venerdì 10 marzo 2017

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LOGAN- The Wolverine ( Logan, USA 2017)
DI JAMES MANGOLD
Con HUGH JACKMAN, Dafne Keen, Patrick Stewart, Boyd Holbrook.
FANTASTICO/AZIONE
2029: Wolverine è invecchiato, zoppica, vive in un silos abbandonato accudendo il novantenne professor Charles Xavier, affetto da Alzheimer, e non più capace di controllare il potere psichico che possiede. I mutanti non ci sono più, e Logan vive facendo l'autista a noleggio ( ma se provocato, è ancora pericolosissimo, come dimostra la scena iniziale), ma quando una messicana lo avvicina, chiedendogli di proteggere la sua bambina, le cose sono destinate a cambiare: anche perchè la piccola sembra avere più di un punto in comune con l'artigliato frutto di una mutazione e di innesti tecnologici.... Secondo episodio diretto da James Mangold della trilogia "solista" del più amato degli Uomini X, "Logan" svia dal consueto canone spettacolar-familiare del Marvel Cinematic Universe per un racconto con sapori western, molto più violento del solito (la differenza sostanziale è che la macchina da presa stavolta inquadra ciò che prima ometteva, con i risultati delle "unghiate" di Wolverine). Road-movie su una caccia a una minoranza, in cui curiosamente, per un film pensato, scritto e realizzato mesi prima della svolta trumpiana degli USA (lo sguardo deplorante ai clienti che inneggiano ubriachi "U-S-A! U-S-A!" al confine messicano, dice tanto), si può già parlare di un sarcasmo acido verso la provincia profonda, e le istituzioni militari, le più ultraconservatrici in America, il film porta ad un grado più adulto, soprattutto per quel cui accenna e dice, tra le righe, il livello del cinema tratto dai fumetti di supereroi, così come ha fatto Christopher Nolan con Batman. La tonalità è quella, più matura e amara, analoga per certi versi a quello che si prospetta per Luke Skywalker nel prossimo "Star Wars": perchè non è concessa fuga o pace agli eroi, e non c'è minaccia o guerra che non raggiunga il senso di responsabilità degli stessi. Hugh Jackman si accolla buona parte della riuscita del lungometraggio, con una riproposizione sofferta di un personaggio cui deve molto, senz'altro: nei duetti malinconico-ironici con Patrick Stewart c'è un senso di affettuosa nostalgia, cui però "Logan" dedica lo spazio giusto, coinvolto in una storia di sopravvivenza e di disprezzo per la prepotenza delle non-minoranze, adeguata a un momento storico affatto rassicurante. 

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