martedì 31 luglio 2018

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WONDER ( Wonder,  USA 2017)
DI STEPHEN CHBOSKY
Con JACOB TREMBLAY, Julia Roberts, Izabela Vidovic, Owen Wilson.
DRAMEDY
Pare che l'ispirazione alla scrittrice R. J. Palacio, per "Wonder", sia venuta da un suo atteggiamento sbagliato, nell'incontrare una bimba dal volto deformato da una malattia: il film che il regista Stephen Chbosky, che aveva colto diversi apprezzamenti con "Noi siamo infinito", sempre sul mondo dei giovanissimi, è stato un successo internazionale, e da noi, un pò a sorpresa, nonostante l'uscita natalizia ( il che significa fiducia da parte dei distributori), si è piazzato tra i primi sei incassi della stagione. La storia della famiglia dell'undicenne Auggie (August), che dopo ben ventisette operazioni di plastica facciale, ha ancora un viso che causa reazioni atipiche nel prossimo, che siano di disagio, di scherno, o di sorpresa, è ben raccontata, con un equilibrio solido tra sorrisi e occhi lucidi, ma che cerca, per tutta la durata della pellicola, di fare un discorso su quanto sia relativa la "normalità". La mossa intelligente del racconto dal punto di vista di più personaggi evita di appesantire la storia di un'infanzia difficile, e la bravura degli interpreti (da tenere d'occhio Izabela Vidovic, nel ruolo complesso della sorella di Auggie) aiuta a rendere coinvolgente il film. Il quale poteva risolversi in un dolciastro apologo familista, come, purtroppo, s'è visto molte volte nel cinema hollywoodiano, ma proprio l'evitare ogni rischio di manicheismo da parte di script e regia, evitando il rancore verso anche i personaggi che esibiscono più meschinità di fronte al "diverso", rafforza il valore dell'operazione. E' un'operina gentile e dal passo fluido che può parlare di cose serie anche ai bambini, ma senza gravità, e  spiegar loro che la paura di quel che è differente nasce soprattutto da una cattiva base. Sembra scontato, ma lo è molto meno di quanto sembri, in quella che si pensa sia la comune visione del mondo.

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L'UOMO CHE VISSE NEL FUTURO
( The time machine, USA 1960)
DI GEORGE PAL
Con ROD TAYLOR, Yvette Mimieux, Alan Young, Sebastian Cabot.
FANTASCIENZA
Il classico della fantascienza letteraria di George H. Wells "La macchina del tempo" ha ispirato più volte sceneggiatori e produttori cinematografici, ed è stato un buon successo anche la versione dei primi anni Duemila che vedeva Guy Pearce nei panni del viaggiatore del tempo protagonista. Questa è quella più celebre, che negli anni ha raggiunto lo status di cult per molti cinefili, e venne apprezzata da molti appassionati di fantascienza all'uscita: certo, rivisti oggi gli effetti speciali della pellicola sono piuttosto datati, per non dire delle fattezze dei mostruosi Morlock ( il cui volto è simile al bambino-killer di "Phenomena"). Però il lato romantico dell'avventura, con lo scienziato che decide di riprendere il viaggio per amore della bella Eloi cui ha insegnato ad abbandonarsi al sentimento ha il suo peso, e rende gradevole la visione di questo adattamento delle pagine di Wells. Curiosamente, semmai, al giorno d'oggi può suscitare una chiave di lettura che contempla i "perfetti" Eloi vivere in una sorta di indifferenza perpetua, come fosse una metafora delle attuali società, composte di gente che vive in un mondo effimero di social network, tralasciando le cose reali e concrete accanto, e gli orridi Morlock come quelli che li "pilotano" verso un viaggio senza ritorno. Rod Taylor come scienziato è relativamente credibile, meglio come uomo d'azione coinvolto nella lotta scatenata contro i mostri cannibali per scuotere l'ebete paciosità degli abitanti del "mondo di sopra", e George Pal conferma, dopo "La guerra dei mondi", una visione volenterosa ma per certi versi limitata del mondo del fantastico che comunque amava.

