mercoledì 29 novembre 2017

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PETS- Vita da animali ( Pets, USA 2016)
DI CHRIS RENAUD e YARROW CHENEY
ANIMAZIONE
COMMEDIA/AZIONE/FANTASTICO
Chissà che combinano cani, gatti, pappagallini, criceti e gli altri animali che scegliamo per farci compagnia, quando rimangono soli in casa. Alla Illumination hanno pensato bene di farci su un film d'animazione, con protagonista il cagnolino Max, che a New York, quando la padrona esce dall'abitazione, fa il giro degli altri appartamenti, con le altre bestioline del grande palazzo in cui abita: le cose cambiano quando arriva Duke, cagnone più anziano che viene dal canile, e Max prende molto male la cosa, arrivando ben presto a scontrarsi con il più grosso "collega". Ma gli imprevisti, nella fattispecie una gita al parco con un dog-sitter distratto, mettono i due cani in condizione di dover formare una forzata alleanza... Grandi incassi per "Pets", che in pratica non fa altro che adattare al mondo degli animali domestici la trovata che alla Pixar ebbero per realizzare "Toy Story". E con il film di John Lasseter questo ha in comune anche la fuga da casa e la pericolosità del mondo esterno, l'unione per forza dei due protagonisti, molto diversi tra loro e in attrito, ma obbligati ad associarsi per tornare alla base. Certo, qua ci sono altri personaggi, vedi il coniglio che ha piani terroristici radunando gli animali di casa abbandonati contro i traditori umani, reclutando perfino i famigerati coccodrilli delle fogne newyorkesi. Ovviamente si profila un sequel, o più d'uno, visti i risultati al box-office: un tratto non splendido e una derivazione molto accentuata, però smussano le aspettative circa il film, che regala qualche momento di divertimento, ma dà spesso la sensazione che gli ottantadue minuti di durata arrivino in fondo a corto di fiato. 
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L'ALBA DEI MORTI DEMENTI ( Shaun of the dead, GB 2004)
DI EDGAR WRIGHT
Con SIMON PEGG, Kate Hahfield, Ed Frost, Lucy Davis.
COMMEDIA/HORROR
Primo segmento della poi cosidetta "Trilogia del Cornetto", "L'alba dei morti dementi" è un'esplicita parodia del mondo romeriano della Terra invasa senza spiegazione alcuna da morti che camminano e agguantano i vivi per cibarsene. Cresciuto negli anni fino a diventare un titolo di culto per molti appassionati di cinema, vede Simon Pegg impegnato nel doppio ruolo di co-sceneggiatore e protagonista, e Edgar Wright (giunto successivamente alla corte della Marvel per "Ant-Man" e venutone espulso per forti contrasti con la produzione) ha visto, da questo film in poi, salire le proprie quotazioni. Non mancano i momenti divertenti, anche se il connubio tra truculenza e umorismo è sempre rischioso, e ci sono intuizioni azzeccate, come l'amico tocco che non realizza realmente quel che sta succedendo, e continua le sue sciocchezze da tardivo adolescente mai cresciuto, o l'incontro con il gruppetto parallelo di sopravvissuti in fuga che, in pratica, è simile in tutto e per tutto al drappello del protagonista Shaun. Però Wright gira bene, ma dà l'impressione di lasciare molto in canna, senza espletare del tutto ciò che ha immaginato, non è ben chiaro perchè; e quanto a humour, si sorride qua e là, ma se parodia deve essere, bisogna spingere il pedale dell'acceleratore a tavoletta, o non ha moltissimo senso. Forse un pò sopravvalutato, è comunque simpatico.

martedì 28 novembre 2017

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THE FORGER- Il falsario ( The forger, USA 2014)
DI PHILIP MARTIN
Con JOHN TRAVOLTA, Tye Sheridan, Christopher Plummer, Jennifer Ehle.
DRAMMATICO/THRILLER
Quando i film di una star che portava la gente al cinema al solo comparire del proprio nome sui manifesti escono alla chetichella, o, al giorno d'oggi, "straight to video", quindi direttamente su DVD o in tv nei canali a pagamento, si può chiaramente parlare di declino. Certo, John Travolta è uno che ha conosciuto picchi spettacolari di fama e tonfi improvvisi, rinascite e cali, ma a sessantatré anni si può parlare di prepensionamento per il divo de "La febbre del sabato sera", visti i titoli interpretati ultimamente. Non fa eccezione questo "The forger", thriller a tinte drammatiche anche più decoroso di tanti altri, con il nostro nei panni di uno specialista del falso su tela, che dopo essersi fatto cinque anni in galera, torna fuori, e scopre che l'unico figlio, con cui ha naturalmente un rapporto contrastatissimo ( i clichés sono materia densa, spesso) è gravemente ammalato, e cede al ricatto di una banda di criminali, affinché falsifichi un quadro di Monet in breve tempo. Come si diceva, il film è vedibile, pur con qualche licenza poetica, tipo poliziotti un pò troppo permissivi con il protagonista, e approda ad un finale nè stucchevole, nè banale: però è un lungometraggio in sostanza già visto, che perlomeno scorre, e però i dialoghi discretamente scialbi non gli fanno buon servizio.

