lunedì 23 aprile 2018

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THE DISASTER ARTIST ( The disaster artist, USA 2017)
DI JAMES FRANCO
Con JAMES FRANCO, DAVE FRANCO, Seth Rogen, Alison Brie.
COMMEDIA
"Solo in America" è uno slogan, ma esprime bene un concetto: una storia come quella raccontata in "The disaster artist" sarebbe difficile da far passare come verosimile in Europa. Di scena c'è una coppia di aspiranti artisti, Tommy Wiseau e Greg Sestero, che si mettono in testa di realizzare un film, confidando in una sceneggiatura firmata dal primo, con cinque milioni di dollari di budget: accadeva a fine anni Novanta a Hollywood, e, come il lungometraggio mostra, Wiseau sfoderava un accento dell'Est europeo, si mostrava preso dal sacro fuoco della creatività e tormentava chiunque sul set con bizze, capricci e giocando a far saltare i nervi di troupe e cast. "The Room", il film che ne venne fuori, è stato classificato come uno dei più brutti mai girati, tanto da meritarsi di diventare un vero e proprio oggetto di culto per gli americani, e da noi mai arrivato. In questo contesto, fioccano le partecipazioni, a volte brevissime, vedi quella di Sharon Stone, di volti celebri del cinema, ed i fratelli Franco coprotagonisti a dar volto agli amici Wiseau & Sestero, con qualche reazione del primo che dice, e non dice, su un'altra natura del loro rapporto: la proiezione della prima che chiude la pellicola rimanda nettamente alla conclusione, analoga, di "Per favore, non toccate le vecchiette", con un inaspettato risultato circa l'audience. Franco regista ricostruisce bene sia l'ambiente cinematografico lontano dai colossi degli Studios, e, come mostra sui titoli di coda, ripete alla perfezione le scene originali del "film disastroso". Però da attore, pur alle prese con un personaggio istrionico, va un pò troppo sopra le righe per non stancare, nonostante il Golden Globe assegnatogli: meglio il più misurato Dave, se proprio si deve fare un confronto. Come per molti altri titoli sul "fare il cinema", difficile che gli arrida un successo di pubblico maggiore di quello riscontrato presso la critica: anche perchè, per essere una commedia, non diverte mai a fondo. Meglio, semmai, come lavoro sulla cinematografia come mondo di lavoro, e sull'artigianalità dei meccanismi della  produzione e sull'ambiente in cui si creano le immagini da inviare agli schermi. 

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