domenica 4 febbraio 2018

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CHIAMAMI COL TUO NOME (Call me by your name, I/F/BR/USA 2017)
DI LUCA GUADAGNINO
Con TIMOTHEE CHALAMET, ARMIE HAMMER, Michael Stuhlbarg, Amira Casar.
Quattro candidature agli Oscar pesanti (film, attore protagonista a Chalamet, sceneggiatura non originale, canzone), tre ai Golden Globes, e un'altra salva poderosa di nominations a tanti premi di vario calibro, e una pioggia torrenziale di acclamazioni dalla critica: di fronte a così alti lai, viene quasi da imbarazzarsi a esporre una sostanziale perplessità di fronte a questo grande successo internazionale firmato da Luca Guadagnino. Estate 1983, nei dintorni di Crema: la famiglia di un professore universitario, benestante, ospita in ogni periodo estivo uno studente straniero per dargli mano nella tesi dopo il dottorato, e quell'anno giunge l'americano Oliver, aitante e disinvolto, che infiamma i desideri di molte ragazze in paese, ma sarà con il figlio del professore, diciassettenne, che la passione si scatena, dopo qualche attrito. Si narra di attrazione irrefrenabile e vampate di sentimento, l'erotismo, nel cinema del regista siciliano, abbonda e trasuda da inquadrature e sguardi, anche quando niente o quasi si mostra, in concreto, e comunque ci sono sequenze in cui il sesso si manifesta più libero ( sarà curioso di scoprire come lo infilerà nella "sua" versione di "Suspiria" che vedremo il prossimo anno), di una crescita e di un incontrare la propria vera identità. Guadagnino, su una sceneggiatura di James Ivory tratta dal romanzo omonimo di Andrè Aciman (il progetto iniziale contemplava un tandem con il regista inglese per dirigere questa pellicola), mostra di saperci fare con il cinema, e questo ormai è assodato: però, a parte il disperdersi della storia per due ore che potevano essere ridotte di trenta minuti almeno, perchè più volte si ha la sensazione che il film ci metta troppo a dire quel che vuole esprimere, quanto autocompiacimento, quanto elitarismo in questa famiglia "illuminata" che nel 1983 accetta con entusiasmo la situazione creatasi ( ma a inizio anni Ottanta? Senza un minimo stupore o dubbio? Mah, con tutta l'apertura mentale, non pare probabile...), che dialoga in quattro lingue, si crogiola in intellettualismi anche a tavola, in cui si parla del governo Craxi mettendo di mezzo Bunuel.... Aggiungiamo un paio di cadute tipo la sequenza della pesca ( è la versione melò di quella della torta di mele di "American pie"?) e certe bucoliche corse sull'erba, una che balla per strada sulle note provenienti da un'autoradio: la storia dell'attrazione, quando sta sul delicato e viaggia per accenni e promesse, funziona al meglio, ma quando le cose si fanno esplicite, comincia ad incepparsi. Un cast ben diretto, soprattutto al maschile ( anche perchè ad Amira Casar, che interpreta la madre del giovane protagonista, cos'hanno scritto in sceneggiatura, "bella signora che fuma"?), non basta a convincere del tutto a proposito di un film che, infine, è una storia d'amore vista con quel tanto di disincanto che serve a sottolineare il sostanziale cinismo del più adulto dei due coinvolti, e dei primi lividi del cuore del più giovane. 

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