SUSPIRIA ( Suspiria, I/USA 2018)
DI LUCA GUADAGNINO
Con DAKOTA JOHNSON, Tilda Swinton, Mia Roth, Angela Winkler.
HORROR
Riprendere un titolo di culto, che vanta appassionati tra i cinefili in tutto il mondo, era materia assai delicata: "Suspiria", che nel 1977 rappresentò la prima escursione nell'horror puro per Dario Argento, che con il genere aveva flirtato ma mai pienamente fino ad allora, ha oggi una rilettura firmata da Luca Guadagnino, su sceneggiatura di David Kajganich, che ha già scritto per il regista uno dei suoi lavori migliori, "A bigger splash". Non è un remake, che sarebbe stata la via più facile da prendere, ma una vera e propria rivisitazione, sul canovaccio preesistente: se il film argentiano era ambientato più o meno nel '77, ma, esclusa l'apertura in aeroporto, e un paio di sequenze in esterni, poteva benissimo essere un racconto che si svolgeva nel secolo precedente, qua la collocazione è molto specifica. Nella Berlino mostrataci infuria la tensione, la banda Baader-Meinhof di lì a poco perde i componenti ufficialmente suicidatisi, e la scuola di danza "Helena Markos" sorge vicino al muro che divide in due la città: lì arriva Susy Bannion dall'America, e impressiona da subito le insegnanti per la passione e per la foga con cui esegue le danze per cui è celebre l'accademia. In parallelo, l'anziano psicanalista Josef Klemperer, dapprima scettico, indaga su quel che gli ha raccontato l'allieva Patricia, di cui ha conservato il diario, dopo che la ragazza pare sparita nel nulla, a proposito delle troppe stranezze gravitanti attorno alla "Helena Markos". E' un film dell'orrore per adulti, il "Suspiria" di Guadagnino, un'opera complessa e a più chiavi di lettura, che mette in scena, delle streghe che forse rappresentano un concetto di Sinistra ( ideali contro lotta armata), e legami che emergono irrefrenabili in un contesto completamente al femminile ( l'unico personaggio maschile di rilievo, il dottor Klemperer, è anch'esso interpretato da una Tilda Swinton straordinaria, in tre ruoli): nel lungo lavoro del regista siciliano, che passa le due ore e mezzo di proiezione, ma avvince, se si entra nel meccanismo, per tutta la sua durata (la parte più debole è quella in cui si tirano le somme, lo showdown che è un delirio di sangue), e narra come si assomiglino i tanti tipi di malvagità umane, in nome della conservazione di ogni forma di regime. Quanto il "Suspiria" argentiano era un'opera d'arte barocca e scollegata dal reale, tanto questa rivisitazione è collocata in un contesto che tiene conto delle perversioni della Storia: eppure, al cospetto di ferocia, cattiveria e tendenza all'annichilimento dell'uno verso l'altro di tanti personaggi, il film si chiude sulla considerazione, imprevista e di puro sollievo, e qui una novella d'orrore cangia in un apologo spietatamente morale, che, infine, è l'esperienza dell'Amore provato e riuscito ad esprimersi, quello che resta di noi.
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