mercoledì 31 ottobre 2018

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DAI SBIRRO ( Adieu poulet, F 1975)
DI PIERRE GRANIER-DEFERRE
Con LINO VENTURA, PATRICK DEWAERE, Claude Rich, Victor Lanoux.
POLIZIESCO
Sceneggiato da Francis Veber ( da qui gli ammicchi ironici da commedia), da un romanzo firmato Raf Vallet, musicato da Philippe Sarde, "Dai sbirro" è un polar che potrebbe fare il verso ai buddy-cop movies americani, in cui al centro della storia c'è una coppia di poliziotti molto diversi tra loro, che però si sostengono a vicenda e potenzialmente vengono a capo di intrighi e misfatti, contro ogni apparenza. Qua ci sono il duro per tutte le stagioni Lino Ventura, e il giovane scanzonato e nevrotico Patrick Dewaere, a indagare sulla morte di un collega, intervenuto a controllare una banda di picchiatori fascistoidi assunti da un candidato alle elezioni. C'è la politica di mezzo, e quindi inciampi e sabotaggi come piovessero, tanto da togliere l'indagine al poliziotto vecchio stampo Ventura, che a suon di ceffoni tira fuori quel che vuol sapere, ma ha un senso di giustizia notevole: la frase finale, in originale ("Adieu, poulet!") dà il titolo alla pellicola, ed è il saluto del vecchio sbirro al collega più giovane, l'uscita di scena a testa alta che caratterizza un personaggio la cui dignità non è mai messa in discussione, e preferisce stare dalla parte dei più deboli. Il film poteva essere meglio, Granier-DeFerre non sembra mai voler dare un'impennata al racconto, ma la coppia di attori protagonisti è ben combinata, con il giovane Dewaere che purtroppo si uccise, qualche anno dopo. Di suo, Ventura garantiva sempre un apporto da attore misurato, con un volto "comune" ed un carisma soffuso che conquistava puntualmente l'attenzione.
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PREGA PERCHE' PIOVA ( Pray for rain, USA 2017)
DI ALEX RANARIVELO
Con ANNABELLE STEPHENSON, Jane Seymour, Nicholas Gonzalez, James Morrison.
THRILLER
Una giovane giornalista di moda torna alla fattoria natìa, dopo la morte tragica del padre in un incidente: il sospetto è che il passaggio a miglior vita del genitore non sia accidentale, e forse causato da qualcuno. Sulla zona ci sono troppi interessi, gli agricoltori sono osteggiati da aziende che vorrebbero acquistare i terreni, e una gang di picchiatori minaccia apertamente chi non vuole cedere alla vendita forzata delle proprietà. Arrivato direttamente su Netflix da noi, "Prega perchè piova" è un thriller che tocca argomenti non privi di interesse, e un pò atipici nel cinema americano degli ultimi quarant'anni, come la vita nelle comunità rurali, e il senso di abbandono della gente in quei luoghi, da parte di amministrazioni, legge e politica. Però, appunto, certi temi meriterebbero un approfondimento ben maggiore di quello che un thriller un pò patinato, con una protagonista che si improvvisa investigatrice, e con una moto da cross parte ad inseguire malfattori, mettendoli sotto scacco grazie all'aiuto di un solo poliziotto. Perchè lo prendessimo sul serio, "Pray for rain" avrebbe avuto bisogno, perlomeno, di un finale drammatico, o con una vittoria di Pirro della protagonista. Invece, come consueto, ogni problema trova una soluzione, tutto va a posto, e il Bene vince: semmai, la considerazione che una specie animale possa essere tranquillamente sacrificata e lasciata estinguere per tutelare i diritti della comunità, può sollevare qualche perplessità, ma per discutere di tematiche come queste, non è certo un filmetto di puro intrattenimento così il mezzo giusto.
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EX- Amici come prima ( i, 2011)
DI CARLO VANZINA
Con VINCENZO SALEMME, ENRICO BRIGNANO, ANNA FOGLIETTA, RICKY MEMPHIS.
COMMEDIA
L'europarlamentare Vincenzo Salemme deve sopportare la consorte ambiziosa e avida Tosca D'Aquino, ma a Bruxelles passa una nottata splendida con Natasha Stefanenko, che scoprirà essere un'alta personalità politica; l'impiegato Ricky Memphis, lasciato dalla fidanzata con un SMS, conosce nello studio dello psicanalista dove va in seduta, la bella Gabriella Pession, anch'ella appena mollata, e si sostituisce al dottore; l'avvocato Anna Foglietta si scontra con il divorziando Alessandro Gassman, e i due si innamorano quasi subito; i neosposini Enrico Brignano e Teresa Mannino tornano dal viaggio di nozze, ma lui incrocia una vecchia fiamma, e rischia di mandare all'aria l'appena celebrato matrimonio. Dopo il buon risultato commerciale di "Ex", i Vanzina ci riprovarono due anni dopo, proponendo altre storie sentimentali in forma di episodi che si incrociano, con alcuni attori del primo film, come Alessandro Gassman, e new entries: rispetto ad altri lavori del duo romano formato da Carlo ed Enrico, il dittico è leggero ma garbato, una sciocchezzuola, se si vuole, ma qualche sorriso viene strappato. Certo, per risolvere gli intrecci di sceneggiatura si approda all'improbabile ( Brignano che "becca" il diario segreto dell'amante sotto il cuscino, una ripresa video che risolve una questione cruciale per la Foglietta, eccetera), e l'Italia vista dall'occhio dei figli di Steno è un posto solare, con un'atmosfera da spot, e questioni che possono essere sistemate, sempre premiando le brave persone e facendo rimanere furbi e disonesti con un palmo di naso. Puerile, può darsi, semplicistico, eccome, però se si chiede solo un passatempo non offensivo e volgare, in questo caso il cinema di Carlo ed Enrico Vanzina fa il suo dovere.