lunedì 27 novembre 2017

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BORG MCENROE ( Borg McEnroe, SW/DK/FIN 2017)
DI JANUS METZ
Con SVERRIR GUDNASSON, SHIA LABEOUF, Stellan Skarsgard, Tuva Notovny.
DRAMMATICO/BIOGRAFICO
Rivalità anche pompata dai mass media, come siamo ormai soliti conoscere, tra campionissimi, la sfida tra i tennisti Bjorn Borg e John McEnroe, per gli appassionati dello sport con racchetta e palla pneumatica, è stata uno dei momenti più intensi della storia del gioco. Confrontatisi ben quattordici volte in soli quattro anni, in realtà sono finiti sette a sette, con nessun vincitore a titolo definitivo, quindi: il film si concentra sull'incontro a Wimbledon 1980, definito come uno dei più belli di sempre dagli esperti. Come nel primo "Rocky", però, il tennis vero e proprio si vede per accenni, fino al match finale, che si prende un quarto d'ora tirato al diapason dell'emozione sportiva: al regista Janus Metz , comunque molto abile nel riprendere uno sport, a detta di molti, quasi "infilmabile", interessa molto di più narrare la tensione dei due fuoriclasse, che vivono conflitti interiori, cercano di arrivare al giorno della partita superando incertezze, timori e rabbie, con stile e approccio diverso, come è noto che avessero. Pur battendo bandiera svedese (oltre che danese e finlandese, in sostanza nordica), il film non si concede manicheismi, mettendo sotto la stessa luce sia Borg che McEnroe, sottolineandone, in fondo, l'umanità di due ragazzi sotto forte pressione, guidati dalla comune passione per il proprio gioco e agitati dal fuoco della sfida (bellissimo il momento in cui Borg, vedendo l'avversario in difficoltà, gli dà un consiglio amichevole). E si vede che è un film fatto in Europa, e non americano, per lo spirito con cui è concepito e realizzato, senza facili trionfalismi o sintetizzazioni forzate per cercare una morale netta e annunciata: buon cast, con interpreti coinvolti, dall'inedito da noi Gudnasson, che imprime l'interiorizzazione ed il metodismo sportivo al suo Borg, a Laboeuf, qui molto bravo a rendere impacci, scatti di rabbia e intuizioni del suo McEnroe, ma sarebbe brutto dimenticare l'apporto del sempre ottimo Stellan Skarsgard nel ruolo dell'allenatore dello svedese, con cui ha un rapporto da padre putativo. Curato in ambientazione e tratteggio psicologico, appassiona anche i non proprio innamorati del tennis come il sottoscritto. 
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MINE ( Mine, USA/I/ES 2016)
DI FABIO GUAGLIONE e  FABIO RESINARO
Con ARMIE HAMMER, Annabelle Wallis, Clint Dyer, Tom Cullen.
DRAMMATICO
In missione nel Nord-Africa, in uno Stato imprecisato, i due soldati Mike e Tommy devono darsi alla fuga dopo che il primo, cecchino specializzato, non se l'è sentita di far fuori un bersaglio dato che si stava celebrando il matrimonio del figlio, e le guardie del corpo, accortesi della loro presenza, li inseguono. Sono nel deserto, e la situazione è complicata: lo diventerà maggiormente quando Tommy mette il piede su una mina, perde le gambe e in preda allo shock si spara, e Mike rimane bloccato perchè ha sentito sotto il piede uno scatto che lo ha raggelato. "Mine" è, in pratica, come una delle nuove tendenze per la tensione al cinema suggerisce, quasi del tutto svolto in un unico luogo, con un solo attore, o quasi, in campo: si dilata una situazione all'estremo, e si fa leva sull'emotività della scena e dello spettatore, affinchè quest'ultimo si incuriosisca e appassioni alla sorte del personaggio in scena. Scritto e diretto dagli italiani Fabio Guaglione e Fabio Resinaro, coprodotto tra USA, Italia e Spagna, il film ha ricevuto più candidature a premi importanti quali David di Donatello e Nastro d'argento: oltre alla suspence del rischio enorme del soldato che non può permettersi di muoversi, o addormentarsi, per non saltare in aria, e dovrà affrontare l'avvistamento da parte dei suoi inseguitori, gli sciacalli di notte, una tempesta di sabbia, e il sole del deserto che non fa prigionieri. Il tutto è anche un viaggio mentale tra passato, cose mai risolte, un presente molto più che precario, ed un possibile futuro per tornare su errori fatti, potenziali riscatti e altra vita. Armie Hammer ci ha creduto così tanto da figurare anche come produttore esecutivo, e va dato atto a Guaglione e Resinaro di aver girato una pellicola che può essere venduta sui mercati internazionali, dosando al meglio gli elementi, solo apparentemente scarni, ma funzionali al racconto. In una fotografia di valore, dell'ispanico Sergi Villanova, il film è una piacevole sorpresa, che si guasta, ma solo leggermente, in un finale un pò troppo "all'americana" che vuole per forza dare una risposta a tutto, ma merita visione.