domenica 29 luglio 2018

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CHI L'HA VISTA MORIRE? ( I/D, 1972)
DI ALDO LADO
Con GEORGE LAZENBY, Anita Strindberg, Adolfo Celi, Nicoletta Elmi.
THRILLER
Perchè una donna che misteriosamente si reca con scarpe con i tacchi, guanti e un capello con veletta in un bosco vicino a Ginevra, uccide a colpi di pietra una bambina ? E perchè quattro anni dopo, a Venezia, la stessa donna segue con intenti probabilmente malvagi un'altra bambina dai capelli rossi, figlia di uno scultore che si è trasferito nel capoluogo veneto dal Nord Europa? Lo stesso artista si improvvisa investigatore, e i delitti aumentano: finchè non viene fuori un vecchio filmino amatoriale, che potrebbe spiegare un bel pò di cose... Aldo Lado, che poi avrebbe diretto "Il gatto dagli occhi di giada", è, forse, uno degli emuli di Dario Argento più dignitosi, anche se c'è da dire che qui anticipa un paio di scene, almeno, riscontrabili in opere del collega romano di qualche anno dopo: musicato da Ennio Morricone, che elabora due brani abbastanza efficaci, tra cui la filastrocca infantile che riporta il titolo della pellicola, e rimanda ad una partitura sua successiva, quale quella per "Il sorriso del grande tentatore", del 1974, questo thriller ha un avvio interessante, ed una prima parte, ambientata tra i chiaroscuri veneziani, che porta, in effetti, dell'inquietudine allo spettatore. Convince meno, come spesso accade in questo tipo di thriller, quando si avvia a tirare i fili dell'intrigo ed a fornire la soluzione dell'enigma, con un movente relativamente accettabile, ma che, per essere un titolo dei primi anni Settanta, lancia una luce su un tema scabroso come la pedofilia, e questo è da mettere tra i meriti dell'operazione. Lo "007 per una volta sola" George Lazenby, vistosamente smagrito in questo lungometraggio ( sembra che perse oltre 15 kili per interpretare il protagonista) è un detective autodidatta piuttosto meticoloso, ma che, come al solito, viene messo sulla strada giusta da un'intuizione improvvisa, Adolfo Celi riveste di adeguata ambiguità un personaggio misterioso, compare un giovane Alessandro Haber dalla chioma ancora presente, e Nicoletta Elmi si conferma la bambina più sinistra del cinema italiano. Anche se qui, poverina, le tocca il destino peggiore...
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ROBA DA RICCHI ( I, 1987)
DI SERGIO CORBUCCI
Con PAOLO VILLAGGIO, LINO BANFI, RENATO POZZETTO, SERENA GRANDI.
COMMEDIA
Crepuscolo del film a episodi, in cui alcuni dei comici più in auge all'epoca della realizzazione, prendevano parte, ognuno con un segmento che li vedeva protagonisti, con un tema che accomuna tutti i capitoli: si tratta di chi fa la bella vita, e quel che vi ruota intorno. C'è Lino Banfi, imprenditore delle orecchiette pugliesi, che si sollazza sull'aereo privato con ganze giovani, che scopre che la bellissima moglie Laura Antonelli è caduta preda di un'infatuazione per un trucido menestrello, e cerca di scongiurare che la donna capitoli nelle braccia del tizio; Paolo Villaggio, assicuratore imbranato, che viene avvicinato dalla procace Serena Grandi, e coinvolto in un piano per eliminare il di lei marito riccastro Maurizio Micheli, ma le cose non stanno esattamente come presentate dalla donna all'agente assicurativo; e Renato Pozzetto, prete che si scopre identico all'uomo degli incubi della principessa Francesca Dellera, che per superare il trauma deve conoscere colui che la terrorizza nella notte e attenta alla sua virtù. Diretto senza brio da Sergio Corbucci, che, solitamente, girava cose un pò migliori del fratello Bruno, e comunque i Corbucci, per i produttori, garantivano sempre un discreto ritorno commerciale, "Roba da ricchi" è una scontatissima, fiacca, insulsa commedia divisa in tre, di cui l'episodio con Banfi è appena superiore agli altri per via del canovaccio, e del mestiere che ci mette l'attore pugliese. Ma se voleva essere una parodia del noir sia con la parte con Villaggio/Grandi (con un noioso Micheli) che con quella con Pozzetto/Dellera (forse quella recitata peggio da tutti), risulta uggiosa fino allo sbadiglio perpetuo...