lunedì 29 ottobre 2018

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A STAR IS BORN (A star is born, USA 2018)
DI BRADLEY COOPER
Con LADY GAGA, BRADLEY COOPER, Dave Chappelle, Sam Elliott.
DRAMMATICO
Versione ufficiale numero quattro del canovaccio scritto negli anni Trenta del secolo scorso da William A. Wellman e Robert Carson, "A star is born" versione Duemila è passato anche dalle mani di Clint Eastwood, che pareva intenzionato a dirigerlo con Beyoncè nel ruolo principale femminile, per poi diventare l'occasione per la star Bradley Cooper di esordire alla regia: Cooper è anche il coprotagonista, scegliendo come controparte la pop star Lady Gaga, al secolo Stefani Joanne Angelina Germanotta, da quasi una decade considerata l'erede di Madonna come regina delle hit parade. La storia, conosciuta, è quella di un divo che pesca dall'anonimato una giovane che sembra avere le potenzialità per sfondare, le dà l'occasione per risplendere, si innamora di lei e si inoltra in una passione devastante che porta a un epilogo tragico. A giudicare dagli incassi, l'impresa parrebbe andata a buon fine, essendo oltre i 150 milioni di dollari in USA, e già a 5 milioni di euro da noi, per dire: per un melò classico, di questi tempi, certi numeri sono ragguardevoli. Per quanto si conoscano i sommi capi del racconto di "E' nata una stella", il film non annoia, sebbene al neoregista si potrebbe imputare una durata eccessiva, che la classica sforbiciata di una ventina di minuti avrebbe sicuramente influito positivamente sul risultato finale, e su certi snodi importanti, la regia non sembra gestire al meglio la tensione drammatica della vicenda: Cooper dà un'impaginazione molto classica, corretta ma senza una grande impronta personale. Per quanto non sia una reale esordiente sul grande schermo, dato che l'abbiamo vista anche in "Sin City 2" e "Machete Kills", Lady Gaga ci mette grinta e carisma, anche se si può obiettare che nella seconda parte della storia, in pratica, fa sè stessa, mentre Bradley Cooper dà un'interpretazione viziata da troppi clichès sugli artisti maledetti e malati di autodistruzione. Di discreto livello la parte musicale, anche se la canzone della scena dell'esibizione della protagonista al "Saturday Night Live" è tra le cose meno felici, in generale, della carriera della reginetta delle classifiche. 

