mercoledì 22 settembre 2021


 
18 REGALI (I, 2020)

DI FRANCESCO AMATO

Con VITTORIA PUCCINI, BENEDETTA PORCAROLI, Edoardo Leo, Sara Lazzaro.

DRAMMATICO 

Una visita di controllo certifica alla futura mamma Vittoria Puccini il buono stato di salute della bimba che ha nella pancia, ma le rivela che lei è invece minata da un cancro che non lascia speranza alcuna: nella tremenda condizione della gioia della gravidanza ferita dalla consapevolezza che probabilmente non vedrà nemmeno la sua piccola, la giovane donna prepara diciotto regali da dare all'erede per ogni compleanno, finché non arriverà appunto alla maggiore età. Su uno spunto tratto da una storia purtroppo realmente accaduta, il torinese Francesco Amato realizza un film che sta su due piani narrativi paralleli, ma complementari: ci fa incontrare la ragazza cui è destinata la singolare "eredità" che dà il titolo alla pellicola proprio a un passo dal compimento del diciottesimo anno di età, ce la mostra rancorosa, in tensione con il padre, intraprendere una sorta di fuga da casa, ma nella stessa sera ha un incidente, che le fa incontrare la donna che l'ha partorita. Allo sbigottimento della fanciulla fa eco la preoccupazione della sua genitrice, che non la riconosce e vive la gravidanza e gli ultimi mesi di vita con determinatezza e comprensibile agitazione. Il trucco narrativo c'è, e si intuisce abbastanza presto, anche se la regia sembra non voler decidersi a scoprire le carte: il film non è ricattatorio, e gli va riconosciuto, e non usa ogni mezzo per arrivare all'effetto lacrima, come si poteva subodorare leggendo il soggetto. Però se Vittoria Puccini fornisce una buona interpretazione, misurata e onesta, meno bene figura Benedetta Porcaroli, emersa nella serie "Baby" su Netflix, piuttosto monocorde nel ruolo tuttavia non semplice della figlia carica di rabbia, né, questa volta, convince appieno un buon interprete abituale quale Edoardo Leo: meglio figurano attori in ruoli di contorno come Marco Messeri, che interpreta il padre della protagonista. Il film, quarta regia di Amato, evita di piazzare "trappole" lacrimogene, vuole probabilmente raccontare una parabola di vita fondandola sulla speranza che questa, nel suo rinnovarsi, sconfigga il fato spesso ingiusto che porta dolore: tutte buone intenzioni, che non sempre portano a risultati completamente apprezzabili.






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