lunedì 23 luglio 2018

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211- RAPINA IN CORSO  ( #211, USA 2018)
DI YORK ALEC SHACKLETON
Con NICOLAS CAGE, Michael Rainey jr., Ori Pfeffer, Cory Hardrickt.
AZIONE/DRAMMATICO
Pare che la rapina descritta da "211- Rapina in corso", realmente accaduta, sia tra le più violente e sanguinarie mai realizzate in America: dall'inizio, il film incrocia più storie parallele che andranno ad incrociarsi proprio su un evento drammatico, schema adottato molte volte, soprattutto nel genere catastrofico. Dal poliziotto d'esperienza che fa servizio con il genero, al quale hanno appena comunicato che diverrà padre, al ragazzo problematico che i servizi assegneranno alla coppia di poliziotti a mo' di corso accelerato di recupero sociale, dalla banda di rapinatori che vediamo nella prima scena compiere un massacro, all'agente speciale che da un pezzo è sulle tracce degli stessi, ogni filo andrà ad annodarsi agli altri quando si arriva al cuore drammatico del lungometraggio. Il film diretto da York Alec Shackleton non si discosta da troppe cose già viste con malviventi efferati che pensano solo a far soldi e non si fanno problemi a mandare all'altro mondo innocenti di intralcio, poliziotti che sono ad uno snodo cruciale della propria esistenza, proprio quando si ritrovano di fronte ad un evento criminoso particolarmente pericoloso, gestione sbagliata delle emergenze, e l'individualismo cronico USA che però negli stalli fa sempre saltare il banco. Per quanto si ostini a sbagliare copioni, va riconosciuto a Nicolas Cage di metterci perlomeno un pò di professionismo nei troppi titoli interpretati, spesso di mediocre qualità, come questo: tra volti di poco significato, battute retoriche, passaggi scontati e un numero spropositato di colpi sparati, considerata l'esiguità della durata del film (ottantasei minuti, per la maggior parte è una sparatoria), l'attore che un tempo vinse l'Oscar, e da anni plana in una rovinosa caduta con qualche impennata, se la cava meglio che in altre occasioni, in un film destinato quasi direttamente al video. 

domenica 22 luglio 2018

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BACIATO DALLA FORTUNA ( I, 2011)
DI PAOLO COSTELLA
Con VINCENZO SALEMME, Asia Argento, Alessandro Gassman, Paola Minaccioni.
COMMEDIA
In cerca perenne della svolta, come ogni giocatore accanito che si rispetti, il vigile Gaetano è napoletano, ma vive a Parma, ha una fidanzata sexy che però ha una relazione clandestina con il suo comandante, ed un'ex-moglie bigotta che lo affligge a livello economico: quando un giorno non gioca la combinazione che da anni puntualmente utilizza, sviene per una botta in testa, e al risveglio, scoprendo che è uscita, si dà alle spese pazze non ricordando di non essere riuscito a giocare i numeri.... L'ambientazione parmense è una delle poche cose curiose di questa commedia diretta da un regista fedelissimo del Boldi versione tarda età, Paolo Costella: per il resto, un cast di volti noti ma utilizzati maluccio, tutti piuttosto sopra le righe, mai convincenti, con poche vere occasioni di divertimento per il pubblico.  La palma del "miscast" a una spaesata e sovraccarica Asia Argento, Salemme e Gassman forse i meno peggio, ma tutti i personaggi sono irreali, in una sorta di "pieraccionata" ambientata in Emilia, ove i toni sono zuccherosi, fino allo stucchevole. Un finale apparentemente beffardo non salva un filmetto di poco sapore, buono al massimo per un dopocena soporifero.