domenica 26 novembre 2017

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JUSTICE LEAGUE ( Justice League, USA 2017)
DI ZACK SNYDER
Con BEN AFFLECK, GAL GADOT, HENRY CAVILL, Ezra Miller.
FANTASTICO/AZIONE
Dopo qualche anno (dal 2013 de "L'uomo d'acciaio", appunto) di preparativi, è giunto il momento della squadra di supereroi che, per ironia della sorte, nei fumetti è nata prima degli "Avengers" marvelliani, ma al cinema è arrivata dopo lo stratosferico risultato dei rivali della Casa delle Idee, generatrice di Spider-Man, Iron Man e i Fantastici 4; come risulta a chi ha visto "Batman V Superman:Dawn of Justice", eravamo rimasti all'immolazione dell'eroe venuto da Krypton per salvare la Terra dal flagello Doomsday, e con la scelta di Bruce Wayne e Diana Prince, in arte Batman e Wonder Woman, di mettere insieme un pool di esseri speciali per combattere ogni pericolo sovrannaturale che potesse minacciare il pianeta. Eccoci quindi all'Oggi, e all'assemblamento, ovviamente non semplice, perchè si prende metà del nuovo capitolo dell'epopea DC, del team: Aquaman e la sua ostilità, Flash e le sue incertezze, Cyborg e la sua confusione, a piccoli passi si decidono a riunirsi e affrontare un malvagio venuto da un lontano passato e da una dimensione altra chiamato Steppenwolf, che vorrebbe dominare il Creato con il terrore. Dopo alcuni scontri con le schiere insettiformi del cattivo, Batman e soci si rendono conto di non essere all'altezza della sfida, e tentano il tutto per tutto con una carta a sorpresa ( mica tanto, visto la promettente ultimissima scena del film precedente), che consiste nel far rivivere il "top player".... Funestata la lavorazione dal suicidio della figlia ventenne del regista Zack Snyder, per cui le riprese sono state concluse proprio da colui che riunì Hulk, Capitan America e compagnia bella, Joss Whedon, che ha anche co-sceneggiato questo lungometraggio, pare che agli analisti specializzati internettiani l'andamento al box-office di "Justice League" sembri poco entusiasmante: il fatto è che 315 milioni di dollari incassati worldwide in quattro giorni paiano pochi, la dice lunga sul concetto di successo e di costi hollywoodiani odierni, del tutto spropositati. A livello qualitativo, lo spettacolo c'è, anche se come controparte cattiva si poteva sperar di meglio: latita un pò l'ironia, ma va detto che, al contrario dell'universo Marvel, in quello di Batman e Superman c'è meno spazio per questo. Annunciato il seguito a breve giro, diciamo che entro un paio d'anni ci sarà l'atto secondo, ed in mezzo i film in solitaria dei vari Batman, Aquaman, Flash, Wonder Woman, Cyborg: tendente al cupo nei colori e nelle ambientazioni, ma aperto ad un ottimismo luminoso via via che la storia procede verso il finale, "Justice League" è, se si deve fare proprio un paragone, meno di impatto rispetto al film parallelo/rivale della Marvel, ma tuttavia un allestimento di prima qualità.
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AUGURI PER LA TUA MORTE ( Happy death day, USA 2017)
DI CHRISTOPHER B. LANDON
Con JESSICA ROTHE, Israel Brussard, Ruby Modine, Rachel Matthews.
THRILLER
Chi uccide a ripetizione la biondina Theresa detta Tree? Già, perchè proprio il giorno del suo compleanno, qualcuno, con una maschera carnevalesca da poppante stilizzato la insegue e assassina, con la complicazione, non da poco, che ogni mattina si risveglia ripetendo la giornata, e finendo sempre malamente. Non è facile da individuare il colpevole, perchè tra la fauna umana miserrima che la circonda, e il carattere smorfioso e scostante che la fanciulla ha in dote, in molti avrebbero motivo per nascondersi dietro il camuffamento del killer, ma rivivendo via via il giorno del suo compleanno e della propria dipartita, la protagonista avrà modo di capire meglio e arrivare, forse, ad una soluzione e ad una salvezza. Caso in USA, questo thriller che sfocia nel fantastico è costato neanche 5 milioni di dollari e ne ha incassati 100 in suol patrio: prodotto dagli stessi di "Scappa!", analogo fenomeno commerciale ( ma assai più incisivo e riuscito come film)  fa considerare che nella casa di produzione Blumhouse Productions, al momento, sembrano saperci fare, puntando all'horror/ thriller che guarda in special modo al pubblico giovane. E, comunque, è perlomeno dai tempi di "Halloween" (1978) che si è a conoscenza che le fasce più giovani di spettatori sono quelle che decretano il successo dei film produttori di spavento. Detto tutto ciò, "Happy death day" è un pastrocchio che ha dalla sua il ritmo narrativo, ma non sa sfruttare bene il meccanismo della ripetizione che amplia ad ogni giro il percorso narrativo preso; tanto che, in alcuni passaggi, il regista Christopher B. Landon e i suoi sceneggiatori sembrano aver perso le coordinate sbandando nella teen comedy con uscite becere e non molto divertenti. La pur briosa Jessica Rothe non è questa bomba di seduzione che il film vorrebbe sottolineare, e il resto del cast è abbastanza ligio alla monodimensione dei personaggi: a livello di suspence, identità e movente di chi uccide ( o avrebbe ucciso, sarà più corretto?), dopo una falsa pista sparata goffamente, sono largamente prevedibili o forzati. Dopo aver visto come funziona in "Ricomincio da capo" ( che questo film cita apertamente e ruffianamente) per la commedia, in "The edge of tomorrow" per la fantascienza, e in questo per il thriller, in quale genere verrà usato l'espediente del giorno ripetuto? Nel musical per sentire le solite canzoni in versioni extended, o nel western per vedere chi vincerà i duelli...?

