UN TASSINARO A NEW YORK ( I, 1987)
DI ALBERTO SORDI
Con ALBERTO SORDI, Anna Longhi, Dom De Luise, George Gaynes.
COMMEDIA
"Il tassinaro" fu l'ultimo grande successo commerciale di Alberto Sordi come star unica di un film: vero, andarono bene anche "Troppo forte", "L'avaro" e "Vacanze di Natale 91", ma in questi titoli Albertone o era un comprimario di lusso, oppure, comunque, come per film di Cervi, benchè il pubblico abbia risposto positivamente, le vette delle classifiche degli incassi rimasero a distanza. Quattro anni dopo il film che vedeva il tassista Pietro Marchetti, uomo del popolo, vivere una Roma cambiata in diversi aneddoti, lo stesso personaggio viene infilato in un sequel nel quale lui e la moglie vanno a New York, poi a Miami, a trovare il figlio che studia laggiù: per l'appunto, la sera prima di partire, l'ultima corsa di Pietro lo vede testimone dell'omicidio di un facoltoso politico, e i mafiosi che sono dietro al misfatto lo seguono anche in America. Sono impressionanti la pochezza di questo film, la non capacità di suscitare un minimo sorriso, la grossolanità di un personaggio che punta tutto su una "raccomandazione" per il figlio, come fosse un valore positivo, ma quel che sbalordisce, letteralmente, è come sbaglia i tempi recitativi un fuoriclasse come Sordi. Passi per la regia, si sa che quando passava dietro la macchina da presa, il grande attore tirava fuori una retorica ultraconservatrice goffa e arcaica, ma che non azzecchi un'espressione, un gesto, un'intonazione, lascia attoniti. Tra noia e scene messe insieme in maniera arruffata, vedi la presunta gag con George Gaynes che intona "Arrivederci Roma", scivolano lentamente i siparietti tra Sordi e Anna Longhi, a suon di "spaghetti & tomato" e tra il protagonista e regista e Dom De Luise sull'onda di "Stai senza pensieri": un filmetto superfluo, tendente al patetico, con un'ottica vetusta. Se si vuol bene a Alberto Sordi, meglio risparmiarselo.
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