giovedì 19 luglio 2018

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IL SACRIFICIO DEL CERVO SACRO
( The killing of a sacred deer, IRE/GB/USA 2017)
DI YORGOS LANTHIMOS
Con COLIN FARRELL, NICOLE KIDMAN, BARRY KEOGHAN, Raffey Cassidy.
THRILLER/DRAMMATICO
Cosa lega il cardiochirurgo Steven ed il ragazzo Martin, che si incontrano spesso, mentre la famiglia dell'uomo ne è all'oscuro? E perchè via via che la frequentazione si intensifica, aumentano i misteri, e qualcosa di molto sinistro comincia ad affliggere moglie e figli del medico? Premiato per la miglior sceneggiatura poco più di un anno fa al Festival di Cannes, "Il sacrificio del cervo sacro" ( il titolo rimanda alla Tragedia greca, più precisamente "Ifigenia in Aulide", riferendosi ad uno snodo cruciale) si palesa, fin da subito, come un'opera disturbante, dato che i primi minuti inquadrano un'operazione a cuore aperto. Si prosegue con un'atmosfera di minaccia che non viene mai meno, anzi, non cede ad un crescendo o ad una diminuzione, ma si mantiene perpetuamente  attiva alla stessa maniera: i carrelli che seguono o precedono i personaggi mentre camminano, le inquadrature "a uccello" dall'alto, i punti di vista apparentemente neutri che osservano gli esseri umani in scena da distanza, contribuiscono a rendere questo thriller psicologico del grego Yorgos Lanthimos un'esperienza non facile, nè per tutti. Molti recensori hanno indicato il cinema di Michael Haneke come punto di riferimento per questo titolo, ma tante cose ricordano piuttosto il Kubrick di "Shining", con effetti sonori che coprono i dialoghi, la sensazione di qualcosa di profondamente pericoloso permei l'ambiente in cui la bizzarra vicenda si svolge, e le tecniche di ripresa degli spostamenti dei personaggi, e dei dialoghi siano molto rintracciabili nel capolavoro con Jack Nicholson. A "The killing of a sacred deer", pur rimanendo un lungometraggio che colpisce netto sui nervi lo spettatore,  e un lavoro ampiamente disilluso circa la bontà della natura umana, per essere il grande film che avrebbe potuto essere, pesa la ricerca fin troppo marcata dell'effetto-sgradevolezza ( il ricatto sessuale cui sottostà la Kidman è piuttosto forzato, ad esempio), la rischiosità di alcune sequenze importanti che arrivano ad un soffio dal ridicolo (la confessione del segreto d'infanzia al figlioletto? E, nel sottofinale, come viene risolta la faccenda, più astruso non c'era verso?) e la manifesta intenzione dell'autore di voler provocare la coscienza del pubblico, facendolo sì pensare, ma attivando un'insolita sensazione di attrazione e repulsa al contempo, tanto da arrivare a pensare, che molto difficilmente si guarderà di nuovo questa pellicola. Un imploso Colin Farrell dà una stralunata, ma anche velenosa carica passiva ad un borghese che non sa reagire se non facendo ogni cosa stupida possibile, un'ancor bellissima Nicole Kidman, oltre ad affrontare spericolatamente un nudo, a cinquant'anni, sempre ammaliante, vive sottopelle ogni tensione della situazione e cerca un approccio più umano, anche se compie un ragionamento raggelante, ma la sorpresa del film è il poco visto ( ma ha girato anche "Dunkirk") Barry Keoghan, il cui sguardo tra l'infantile ed il crudele, non si dimentica facilmente. Non un titolo per anime belle: e dire che Lanthimos, nelle interviste, lo ha definito una "Black comedy". Se lo dice lui....
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LE ORE DELL'AMORE ( I, 1963)
DI LUCIANO SALCE
Con UGO TOGNAZZI, EMMANUELLE RIVA, Barbara Steele, Umberto D'Orsi.
COMMEDIA/SENTIMENTALE
Gianni e Maretta si conoscono in un'epoca di grossi cambiamenti della società italiana, la coppia classica conosce un mutamento, i giovani scoprono la bella vita, i canoni arrivati appena ad un decennio prima sulla famiglia patriarcale cominciano a diluirsi: dopo una fase frizzantina da neosposi, tra i due subentra, lentamente, lo spettro dell'incompatibilità, e se lui brontola sulle spese eccessive della moglie, e sotto sotto invidia la libertà dell'amico rimasto scapolo, che sembra spassarsela nelle nottate di città, lei soffre la distanza che lo sposo sta prendendo, e la butta sull'allegria perpetua. Anche se poi, come spesso succede, le cose sono diverse da come le si immaginano, la fatuità stucca, e una volta infranti certi equilibri, difficilissimo tornare indietro... Una commedia girata da Luciano Salce su sceneggiatura co-scritta con Castellano & Pipolo, terza collaborazione tra il regista romano ed il cremonese Ugo Tognazzi, che vuole essere una satira sui nuovi costumi della coppia italiana agli albori dell'era del boom economico: però la vena sarcastica di Salce & co. pare un pò stinta, l'atteggiamento è conservatore, e sul piano puramente umoristico, difficile trovare di che sorridere davvero. Ugo Tognazzi è stranamente poco intonato, ha la voce più alta di due ottave rispetto al solito, ed il suo personaggio risulta poco più che petulante: meglio la vivace grazia di Emmanuelle Riva, che sfuma abilmente dai sorrisi alla piega malinconica che le prende la bocca verso la conclusione del racconto. Un titolo tra i meno riusciti dell'epoca migliore di Salce.