sabato 25 novembre 2017

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UNA STREGA IN PARADISO ( Bell, book and candle, USA 1959)
DI RICHARD QUINE
Con KIM NOVAK, JAMES STEWART, Jack Lemmon, Ernie Kovacs.
COMMEDIA/FANTASTICO
Strega dotata di poteri e longevità, Gil è annoiata a morte dalla propria condizione "speciale", e sogna di poter avere una relazione amorosa con un "normale" uomo qualunque: adocchia un editore non più giovanissimo, che però sta per sposarsi. Con l'aiuto delle proprie arti magiche e del misterioso gatto siamese Cagliostro, la donna cerca di realizzare il proprio intento. E' una bolla di sapone, se si vuole, il soggetto di "Una strega in Paradiso", che in originale recitava invece "Bell, book and candle", una formula atta a significare una sorta di maleficio occulto. Però, pur nel suo scontato cammino verso un lieto fine, il film è di forte piacevolezza, anche per l'ottimo lavoro degli interpreti , da una Kim Novak di una bellezza voluttuosa, un James Stewart di una simpatia effervescente, e un Ernie Kovacs fanfarone estroso, mentre Jack Lemmon è relegato in una parte in cui non può lasciar briglia sciolta alla sua verve d'attore di alta qualità. C'è anche da dire che la regia di Richard Quine, uno dei tanti registi "medi", come Mark Robson, per fare un esempio, è brillante nell'impaginare il racconto, e a dare alla pellicola il timbro giusto per un lavoro di puro intrattenimento. 

sabato 18 novembre 2017

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ATOMICA BIONDA ( Atomic blonde, USA 2017)
DI DAVID LEITCH
Con CHARLIZE THERON, James McAvoy, Sofia Boutella, John Goodman.
AZIONE
Berlino, 1989: la città è in fase molto confusa per quanto viva, gli eventi della Storia stanno accelerando tutto, il Muro è in pieno disfacimento. Una bellissima quanto letale spia inglese viene inviata in loco, perchè è in ballo l'assetto del suo ambiente lavorativo, in quanto una "Operazione Perceval" potrebbe confondere ulteriormente la situazione, cancellando ogni traccia di infiltrazioni di agenti nemici nelle file occidentali. Da una graphic novel di culto, "The coldest city" (titolo più suggestivo di quello scelto per il film), un film d'azione in cui l'eclettica e sempre splendida, a quarantadue anni, Charlize Theron alterna sequenze in cui mena botte da orbi a uomini teoricamente più forzuti, ad altre in cui emana la propria carica erotica senza farsi problemi circa il sesso di chi ha nel letto ( parecchio clamore, un pò gonfiato, sulle scene tra la star e la rampante franco-algerina Sofia Boutella, già vista ne "La mummia"). David Leitch confeziona un thriller d'azione tutto sommato divertente, forse lungo un quarto d'ora di troppo, con attori molto funzionali, specie quando giocano sull'ambiguità dei propri ruoli, in  quanto pedine di un gioco molto sporco e pericoloso, quale quello, appunto, tra spioni capaci di passare dalla stretta di mano al colpo di pistola in un batter di ciglia: James McAvoy e John Goodman ci mettono del loro a lasciare spesso lo spettatore incerto sulle intenzioni vere dei loro personaggi, e, in un gioco di scatole cinesi sulle rivelazioni delle alleanze, accompagnano il film ai colpi di scena conclusivi.
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L'AMANTE INDIANA ( Broken arrow, USA 1950)
DI DELMER DAVES
Con JAMES STEWART, Jeff Chandler, Debra Paget, Will Geer.
WESTERN
Quando Hollywood si accorse che la ragione non stava tutta dalla parte dei colonizzatori, e che i pellerossa non erano soltanto assalitori di carovane o dispensatori di bizzarri rituali, fu comunque troppo tardi, vero. Prima dell'ondata di, una volta tanto, giusto revisionismo dei tempi di "Soldato blu" e "Un uomo chiamato cavallo", arrivarono titoli come "Il grande sentiero",e, prima ancora, "L'amante indiana" compì un coraggioso passo avanti nel trattare l'argomento. Film antimanicheo e innatamente progressista, nonostante il fatto che il protagonista sia un repubblicano convinto come James Stewart, questo di Daves, in poco più di un'ora e mezzo, narra di un bianco che stringe un rapporto di amicizia e di collaborazione con Cochise, leggendario capo Chiricaua, e un legame sentimentale con una giovane della sua tribù: sullo sfondo, anche i conflitti interni tra i pellerossa, e l'ostilità a priori della comunità di "neoamericani" verso coloro cui hanno sottratto le terre. Western sotto cieli di un celeste appena screziato dalle nuvole, di buona concisione di racconto, "L'amante indiana" ha in James Stewart un ottimo e appassionato interprete, ma anche il Cochise impersonato da Jeff Chandler ha un certo carisma e una pacata forza. Daves, regista da rivalutare, non avrà la mano epica di Ford, e la capacità di speziare il genere di tocchi brillanti come Hawks, ma girò buone pellicole, non conservatrici e narrate bene. 