sabato 27 ottobre 2018

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DOVE LA TERRA SCOTTA ( Man of the West, USA 1958)
DI ANTHONY MANN
Con GARY COOPER, Julie London, Lee J. Cobb, Arthur O' Connell.
WESTERN
In viaggio con del denaro per trovare un'insegnante che dia una mano ad allestire la nascente scuola in una cittadina sorta da poco, Link Jones è un signore distinto che ha un passato oscuro, da fuorilegge: divenuto un uomo retto, si trova su un treno quando questo viene assaltato da una banda di fuorilegge, i quali, per l'appunto, sono collegati al suo ieri criminale... Bel titolo italiano, una volta tanto, per "Man of the West", lavoro che vide insieme Anthony Mann e Gary Cooper, questo al crepuscolo della propria solida carriera, terz'ultimo western per lui, che fu uno dei pilastri del genere. Mann, che, rispetto a un altro grandissimo del cinema delle frontiere e dei cinturoni con le pistole, come John Ford, aveva forse meno respiro nel senso della scena, ma scavava più a fondo in personalità complesse, presentando personaggi più tormentati e con chiaroscuri più marcati, dirige un racconto di redenzione e fallibilità, che ovviamente, però, porta ad una resa dei conti mortale, in una città fantasma. Jones ha un vissuto sanguinario, che lo zio/nemico Dock Tobin rievoca fieramente, e sbaglia clamorosamente lasciando la donna di ventura che vorrebbe cambiar vita alla mercè del parente; il lungometraggio ha un cotè violento e una pulsione erotica, che l'unica donna genera in uomini rozzi e di bassi istinti, insoliti per una pellicola di fine anni Cinquanta, segno che Hollywood stava mutando eccome. Se Gary Cooper dà una discreta interpretazione, ma è forse troppo in là con gli anni per il personaggio, Lee J. Cobb nel ruolo della nemesi viaggia, come gli era spesso capitato, sopra le righe, ma dà un'interpretazione colorita e pittoresca quanto serve. Divenuto un classico della programmazione televisiva, quando si vuole proporre un western dei tempi d'oro agli spettatori ( su Rete 4 è andato in onda svariate volte), è forse minore di lavori come "Terra lontana" e "L'uomo di Laramie", ma resta un titolo ancora piuttosto valido.

venerdì 26 ottobre 2018

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NON GUARDARMI, NON TI SENTO
( See no evil, hear no evil, USA 1989)
DI ARTHUR HILLER
Con GENE WILDER, RICHARD PRYOR, Joan Severance, Kevin Spacey.
COMMEDIA
Fare un'intera commedia sulle peripezie di un cieco ed un sordo è un pò un'operazione analoga all'appena successivo "Weekend con il morto": basare un'intera storia su una trovata paradossale può funzionare relativamente, e quel che in una scena può risultare esilarante, anche, per un'ora e quaranta minuti rischia di estenuare lo spettatore. Tuttavia, "Non guardarmi, non ti sento", risultò essere uno dei grandi successi del 1989, fu l'ultimo ottimo risultato commerciale sia per Gene Wilder che per Richard Pryor, e vide i due interpreti brillanti collaborare per la terza volta ( ce ne sarebbe stata una quarta, due anni dopo, in "Non dirmelo, non ci credo", ma fece flop, e Pryor era peggiorato notevolmente di salute per via della sclerosi multipla). Diretti da Arthur Hiller, che li aveva già guidati in "Wagon-Lits con omicidi", i due formano una strampalata coppia, diversamente abili e conosciutisi da poco ( Wilder ha assunto Pryor nella propria edicola), e per uno scherzo della sorte, un delitto viene commesso proprio in loro presenza: hanno così polizia e autori dell'omicidio alle calcagna, per una serie di disavventure. Il tono del film non è sbracato, e, per quanto possibile, gli handicap dei due protagonisti sono trattati non con cinismo: è la sceneggiatura che è abbastanza insulsa, i cattivi (la bellissima Joan Severance ed un ancora sconosciuto Kevin Spacey) sono da fumetto di serie B, e il ritmo ogni tanto latita. Resta la performance e la simbiosi di Gene Wilder e Richard Pryor, che dà un pò di spinta dove il lungometraggio ansima, ma in sostanza ci troviamo di fronte ad una commediola datata e con verve molto limitata.

