martedì 20 marzo 2018

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IL GIUSTIZIERE DELLA NOTTE ( Death wish, USA 1974)
DI ELI ROTH
Con BRUCE WILLIS, Vincent D'Onofrio, Camila Morrone, Elizabeth Shue.
THRILLER
Quando ricevette la proposta di interpretare Paul Kersey, l'ingegnere dalle idee progressiste che si tramuta in un killer di malviventi dopo che gli è stata distrutta la famiglia da alcuni delinquenti, Paul Newman rifiutò disgustato, affermando che mai avrebbe interpretato un ruolo così reazionario: come sappiamo, Charles Bronson ha interpretato poi il personaggio ne "Il giustiziere della notte" e nei suoi quattro sequel, oltre a riproporre un vendicatore senza pietà in molti ruoli in tarda età. Questo remake se lo sono "rimbalzato" in molti, a partire da Sylvester Stallone che aveva annunciato che avrebbe diretto ed interpretato la nuova versione della storia tratta dal romanzo di Brian Garfield, per poi finire assegnando a Bruce Willis la parte principale, ed a Eli Roth la regia: straniante che un cineasta responsabile di uno dei film più dichiaratamente di sinistra del nuovo millennio, come "Hostel", il quale era una truculenta, e meno rozza di quanto volesse apparire, metafora del capitalismo quando ormai non ha più freni e opposizione, si ritrovasse a dirigere un lungometraggio che anche solo venticinque anni fa avrebbe conosciuto come minimo l'avversione da parte della stampa più "liberal". Diciamolo, "Il giustiziere della notte" versione Bronson/Winner era proprio un brutto film, tronfio di retorica destrorsa e invocante la giustizia privata come unico metodo di sopravvivenza, la strada come una jungla o un ultimo Far West: al di là della presenza iconica del baffuto Charles, la saga era andata di male in peggio, aumentando la dose di violenza e il numero di morti in scena. Sceneggiato da Joe Carnahan, che è un regista e scrittore di cinema sottostimato (perlomeno "Narc" e "The Grey" sono titoli di prim'ordine), "Death wish" 2018 è meno cruento di quanto ci si possa aspettare da Roth ( c'è un delitto splatter, in officina, ma la macchina da presa inquadra solo per un attimo le conseguenze delle azioni di Kersey/Willis), cambia la professione del protagonista da ingegnere a chirurgo, ed elimina le pesanti scene di stupro dell'originale: sebbene appaia improbabile che in un'era in cui, tra telefoni che passano le immagini in diretta in Rete, e tra videocamere perennemente accese sul mondo, un giustiziere che spara a chi delinque per strada possa farla franca così agilmente, il paradosso che vede Willis eliminare teppisti nella pubblica via, e cercare di salvare vite umane in sala operatoria era interessante, ma la regia non lo sviluppa. E sul punto di vista del film, pur dimostrando comprensione per il furore vendicativo di Kersey, va a finire che viene espressa una certa perplessità sulle sue azioni: e pensare che sui social network a volte si respira anche più fervore circa la "giustizia privata".

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