lunedì 13 novembre 2017

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TRESPASS ( Trespass, USA 2011)
DI JOEL SCHUMACHER
Con NICOLAS CAGE, NICOLE KIDMAN, Liana Liberato, Cameron Gigandet.
THRILLER
Rappresentante di diamanti che ha fatto avere a moglie e figlia un'esistenza agiata, con una villa ultramoderna, spaziosa e moderna anche nel sistema di sicurezza, Kyle Miller è un uomo spesso di corsa, e che forse non dice ogni cosa alle congiunte: certo, un conto è il bene materiale, altro quello meno palpabile dei rapporti tra familiari. Una sera, con un trucco, entrano nell'abitazione della famiglia Miller quattro rapinatori, che sembrano conoscere molto della vita dei coniugi, e minacciano cose brutte se il capofamiglia non concederà loro facile accesso ai preziosi che custodisce: dato che la banda di malviventi sembra non essere affiatatissima, e i malviventi parlano fin troppo di sè di fronte a potenziali testimoni, la tensione aumenta ed i tempi si dilatano. Pare che sia costato 35 milioni di dollari, questo thriller, ma sullo schermo non si vedono, e probabilmente buona parte della somma è andata nei compensi alle due star protagoniste, per la prima volta insieme sullo schermo: uscito direttamente in home video da noi, "Trespass" riprende lo spunto canonico di "Ore disperate" e "Panic room", allungando notevolmente l'idea iniziale, sovraccaricando la storia di situazioni al limite, scatti di violenza ripetuti, e spesso inciampando in inverosimiglianze vistose. Malamente sceneggiato, tirato per le lunghe fino allo spasimo, mai capace di far provare suspence allo spettatore, è uno dei punti più bassi della carriera di un "professional" onesto ma efficace come Joel Schumacher. E per quanto riguarda il cast, se Cage è particolarmente monocorde in questa prova, Nicole Kidman si sperpera in un personaggio spesso incoerente, e Cam Gigandet conferma che può anche piacere alle donne per il fisico in forma, ma quanto a recitazione è piuttosto acerbo. 
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IL SEGRETO DEI SUOI OCCHI
( Secret in their eyes, USA 2015)
DI BILLY RAY
Con CHIWETEL EIJOFOR, Nicole Kidman, Julia Roberts, Dean Norris.
THRILLER
Non si può certo dire che Billy Ray sia un regista prolifico: in dodici anni, appena tre film, i primi due incensati dai critici ma di relativo successo commerciale, come "L'inventore di favole" e "Breach- L'infiltrato", e poi questo remake dell'argentino "Il segreto dei suoi occhi", vincitore dell'Oscar nel 2010 per il miglior film straniero. Dal film sudamericano il cambiamento più avvertibile, è il fatto che là ci si riferiva alla dittatura dei generali, come sfondo per il dramma delittuoso che va in scena, qua si parla di misure antiterrorismo: il canovaccio rimane il medesimo, anche se questa versione USA ha riscontrato, perlopiù, una certa freddezza da parte della critica. Certo, l'originale argentino era più sfumato, le ellissi tra passato e presente erano giocate con più densità letteraria, e c'era quell'impagabile sequenza dello stadio di calcio che qua non rende alla stessa maniera: ma si tratta, comunque, di un thriller di buona fattura, ben distribuito nei momenti di tensione, e con un trio d'attori meritevoli di interesse, con Chiwetel Eijofor a svettare in una prova sentita, mentre la Roberts lavora quasi del tutto in sottrazione. Spesso la versione americanizzata di storie nate lontane, come in Europa o in Sud-America, viene banalizzata per tentare di piacere alla più ampia possibile delle fasce del pubblico, non è questo il caso: Ray non imprime uno stile particolarmente marcato alla conduzione del film, ma sembra saper gestire gli sviluppi della trama, compresi quelli che ci si aspettano di meno. 