giovedì 25 ottobre 2018

Immagine correlataRisultati immagini per time after time 1979L'UOMO VENUTO DALL'IMPOSSIBILE ( Time after time, USA 1979)
DI NICHOLAS MEYER
Con MALCOLM MCDOWELL, Mary Steenburgen, David Warner, Charles Cioffi.
THRILLER/FANTASCIENZA
Abbiamo visto più versioni de "La macchina del tempo", lungometraggi di fantascienza che narrano il viaggio tra dimensioni temporali del protagonista H.G. Wells, fino ad un futuro apparentemente estatico in cui i perfetti "Eloi" fungono da pietanza per i mostri sotterranei Morlock, veri padroni del futuro. Qua, il marchingegno che permette di spostarsi lungo decadi e secoli, c'è, ma ci si infila un amico di Wells che si proietta alla fine degli anni Settanta: non tanto, a turbare l'inventore, è il fatto che l'uomo sia un medico stimato, ma il problema è che questi sia in realtà Jack lo Squartatore, e si accinga a ripetere le sue malefatte anche nel mondo del Domani. Per cercare di riparare al guaio, anche H.G. si lancia nel viaggio intertemporale, e, ovviamente, si ritroverà stranito in mezzo ad automobili, ascensori, e altre diavolerie del XX secolo. La parte più interessante de "L'uomo venuto dall'impossibile" è il reincontro tra i due uomini del passato, con il malvagio che gli spiega come si trovi a proprio agio in un mondo che è cattivo quanto lui, scosso dalla violenza e dall'aggressività, mentre l'uomo di scienza è affranto nel constatare che l'evoluzione non ha migliorato gli esseri umani. Però, specie nell'ultima parte, la logica va a farsi benedire, la sceneggiatura fa di Wells una figura troppo ingenua, e un eroe troppo inerme, e non sta nè in cielo, nè in terra, il confronto con un killer seriale grosso il doppio di lui che si dà alla fuga, inseguito dal protagonista. Per quanto riguarda gli attori, se David Warner attraversa con aria sorniona e dà tocchi di maligno compiacimento al suo "Jack the Ripper", Mary Steenburgen è alle prese con un personaggio femminile che pare scritto con una bella dose di misoginia, in  quanto non riesce a non fare una cosa stupida dietro l'altra, mentre Malcolm McDowell è uno scipito Wells. Idea buona, svolgimento di poco sapore: e gli effetti speciali del viaggio nel tempo, in un 1979 in cui era coevo "Star Trek-Il film" e già era uscito il primo "Guerre stellari", sono veramente poca cosa.

sabato 20 ottobre 2018

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HOLD THE DARK ( Hold the dark, USA 2018) 
DI JEREMY SAULNIER
Con JEFFREY WRIGHT, Alexander Sarsgard, Riley Keough, James Badge Dale.
THRILLER
Presentato al festival internazionale di Toronto a Settembre, pochi giorni dopo "Hold the dark" è stato distribuito urbi et orbi sulla piattaforma Netflix: da un romanzo di William Giraldi, autore che da noi non ha ancora trovato una vera pubblicazione, è un thriller ambientato nel gelo dell'Alaska (anche se ci sono scene che si svolgono nel rovente inferno della guerra irachena), nel quale un bambino sparisce da un villaggio sperduto nel bianco nulla della neve, e vengono accusati i lupi. La mamma del ragazzino dalla disperazione convince uno scrittore, autore di un importante romanzo sulla caccia a tali animali, a recarsi al villaggio per portare un aiuto alla sua ricerca del bambino: l'uomo, per motivi personali, si sente toccato nel vivo, e giunge sul posto, ma molti dubbi sorgono. Qualche risposta arriverà, ma non prima che un bel pò di sangue non sarà versato.... Come accade di recente, alcuni dei thriller più interessanti usciti sono ambientati su sfondi innevati, località remote e particolarmente contraddistinte da asperità e una sopravvivenza mai scontata in luoghi in cui l'Uomo è solo un ospite. Metafora su quanto di primordiale sia ancora presente negli esseri umani non ancora mutati dalle società moderne e civilizzate, "Hold the dark" è un lungometraggio che tiene saldamente in tensione lo spettatore, presentandogli più colpi di scena, senza forzare il racconto o perdendo di credibilità. La storia non contempla Giustizia, perchè in Natura non esiste, sembra suggerire lo script di Macon Blair; e l'essenza selvatica di umani resi appunto aggressivi e vendicativi li rende più prevedibili e pericolosi degli animali, i quali hanno regole dettate dall'istinto che li rende liberi dal rancore e dalla vendetta. Non tutto convince appieno in questo titolo, comunque avvincente, e gli manca qualcosa per diventare un grande thriller, come qualche punto che rimane fin troppo oscuro, anche se certi aspetti vengono più accennati che spiegati propriamente. Tuttavia il regista Jeremy Saulnier ha personalità, gira con ampio senso del cinema e sa tirar fuori interpretazioni intense dal cast, e questo suo titolo non lascia affatto indifferenti.
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BEIRUT ( Beirut, USA 2018)
DI BRAD ANDERSON
Con JON HAMM, ROSAMUND PIKE, Shea Wingham, Dean Norris.
THRILLER/DRAMMATICO
Sembra che la sceneggiatura di "Beirut" sia stata scritta addirittura nel 1991, ma Tony Gilroy non avesse trovato finanziatori che lo aiutassero a farla diventare un vero film, fino a che gli Oscar andati in premio a "Argo" non hanno mosso di nuovo l'interesse verso titoli che riguardassero intrighi di occidentali in Medio Oriente. Qui c'è un antefatto del 1972, in cui un diplomatico americano è di stanza in Libano, a Beirut, ha preso con sè un ragazzo rimasto orfano, e in un'incursione di guerriglieri legata alla presenza del fratello del giovane adottato nell'attentato contro gli atleti israeliani a Monaco, gli viene uccisa la moglie: l'uomo viene via dal paese, ritorna in USA, e si dà all'alcool e a diventare un venditore, fino a che, dieci anni dopo, viene ricontattato da uomini dei servizi segreti e inviato a Beirut per dare una mano a sbrogliare una faccenda pericolosa. "Beirut", di cui è regista il Brad Anderson di cui si era visto il thriller imperfetto ma interessante "L'uomo senza sonno" risulta un thriller a sfondo politico-storico molto volenteroso, ma che, se da un lato sfrutta un pò di clichès ( l'americano in una realtà che non capisce, il protagonista che dopo un trauma diventa alcolizzato) dice cose relativamente poco nuove sulla matassa ingarbugliatissima di intrallazzi, doppi giochi, tradimenti e trattative vigenti da sempre nella delicatissima e violenta parte più ad Occidente dell'Asia. E poi, dopo aver mostrato il cinico opportunismo occidentale, che lascia segni profondi e cadaveri a terra in zone lontane, e poi se la svigna in modo molto disinvolto, il finale fa sventolare fieramente una bandiera a stelle e strisce in maniera ambigua. Peccato, perchè la prova di Jon Hamm, in pratica la prima da protagonista assoluto in un lungometraggio, è buona e dimostra che l'attore può diventare una star anche cinematografica, mentre Rosamund Pike è alle prese con un personaggio scritto forse tenendo fin troppo di conto i limiti di un carattere reticente e di cui non si può mai sapere se fidarsi o meno. 
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...E POI LO CHIAMARONO IL MAGNIFICO ( I/YU/F, 1972)
DI E.B. CLUCHER
Con TERENCE HILL, Gregory Walcott, Harry Carey jr., Yanti Somer.
WESTERN/COMMEDIA
Dopo il considerevole impatto al botteghino del dittico su "Trinità", Enzo Barboni, in arte E.B. Clucher girò, senza Bud Spencer, e con il solo Terence Hill, questo film che idealmente si svolge nello stesso West fatto di cazzottoni, risse copiose e senza spargimenti di sangue in cui si muovevano i due eroi dei titoli precedenti. Anche se era la prima volta da star di Hill in versione solista, il pubblico premiò entusiasticamente il film, facendolo arrivare al quinto posto della classifica generale degli incassi del '72/73. Il protagonista entra in scena solo dopo oltre venti minuti di narrazione, visto che vengono presentati prima i suoi compagni d'avventura: che saranno una scorta e un cordone di protezione per il giovane che viene dall'Inghilterra, è il figlio del quarto socio della banda, si chiama Thomas Moore, ed è stato ben educato, nonostante al momento giusto sembri cavarsela nel menare. Come di consueto, sono presenti i caratteristi Sal Borgese, maestro d'armi e specialista nel buscare sberle e botte varie, così come l'italo-francese Riccardo Pizzuti, dai caratteristici barba e capelli imbiancati; il film, coprodotto tra Italia, Jugoslavia e Francia, è passabilmente divertente, presentando le abituali scene d'azione, senza il rassicurante lato comico di Bud Spencer, ma allestendo comunque un racconto che non serva solo come intermezzo tra le sequenze con scazzottate, vero motivo d'attrazione di questi lungometraggi. