratori, manipolatori e falsi, che cercano di forzare le sovrane per imporre una spinta nel migliore dei casi ultraconservatrice. La sceneggiatura imposta un confronto a distanza, ma aspro, nonostante vi siano punti di contatto, tra le due donne a capo di Scozia e Inghilterra, che arriva a porre le due faccia a faccia in un unico incontro, nel quale l ufficialmente più potente svela tutti i propri punti di fragilità alla "rivale": le due attrici Saoirse Ronan, qui in una prova che evidenzia una raggiunta maturità di un talento di interprete  chiaro ormai da qualche anno, e Margot Robbie, che il trucco maschera assai bene, nascondendone la bellezza proverbiale, sono impegnate in un duello intenso, che si conclude in pratica alla pari . Le didascalie finali rammentano che la Storia sa essere crudele, ma anche dotata di una affilata ironia, sottolineando che chi regna oggi in UK è erede di chi venne mandato a morte: tempo al tempo, si dice, no?




 
IL BANDITO E LA MADAMA  ( Smokey and the Bandit, USA 1977) 
DI HAL NEEDHAM
Con BURT REYNOLDS, SALLY FIELD, Jackie Gleason, Jerry Reed.
COMMEDIA/AZIONE
Il contrabbandiere Bill, detto "Il Bandito", accetta un ingaggio che è anche una scommessa con sé stesso e la propria abilità: portare un grosso carico di birra in un altro Stato entro 48 ore, in barba alle forze di polizia. Ma si mette sulle sue tracce un pingue sceriffo che si rivela un vero e proprio mastino, nonostante si porti dietro il figlio, anch'esso ufficiale delle forze dell'ordine, che è un vero e proprio impiastro. Corse a rotta di collo, incidenti spettacolari, ovviamente senza morti, e la contrapposizione a distanza tra due maschi Alfa come Burt Reynolds e Jackie Gleason, che si incontrano a tu per tu solo due volte in tutta la storia, seppure questa fuori tutt'intorno alla loro sfida. C'è posto anche per la visita ragazza Sally Field, chiaramente pronta a cadere tra le braccia del fustacchione Reynolds, il quale "si toglie il cappello solo per due cose, e una è fare la doccia..."; da noi ebbe un discreto successo, ma niente di paragonabile a quel che realizzò in America, dove solo il primo "Guerre stellari" ne ebbe ragione al box-office, ed ebbe due seguiti. Reynolds ce la mette tutta per esibire la sua celebre carica testosteronica, Sally Field in questa occasione si limita a fare da spalla al protagonista, il migliore risulta Jackie Gleason, che immette un bel po' di umorismo in un personaggio altrimenti becero. Il film premia ogni rifiuto di comportarsi secondo le regole, all'epoca poteva apparire come una sorta di bandiera anarcoide, ma, tanti anni dopo, e dopo aver visto l'assalto dei sostenitori di Donald Trump al Campidoglio, gente sicuramente su questa linea di pensiero, ci sia lecito provare qualche non piacevole brivido.

mercoledì 11 maggio 2022


 
FINALE A SORPRESA- Official competition ( Competencia official, ES 2021)
Di GASTON DUPRAT e MARIANO COHN

Con PENELOPE CRUZ, ANTONIO BANDERAS, OSCAR MARTINEZ, José Luis Gomez.
COMMEDIA/DRAMMATICO
La premiata regista Lola Cuevas, una star della macchina da presa, recluta due attori di peso per un nuovo film, completamente diversi per metodo recitativo, personalità, atteggiamento e modo di pensare: se per  quello impersonato da Antonio Banderas  la vitalità e la fama non nascondono abbastanza bene il suo cinismo e la sua superficialità di fondo, per l'altro, venuto dall'Argentina come il vero interprete, Oscar Martinez, è un purista ufficialmente, che rifugge dai premi e dalla ribalta, ma in realtà non è poi nemmeno lui uno stinco di santo. Sottoposti a prove che ne scandagliano il carattere e ne scardinano i nervi, i due attori alternano momenti in cui stringono quasi un'alleanza contro la regista che li tratta non senza crudeltà, ad altri in cui la competizione si tramuta anche in astio. Fino, appunto, ad un finale che dà modo al pubblico di trovarsi non del tutto preparato. Diretto a quattro mani, "Competencia official" ha buon gioco con attori che si trovano ad occhi chiusi, senza timori di mostrare le ruvidità dei propri personaggi o le meschinerie che mettono in atto pur di primeggiare; certo, lo humour non è sempre di grana fine, il finale ultra ambiguo se da un lato è coerente con l'assunto fin lì sostenuto, inclina fin troppo al dramma, in maniera netta e non reversibile. Sì ha un po' la sensazione di un tipo di cinema che vorrebbe fare il verso a certe commedie almodovariane, senza però possederne il controcanto asciuttamente amaro. Tra i due "competitori" si direbbe che ai punti la palma del più in palla spetti a Oscar Martinez, ma la sfrontata, snob e insensibile Lola è resa al meglio da una Penelope Cruz sempre più intensa, che si cali in un ruolo drammatico o brillante.