domenica 12 novembre 2017

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THE PLACE ( I, 2017)
DI PAOLO GENOVESE
Con VALERIO MASTANDREA, Sabrina Ferilli, Marco Giallini, Vinicio Marchioni.
DRAMMATICO
Chi è il misterioso uomo seduto in un bar che non ha niente di particolare, ad ogni ora del giorno e della notte, ha con sè una sorta di quadernone su cui si segna continuamente appunti, e riceve costantemente persone che gli chiedono di aiutarli a risolvere dei problemi urgenti, dovendo in cambio compiere le richieste, spesso estreme, del tipo del locale? A un anno e mezzo dallo strabordante risultato conseguito da "Perfetti sconosciuti", con incassi altissimi, un titolo divenuto fenomeno di costume vero e proprio, ed un soggetto venduto per imminenti remakes in Francia, USA e Spagna, Paolo Genovese propone un nuovo film sul quale, va da sè, la curiosità viaggia alta. Questa volta ci si rifà ad una serie tv da noi inedita, "The booth at the end", del 2010, e il regista gioca una forte provocazione: se un suo film ambientato del tutto in un unico appartamento, e per lo più a tavola, ha ottenuto tanti risultati, che sarà di quello successivo, in pratica svolto, a parte un paio di inquadrature, al tavolino di un bar? La forza di un film che farà comunque discutere, sta nella scrittura, e negli interpreti che seguono il disegno della regia: semmai, c'è da dire che qua si parla per metafore, e anche puntando a quelle alte. L'uomo senza nome è Dio, il Diavolo, il Fato, la Vita? E le proposte di compiere qualcosa di brutale, impensabile, orrendo, per ottenere una via di salvezza, un bisogno inappagato, un senso alla propria esistenza, sono davvero infami, o aiutano gli altri a trovare i veri se stessi, alla fine? E, ancora, quella proprietaria del bar che non ha richieste per lui ed è l'unica con cui si confronta senza aver niente in ballo, chi è? La Speranza, la Sorte, la Coscienza? Sostenuto da dialoghi incalzanti e con sporadicissime spruzzate di umorismo, soprattutto per quel che riguarda il personaggio del meccanico di Rocco Papaleo, "The Place" è un film ambizioso, per qualche recensore fin troppo, ma assolutamente non banale, e che spingerà lo spettatore a cercare la propria giustificata interpretazione di ciò a cui ha assistito. Al di là delle sue sorti al botteghino, c'è da aspettarsi che questo script diventerà uno spettacolo teatrale che potrebbe essere un buon banco di prova per interpreti, e avere là forte e duraturo successo. 
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LE BRAGHE DEL PADRONE ( I, 1978)
DI FLAVIO MOGHERINI
Con ENRICO MONTESANO, Milena Vukotic, Adolfo Celi, Paolo Poli.
COMMEDIA
La firma di Terzoli e Vaime, negli anni Settanta, erano motivo di interesse per un libro firmato dalla coppia di autori televisivi: e nel '78 Enrico Montesano era un nome attraente per il botteghino italiano, dato che appunto dall'anno prima all'84, il comico romano era uno che significava incassi robusti per i produttori. Però, nonostante questo, e che alla fine il copione de "Le braghe del padrone" sia tra quelli più sostanziosi, rispetto ad altre commediucce di poco conto interpretate dall'attore, "Le braghe del padrone" fu un mezzo fiasco. Favola satirica su un omino che, grazie ai consigli dati da un diavolo in frac, fa un'incredibile scalata in società alla quale segue un'altrettanto fenomenale caduta, il romanzo e il film diretto da Mogherini nel titolo fanno riferimento ai pantaloni bianchi che simboleggiano lo status padronale ( "siùr padrùn da li beli braghi blanchi...): gli attori risultano ben diretti, da un Montesano che fa molto proprio il personaggio principale, una Milena Vukotic gradevole, che si sobbarca anche una scena che molte colleghe probabilmente non avrebbero girato, quale quella in cui va a far pipì in una limousine con proprietario presente, e un divertito Paolo Poli in veste di diavolo salace, mentre per una volta non convince un Adolfo Celi un pò troppo sopra le righe. Tutto sommato simpatico, il filmetto suscita qualche sorriso, anche se i morsi che infligge, per essere una satira, sono sostanzialmente innocui. 

mercoledì 8 novembre 2017

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LA RAGAZZA NELLA NEBBIA ( I/F/D, 2017)
DI DONATO CARRISI
Con TONI SERVILLO, ALESSIO BONI, Jean Reno, Michela Cescon.
GIALLO
Il pugliese Donato Carrisi è un nome di peso nel mondo del thriller letterario, i suoi libri vendono bene dappertutto, e, grazie anche al lavoro indovinato dei nuovi press-agents, la dimensione internazionale è cruciale, oggi, per uno scrittore: Carrisi non si è accontentato di vendere i diritti di un suo romanzo, ha voluto anche trarne un film con cast importante (Servillo, Boni, Reno, Richelmy, Cescon, Ranzi) e si è accollato pure la regia, prendendosi un grosso rischio. In Alto Adige, a ridosso delle Alpi, sparisce una ragazza, e viene incaricato dell'indagine l'ispettore Vogel, abile sia nell'investigare, che nel creare attenzione mediatica attorno ai casi che affronta: il pubblico, però, entra nella vicenda solo un pò di tempo dopo, quando le cose paiono essere arrivate al dunque, e Vogel, in una nottata fosca e senza luce, parla con uno psicologo forense, narrandogli quel che è successo.... Pare più un thriller mitteleuropeo che nostrano, "La ragazza nella nebbia", e sta riscuotendo un certo successo di pubblico, oltre che buone parole dai recensori: in effetti, considerando che si tratta anche di una pellicola d'esordio registico, va riconosciuto a Carrisi di aver curato molto sia l'ambientazione ( quella nebbia notturna, però, un pò d'artefatto lo sa...) che il racconto e la recitazione degli interpreti. E la scelta di affidare i ruoli principali a due attori di riconosciuto prestigio quali Toni Servillo e Alessio Boni ( quest'ultimo, dai tempi di "Arrivederci amore, ciao" tra i più intensi interpreti della sua generazione, in Italia), con un investigatore che a tratti appare quasi come un inquisitore, altero e corazzato dentro la propria convinzione della Ragione, quasi un personaggio estrapolato dai gialli di Durrenmatt, ed un uomo che è invaso da tormenti e malesseri annosi, "a parte" e quindi oggetto di molte diffidenze, quando non, addirittura, di accuse, paga eccome. Però il colpo di scena conclusivo, senza rivelar niente, è una mossa che, per quanto efficace da un punto di vista della suspence, risulta infine sleale, dato che una delle regole basiche del giallo, è che il lettore, o lo spettatore, deve avere sufficienti indizi per arrivare alla Verità. Tipo vincere una partita con un goal di mano, non visto: si dirà che conta il risultato, alla fine, ma ci si poteva arrivare meglio.