domenica 15 luglio 2018

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LOVING VINCENT ( Loving Vincent, PL/GB 2016)
DI DOROTA KOBIELA e HUGH WELCHMAN
ANIMAZIONE
THRILLER/DRAMMATICO
Idea geniale e folle: dai dipinti leggendari di Vincent Van Gogh trarre un film d'animazione che narri l'indagine testarda del figlio di un amico del pittore olandese, non convinto della tesi del suicidio dell'artista. Sparatosi in un campo di grano, Van Gogh è la figura che aleggia su tutto il film, sia narrativamente, perchè è il motore della storia, sia visivamente, perchè tutto ciò che vediamo sullo schermo è desunto da variazioni della sua opera. Oltre cento disegnatori e pittori hanno messo mano a questo impegnativo lavoro co-diretto dalla polacca Dorota Kobiela e dal britannico Hugh Welchman, e l'impegno è stato eccellente. Semmai, da criticare è il racconto, che tende alla monotonia, che, per essere un thriller, alla fine, non avvince lo spettatore per quanto graficamente sia seduttivo ed elegante. I ritratti a olio, le mutazioni fluide che per tutti i 94 minuti della sua durata puntano a incantare il pubblico, sono veramente di qualità eccezionale, e a molti spettatori e critici questo lungometraggio è piaciuto assai, lo provano le candidature avute a diversi premi, compreso un Oscar per il miglior titolo d'animazione. Però, parlando d'arte, è bene anche, oltre che incantare gli interlocutori, accattivarne l'interesse, e facendo loro sviluppare curiosità prima non esistenti circa quella forma artistica, o quella personalità di cui ci si occupa: "Loving Vincent" ( cui manca un particolare, nel titolo, che viene chiarito solo nel finale) è una pellicola interessante, ma di qui a indicarla come capolavoro, ce ne passa.
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DUE GRAN FIGLI DI... ( Father figures, USA 2017)
DI LAWRENCE SHER
Con ED HELMS, OWEN WILSON, Glenn Close, Terry Bradshaw.
COMMEDIA
Il primo titolo scelto per questa commedia era "Bastards", ma poi la Warner Bros. ha trovato imbarazzante affibbiarglielo, ed è stato cambiato in "Father figures": e appunto di figure paterne più che altro si tratta, nella storia dei due gemelli Kyle e Peter (Owen WIlson e Ed Helms), ovviamente diversissimi fisicamente, ma ancora di più a livello caratteriale. Se il primo è uno che ha trovato il modo di spassarsela guadagnando, con la giusta app trovata e lanciata sul fiorente mercato digitale, l'altro è un medico divorziato, con figlio, che vive con angoscia la propria condizione. I due, al matrimonio della madre (Glenn Close), le chiedono chi sia il loro padre, e vengono indirizzati verso un ex-campione del football americano, ma le cose stanno diversamente: e nel viaggio alla ricerca della verità sull'identità del proprio babbo, i due consanguinei avranno modo di conoscersi meglio. Trama vista e rivista, i rapporti tra fratelli agli antipodi, idem, una pretesa commedia degli equivoci in cui si fanno spesso battutacce e riferimenti agli anni dell'amore libero vissuti dalla genitrice del duo protagonista, e naturalmente l'affondamento finale in un sentimentalismo buono per tutte le occasioni, con saluti affettuosi tra i due  gemelli finalmente davvero uniti. La sensazione, guardando "Due gran figli di..." che sia una generale marchettona è forte: infatti, numerosi volti importanti, da Glenn Close a J.K. Simmons, da Christopher Walken a Ving Rhames, compaiono per un paio di sequenze al massimo, a parte l'attrice di "Attrazione fatale", che ne ha due in più, ma non danno supporto ad una storiella esangue, in cui l'alchimia tra Owen e Helms non funziona granchè ( sulle sorti del secondo, che doveva essere il protagonista di un remake de "Una pallottola spuntata", si comincia ad essere poco fiduciosi...), la regia è incolore, e le quasi due ore di durata sembrano interminabili. Anche il titolo italiano, non aiuta: ma è il minimo difetto in questo caso.

