domenica 11 febbraio 2018

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TRE MANIFESTI A EBBING, MISSOURI
( Three billboards outside Ebbing, Missouri, USA 2017)
DI MARTIN MCDONAGH
Con FRANCES MCDORMAND, Sam Rockwell, Woody Harrelson, Caleb Landry Jones.
DRAMMATICO
Ebbing non esiste, in Missouri: è una località fittizia, ma può essere una delle tante della profonda provincia americana, a Sud, quella che nei giornali viene indicata come una delle risorse fondamentali per la vittoria di Donald Trump alle ultime elezioni USA. Una donna carica di livore e sfiduciata presso le istituzioni, dopo che la figlia è stata violentata e uccisa, affitta tre grandi cartelli, su una strada, in cui chiede ragguagli allo sceriffo del posto, circa il mancato evolversi delle indagini. Da qui parte un ritratto a tinte marcate di un luogo che è un angolo d'America, ma che ne spiega alcune particolarità in maniera molto esemplare. Una cultura forgiata sulla prova di forza perenne, come in una jungla, in cui non ci si deve lasciar sopraffare da nulla, che siano fatti concreti o in prospettiva. In cui un poliziotto scaraventa una persona giù dalla finestra di un primo piano, e successivamente torna in ufficio con i piedi appoggiati alla scrivania, come se fosse stata ordinaria amministrazione quel che ha appena compiuto. Al terzo film diretto, Martin McDonagh, venuto dalla Gran Bretagna, con radici irlandesi, azzecca tonalità e cura nel lavorare i dettagli dei personaggi, senza alcun manicheismo: quasi ogni personaggio, per quanto negativo, ricco solo di rancore e tendenzialmente vuoto dentro, ha un momento di ceduta al sentimento, o alla tenerezza, che ne umanizza non poco l'essenza. E il quadro d'insieme, con diversi momenti violenti, è un'analisi senza retorica e mordace di un mondo teoricamente sviluppato, ma in realtà retrogrado, e talmente affondato nell'ignoranza, da sembrare ingenuo, nel quale le parole di un uomo morto possono imprimere una svolta nei comportamenti anche più riprovevoli. Un cast ben nutrito è tutto da lodare, ma la palma (e, si spera, finalmente, l'Oscar) al migliore in campo è per Sam Rockwell, interprete senza paura di caratteri negativi e complessi, qui impegnato nel carattere più arduo da rendere, dato che allo spettatore deve far provare prima la rabbia, poi la compassione. 

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