NATALE A 5 STELLE ( I, 2018)
DI MARCO RISI
Con MASSIMO GHINI, Ricky Memphis, Martina Stella, Paola Minaccioni.
COMMEDIA
Il primo "cinepanettone" pensato per una piattaforma on demand esce, in pratica, in parallelo al prodotto DOC che esce nelle sale, e rimette insieme, per la prima volta dopo tredici anni, la premiata (dagli incassi) coppia Boldi&De Sica: "Amici come prima" ha ottenuto buone cifre, anche se, com'era prevedibile, i numeri alti dei tempi in cui i vari "Natale sul Nilo" e "Bodyguards" viaggiavano in vetta, sono solo ricordi. Pare che anche "Natale a 5 Stelle", che si ispira al britannico "Out of order", sia stato visto da molti degli abbonati del colosso digitale: originariamente destinato alla regia di Carlo Vanzina, su soggetto del fratello Enrico, dopo la scomparsa del regista, è passato nelle mani di un altro director, figlio d'arte, Marco Risi. Se l'idea era di girare una pochade al tempo dei grillini al governo, la commediola, che schiera un cast composto di volti noti agli aficionados del genere, con Massimo Ghini, Ricky Memphis, Martina Stella, Riccardo Rossi, Paola Minaccioni, butta là qualche accenno alla politica, ma blandissimo, con lo spunto della relazione segreta tra un premier del Movimento e un'esponente del PD. In pratica, l'azione si svolge quasi per intero in una stanza, a mò di pièce teatrale, con equivoci, gaffes, apparizioni improprie, rischi di sputtanamento, mogli che capitano all'improvviso e amanti da nascondere nell'armadio: niente di nuovo sullo schermo, gags che potevano risultare vagamente divertenti decine di anni fa, riciclate senza particolare verve, nè battute che rimangano in mente. Marco Risi era più a suo agio fuori dal registro brillante, vedi "Soldati-365 all'alba", e il dittico "Mery per sempre"/"Ragazzi fuori", e qui si limita a una vera e propria regia di servizio: nel cast, recitazione sovreccitata per tutti, con un inusitato Ricky Memphis oggetto del desiderio dei principali personaggi femminili, in piena fregola. Senza rivolgergli strali fin troppo accaniti, come è capitato di leggere nell'ormai consueto teatro di guerra virtuale quali sono diventati i social network, un'operazione di una certa insulsaggine.
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