sabato 7 luglio 2018

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ANON ( Anon, D 2018)
DI ANDREW NICCOL
Con CLIVE OWEN, AMANDA SEYFRIED, Colm Feore, Mark O'Brien.
FANTASCIENZA/THRILLER
In un futuro molto prossimo, dato il vestiario tutto sommato simile a quello di oggi ( ma tendenzialmente più elegante della media), ogni essere umano sarà modificato, e la privacy abolita, visto che di ogni altro simile incrociato, in un attimo avrà scannerizzato identità, ricordi e altro nella propria mente. Ma una giovane donna, che riesce a sfuggire a questo sistema ormai esteso a tutti, manda in crisi un detective, che deve indagare su alcuni delitti di cui si vede la mano omicida, ma non si riesce a decifrarne il volto. Andrew Niccol prosegue il proprio percorso di regista e sceneggiatore ( qui anche co-produttore) di una fantascienza che si pone questioni sull'uomo d'Oggi: si potrà dire che, in pratica, tutto il genere è una proiezione di questo, si parla di storie ambientate in un futuro, in un'altra dimensione, ma i temi sono quelli correnti. Vero, ma Niccol individua, ed è la sua maggior peculiarità, un argomento urgente, ed elabora una storia ponendo dubbi con intelligenza, come si è detto altre volte. Però, e anche questa è storia vecchia, questo autore si conferma interessante ma mai convincente davvero, perchè difficilmente i suoi film posseggono un ritmo incalzante, e non stemperano la curiosità iniziale con cadute di tono, e finali prevedibili. Nel seguire l'investigatore Clive Owen, che ha un trauma regresso, ha perso tutto e beve troppo ( un pò meno clichès, non era proprio possibile?) che si danna a cercare di capire chi sia la misteriosa ragazza che pare essere la chiave del mistero in un mondo in cui è apparentemente tutto sparato direttamente al primo impatto (un'Amanda Seyfried più affascinante del solito), lo spettatore ad un certo punto comincia a percepire la monotonia del racconto, e a prevedere il finale con un certo anticipo. Ci si aspetta sempre, da questo regista, che ormai ha più di vent'anni di carriera, un guizzo, un che di memorabile che non arriva mai, ed è un peccato: ma rischia di essere come quei buoni artisti, musicisti, pittori o quel che siano, che ti stuzzicano l'interesse ma non ti coinvolgono mai.
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ATTACCO: PIATTAFORMA JENNIFER
( North Sea Hijack, GB 1979)
DI ANDREW V. MCLAGLEN
Con ROGER MOORE, Anthony Perkins, James Mason, Michael Parks.
AZIONE
Travestiti da giornalisti recatisi sulla piattaforma petrolifera per un servizio, un gruppo di terroristi prende possesso del prezioso sito di proprietà britannica, nel Mare del Nord: dato che il capo del commando (Anthony Perkins) ha minacciato di far esplodere il posto, ed un'altra piattaforma vicina,  se il governo di Sua Maestà prova a debellare gli attentatori, viene interpellato uno scozzese esperto di immersione subacquea (Roger Moore), ricco, eccentrico, fissato con i gatti, che mantiene in addestramento perpetuo una squadra di sommozzatori da assalto, per provare a ribaltare la situazione, affiancandolo ad un ammiraglio (James Mason). L'anno precedente, con Roger Moore, il professionale Andrew V. McLaglen aveva girato un buon successo come "I quattro dell'oca selvaggia", e provò a bissarne il risultato con questo thriller che ripropone una situazione di stallo, con strategia di disinnesco non ufficiale, come abbiamo visto svariate volte al cinema. Molto meno violento del titolo precedente del regista, "Attacco: piattaforma Jennifer", al di là delle pennellate sulla particolarità del personaggio principale, è un film d'azione abbastanza piatto e scontato, con poca verve e qualche lentezza di troppo, pure nelle scene decisive del climax conclusivo. Moore, con barbetta e meno piacioneria di quando fa Bond, ci mette mestiere ma nulla più, così come le co-star Perkins e Mason, con quest'ultimo piuttosto sottotono rispetto ad altre prestazioni del periodo. Il film ironizza, ovviamente, sull'avere un premier donna ( sono gli anni della Thatcher), data l'impronta maschilista del cinema del regista, spesso senza donne in scena, o messe molto ai margini come qui. Visto oggi, pare una media produzione televisiva invece che un kolossal, come venne presentato all'uscita.