lunedì 6 novembre 2017

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VALERIAN E LA CITTA' DEI MILLE PIANETI
( Valèrian et la citè des mille plànetes, F 2017)
DI LUC BESSON
Con DANE DE HAAN, CARA DELENVINGNE, Clive Owen, Rihanna.
FANTASCIENZA
Bolliva in pentola da cinque anni, ma per ammissione dello stesso regista, un film sull'eroe dei fumetti francesi di fantascienza Valerian, Luc Besson lo aveva in testa da anni: ritorno, a vent'anni dal successo mondiale de "Il quinto elemento", alla science-fiction vera e propria per il più internazionale dei registi transalpini, questo kolossal, arrivato ad essere il più costoso lungometraggio mai prodotto in Francia, con poco meno di 200 milioni di euro, si apre con una visione paradisiaca. Creature ominidi alla "Avatar" che popolano un'isola celestiale, ben presto vedono il loro splendido mondo distrutto da qualcosa che irrompe dalla galassia: a seguire, l'accoppiata formata dal maggiore Valerian e dalla sua partner, Laureline, vengono spediti a far chiarezza sull'accaduto, ma non sarà semplice, anche e soprattutto per i rischi che comporta la missione, e perchè alcuni vertici militari fanno di tutto per complicare le cose. Di "Valerian e la città dei mille pianeti" va apprezzata la sontuosità produttiva, che comunque riporta in scena la concezione della fantascienza di Besson già mostrata nel film  con Bruce Willis e Milla Jovovich, con una certa pomposità nelle scenografie, una vasta gamma di creature dalle forme e dall'aspetto più disparati, una certa carica umoristica (non sempre a segno) a bilanciare la spettacolarità dell'insieme. Nell'ambito di un colosso il cui obiettivo è abbastanza chiaramente il pubblico molto giovane, si ha spesso la sensazione di una storia in cui diverse parti appaiono slegate tra loro, per poi ritrovare un assemblamento verso il finale, spedendo un messaggio pacifista universale, e di integrazione multiplanetaria, comunque, visti i tempi, perlomeno di buona volontà.
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LORO CHI ( I, 2015)
DI FRANCESCO MICCHICHE' e FABIO BONIFACCI
Con EDOARDO LEO, MARCO GIALLINI, Catrinel Menghia, Lisa Bor.
COMMEDIA
Il film sui truffatori, da "La stangata" in giù, è un sottogenere del crime-movie, più portato a interloquire con lo spettatore sui risvolti psicologici, e, in sostanza, facendo una sorta di gioco di prestigio a propria volta: quante volte ci è successo, tra "Il genio della truffa", "Nove regine" e chissà quanti altri titoli, di assistere ad una storia che cambia senso dopo che i personaggi in scena rivelano a noi pubblico, e a chi hanno di fronte sullo schermo, di aver narrato qualcosa solo per confondere le idee? In "Loro chi", il risentito Edoardo Leo blocca nel suo ufficio l'editore Antonio Catania, dandogli un manoscritto in cui racconta la propria bizzarra storia, che consiste nell'aver perso tutto per esser cascato nella trappola di un abilissimo buggeratore, Marco Giallini, il quale lo ha avvicinato, ha fatto amicizia con lui, e gli ha causato la fine della relazione che aveva, la perdita del lavoro, e un'improvvisa caduta sul lastrico. Anche se, poi, per farsi risarcire, la vittima ha costretto il truffatore a organizzare una nuova truffa, in pratica diventandone "socio": tra Trentino, Roma e la Puglia, la commedia diretta a due da Francesco Miccichè e Fabio Bonifacci fila via spedita, azzeccando il meccanismo di scatole cinesi che comporta il cinema sui truffatori, appunto. Nel cast, Edoardo Leo è bravo, ma Marco Giallini, abilissimo sia a  accollarsi il film da protagonista che da fungere da efficace spalla, gli dà qualche punto: e non vanno dimenticati i comprimari Ivano Marescotti, Maurizio Casagrande e Antonio Catania, utili caratteristi di valore, a smentire che è un mestiere che nel cinema italiano nessuno vuol più fare. Nella seconda parte forse il racconto diventa lievemente farraginoso, ma è apprezzabile comunque lo slancio con cui si è voluto girare una commedia così poco "all'italiana". 
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ALZATI SPIA ( Espion, lève-toi, F 1981)
DI YVES BOISSET
Con LINO VENTURA, Krystyna Janda, Michel Piccoli, Bruno Cremer.
THRILLER
La compagna, assistente in università, lo ritiene un funzionario impelagato nella burocrazia di Stato, ma in realtà il protagonista di "Alzati spia", Sebastien Grenier, è un nome di peso nei servizi segreti: vive in Svizzera, e, ad un certo punto, come abbiamo visto accadere ne "I tre giorni del Condor", la sezione di cui fa parte Grenier, per coprire certe cose accadute in passato, comincia ad essere decimata. Dopo aver capito che la vita sua e della propria donna è in serissimo pericolo, l'uomo reagisce cercando di arrivare a chi ha ordito le eliminazioni da compiere, ma può essere tardi.... Attinge appunto dal film di Sidney Pollack, a quel punto già un classico, questo thriller spionistico francese, che, volendo, ha lo spunto simile al di non poco successivo "True lies" di Cameron: Yves Boisset gira un giallo ben costruito, che trova in un cast composto da attori di spessori un punto di forza consistente. Se Lino Ventura è una garanzia, in ruoli da uomo d'azione e da duro con l'anima ( bravissimo nella sequenza in cui viene colpito da un lutto tremendo, verosimile e intenso), gli fanno buon coro l'ambiguo politico di Michel Piccoli e il cinico spione di Bruno Cremer. La differenza tra un film americano e un thriller come questo sta nel fatto che, al punto in cui il protagonista decide di metter mano alla pistola e cominciare a usare le maniere forti siamo a due terzi di proiezione: in un analogo prodotto USA dell'epoca, avremmo visto Burt Reynolds o Charles Bronson cominciare a far fuoco sui marrani dopo una mezz'oretta di film. Il finale, da "giallo" serio, non cerca un lieto fine per forza. 

