giovedì 8 marzo 2018

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A CASA TUTTI BENE  ( I, 2018)
DI GABRIELE MUCCINO
Con STEFANO ACCORSI, PIER FRANCESCO FAVINO, SABRINA IMPACCIATORE, Carolina Crescentini.
DRAMMATICO
Nelle interviste di presentazione alla stampa del suo nuovo titolo, Gabriele Muccino ha parlato di "un ritorno a Itaca", dato che "A casa tutti bene" è ambientato quasi completamente, a parte i minuti iniziali, e quelli finali, a Ischia: in cui una famiglia di ristoratori, persone abbienti, si riunisce per celebrare le nozze d'oro dei padroni della villa in loco di proprietà della casata. Accorrono figli, nuore, generi, cugini, nipoti, sorelle: a causa di una permanenza protratta per la cancellazione dei traghetti, per via del maltempo, l'atmosfera festosa del ritrovo è via via incrinata da problemi, attriti e conflittualità, nonchè bugie, dei partecipanti. Ognuno con il proprio grumo di rancore, falsità, ipocrisia covato dentro. Reduce, appunto, da tre lungometraggi prodotti negli USA, più un sequel del suo più grande successo, e un altro lavoro ambientato in America ma realizzato con produzione nostrana, Gabriele Muccino, gli va dato atto, è uno che sa lavorare con la macchina da presa, e non è da tutti essere "sopravvissuto" a Hollywood. Però i difetti tipici del suo cinema ritornano, immutabili: se "L'ultimo bacio" era stato un film-fenomeno per aver fotografato la tendenza a procrastinare una giovinezza infinita e tardare a prendersi una qualche responsabilità familiare di una generazione, troppo spesso il regista romano tende a sovraffollare i propri lungometraggi di troppi personaggi, che finiscono per essere raccontati superficialmente, e ridotti a stereotipi. E i momenti riusciti del film, il dialogo smozzicato tra gli ex-coniugi Valeria Solarino e Pier Francesco Favino, gli attimi di spaesamento dall'ammalato di Alzheimer Massimo Ghini, lo sfogo della di lui moglie Claudia Gerini, non compensano il corteggiamento smielato tra Stefano Accorsi e Elena Cucci, gli stupori ipocriti della padrona di casa Stefania Sandrelli, le perenni sfuriate della moglie possessiva Carolina Crescentini. E' un peccato, perchè se si facesse aiutare a limare i sovraccarichi e a liberare le sceneggiature di frasi teoricamente destinate a restare, ma invece perse in un effluvio di parole, Muccino sarebbe anche in grado di realizzare buoni film. Ma così, continua a proporre a profusione personaggi irrisolti, che, a conti fatti, tali rimangono, e poco ci hanno trasmesso.

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