mercoledì 4 luglio 2018

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RAMPAGE- Furia animale ( Rampage, USA 2018)
DI BRAD PEYTON 
Con DWAYNE JOHNSON, Naomie Harris, Malin Akerman, Jeffrey Dean Morgan.
FANTASCIENZA/AZIONE
Un lupo che vola? Un coccodrillo che si arrampica su un grattacielo? Un gorilla albino che "fa il dito"? Se non vi è mai capitato di vederli, "Rampage" è il film che vi toglierà questo sfizio: in più, tali creature sono giganti e aumentano di volume gradualmente. Con risultati, è chiaro, devastanti: per chi è stato ragazzo negli anni Ottanta, ha visto le tre creature, probabilmente, nel videogame omonimo, e ci ha pure giocato, nei bar o nelle sale giochi che lo ospitavano. Dato che Dwayne Johnson si sta specializzando in film in cui la distruzione è il leit-motiv, apportando quel tantino di ironia che gli va riconosciuta, e fungendo da attiraspettatori, quando esce un pompatissimo kolossal con l'ex-campione di wrestling sappiate a cosa andate incontro. Comunque sia, il gigante di sangue hawaiaano sta diventando il Charlton Heston dei nostri giorni, e come il divo di "Ben-Hur" si ritrova continuamente in avventure spropositate, ad alto tasso di spettacolarità, come a esponenziale livello di improbabilità. C'è da dire che, rispetto a becerate con Nicolas Cage, o Vin Diesel e altri, come si diceva prima, nei film con Johnson c'è sempre almeno un briciolo di autoironia, il che stempera un pò l'effetto balordo che questi titoli suscitano. Condotto dal Brad Peyton che già disfece una metropoli in "San Andreas", questo film va avanti a gradi di fracasso, con l'eroe che si pone dilemmi morali circa l'eliminazione delle creature rese mostruose da esperimenti mal gestiti dai soliti militari e scienziati arroganti e incapaci, un uomo dei servizi che pare una carogna ed invece (sorpresona!) si dimostrerà un alleato impensato, con lotta finale dei tre mostri a tirar giù palazzi, strade e altro. Se volete l'azione, ce n'è eccome, ma come tutte le cose, se non viene compensata con altro, può stuccare e dare un bel pò di nausea...