sabato 4 novembre 2017

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THE ICEMAN ( The Iceman, USA 2012)
DI ARIEL VROMEN
Con MICHAEL SHANNON, Wynona Ryder, Chris Evans, Ray Liotta.
DRAMMATICO/NOIR
"The Iceman", l'Uomo di Ghiaccio, è il soprannome con cui venne soprannominato Richard Kuklinski, sicario particolarmente efficace per la mafia, di cui la polizia ha stimato essere responsabile di 100 omicidi, ma pare, addirittura, che sia stato reo di circa 250 delitti: sulle sue spietate gesta, avvenute negli anni Settanta, questo film si concentra, oltre al ricreare ambientazioni da crime-movie classiche, sul mostrare la cornice "ordinaria" nella quale il killer cela la propria vera attività. Spacciatosi per volpe della finanza presso famiglia e amici, con molti soldi che gli girano per le mani e fanno avere un ottimo tenore di vita alla moglie e ai figli ( e il film sottolinea più volte come la donna paia non vedere gli aspetti più inquietanti dei comportamenti del consorte, in nome dello status quo), il protagonista passa dal dialogo all'aggressione omicida in una manciata di secondi: la regia di Ariel Vromen è lineare, ordinata, senza colpi d'ala, e il cast è interessante, anche se la presenza di Ray Liotta è un motivo in più per accostare questo lungometraggio allo scorsesiano "Quei bravi ragazzi", magari in maniera più superficiale. Figura bene Michael Shannon, al solito, nei panni dello psicotico assassino, così come ripescare Wynona Ryder è una buona mossa, affidandole un personaggio dall'ipocrisia latente quale quello della moglie. 

giovedì 2 novembre 2017

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NEMESI ( The Assignment, USA 2016)
DI WALTER HILL
Con MICHELLE RODRIGUEZ, SIGOURNEY WEAVER, Tony Shalhoub, Anthony LaPaglia.
THRILLER
C'è una schiera di registi che per una trentina d'anni ha sfornato una quantità notevole di lungometraggi memorabili, certo, qualcuno meno riuscito, altri divenuti via via dei classici, ma credo proprio che i vari De Palma, Hooper, Landis, Milius, e appunto Hill, quando giravano regolarmente un film almeno ogni due anni ( e il regista di "Non aprite quella porta" purtroppo non c'è più...) rappresentavano comunque un evento, e spesso dettavano le linee-guida per il cinema di genere degli anni seguenti. "Nemesi" ha un innesco che ricorda molto da vicino uno dei peggiori film di Almodòvar, "La pelle che abito", ma virandolo sul thriller d'azione e facendo un vero e proprio revenge-movie su un killer professionista che uccide, ahilui, il fratello di una luminare della chirurgia, la quale si vendica facendolo rapire e tramutandolo in donna: sconvolto dalla sua nuova condizione, il sicario avvia a sua volta la propria vendetta facendo fuori chiunque fosse coinvolto nella trappola che gli ha cambiato tutto. Se da un punto di vista narrativo, "Nemesi" ( in originale "L'incarico") è molto lineare, quasi elementare nell'elaborazione della trama, è nei dettagli che si scopre la mano salda di un regista che impagina un film come Dio comanda: nel look maschile di Sigourney Weaver, nella scena in cui una nuda Michelle Rodriguez  perlustra sconvolta la propria nuova identità sessuale, nell'uovo di Colombo della penultima scena, in cui la regia rivela qualcosa che allo spettatore una cosa importante, in fondo stata sempre davanti agli occhi e però giocata solo a quel punto. Da alcuni recensori bollato bolsamente come un "B-movie d'autore", è un'ora e quaranta di divertimento action, con una Weaver che dipinge un ruolo di cattiva psicotica con compiaciuta partecipazione.