lunedì 2 luglio 2018

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NELL'OMBRA DI UN DELITTO ( Exposed, USA 2016)
DI DECLAN DALE ( GEE MALIK LINTON)
Con ANA DE ARMAS, KEANU REEVES, Christopher McDonald, Mira Sorvino.
THRILLER
In una stazione della metropolitana è successo qualcosa di poco chiaro: un poliziotto è stato ucciso, e l'unica che potrebbe sapere qualcosa di rilevante è una giovane sudamericana, che vive con la famiglia del fidanzato, militare in Iraq. Segue la vicenda il poliziotto che era partner dell'ucciso, ma le strade parallele dell'investigatore e della testimone paiono correre vicine, ma non riescono ad incrociarsi. Finchè non viene fuori che c'è qualcosa di nascosto, e che il morto non era una personalità cristallina.... Presentato al festival di Cannes nel 2016, ma incappato in non poche contorsioni distributive, al punto da cambiare titolo ( l'originale era "God daughter") e far sì che il regista abbia firmato il lavoro con uno pseudonimo, "Nell'ombra di un delitto" è un thriller con qualche accenno soprannaturale, che da noi non ha avuto distribuzione cinematografica. In effetti, la sceneggiatura, che vorrebbe essere allegorica, e probabilmente narrare una sorta di apologo parareligioso con ambientazione nei "bassi" di una grande città americana, è pastrocchiata alquanto, ed il preteso colpo di scena che dovrebbe, nelle intenzioni, lasciare a bocca aperta lo spettatore, è prevedibilissimo, scontato, già visto più volte. Inoltre, Declan Dale/Gee Malik Linton dissemina diverse sottotrame ( gli scontri del micromondo delinquenziale frequentato da alcuni personaggi della pellicola), i patemi d'animo del poliziotto sopravvissuto, che lasciano il tempo che trovano, ed appesantiscono soltanto la storia. Per cui, si segue con un crescente senso di irritazione un lungometraggio che, invece di limitarsi a mettere su una narrazione basata sulla suspence, abbozza vari, seriosi, accenni, senza dire nulla di particolarmente nuovo, o incisivo. Keanu Reeves vaga con l'aria smarrita o insofferente, Ana De Armas è graziosa, ma ha a che fare con un personaggio pretestuoso e incolore, nonostante i drammi che vive. 

domenica 1 luglio 2018

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JURASSIC WORLD- IL REGNO DISTRUTTO
( Jurassic World: Fallen Kingdom, USA 2018)
DI JUAN ANTONIO BAYONA
Con CHRIS PRATT, BRYCE DALLAS HOWARD, Isabella Sermon, Rafe Spall.
FANTASCIENZA/AVVENTURA
Il risultato commerciale di "Jurassic World" nel 2015 era stato clamoroso, e probabilmente oltre le già robuste aspettative dei produttori, dato che la prima trilogia aveva conosciuto ottimi incassi, ma era stata una parabola discendente nell'impatto al botteghino: il pezzo centrale di questo nuovo trittico, che si concluderà nel 2021, nonostante l'ingente somma per produrlo, 170 milioni di dollari, a quota 820 ha già abbondantemente ripagato lo sforzo dei finanziatori ( e ha ancora tempo per sfondare quota miliardo, senza tener conto del merchandising collegato...). Affidato a J. A. Bayona, regista di "28 settimane dopo", il quinto film della serie tratta dal romanzo originario di Michael Crichton ha un prologo di buon livello, che riporta la suspence dell'acchito spielberghiano: e la tematica del rischio della troppa disinvoltura dell'Uomo circa l'azzardo scientifico-tecnologico, e l'avidità come metro di gestione di tutto, libera da freni morali, è una buona metafora della società odierna. Però la sceneggiatura procede per salti di logica clamorosi: personaggi che in una manciata di secondi si ritrovano salvi a stento su una spiaggia, poi subito dopo su un'altura, e un attimo di seguito di corsa a saltare su una nave che abbandona Isla Nublar, oppure il concitato finale in cui ci si deve salvare dall'attacco del nuovo dinosauro da laboratorio, l' Indoraptor, che viaggia per ellissi e tira parecchio via dal punto di vista del possibile, e altri scivoloni ancora. Poi, va bene che l'atmosfera, per quanto riguarda la paura al cinema, paga sempre più dell'effettaccio, e non era richiesta una tendenza più splatter, ma che il target di questa operazione è il pubblico prepuberale lo dimostra che si assiste a varie uccisioni da parte delle creature preistoriche, senza una goccia di sangue in scena. Spettacolare, e con qualche idea di regia niente affatto male, vedi la drammatica partenza da Isla Nublar con il brontosauro che grida mentre la lava avanza, ma più di una volta si prova la sensazione di dejà-vu, soprattutto nella seconda parte. Per quanto riguarda il cast, brevissimo ma di peso il cameo di Jeff Goldblum.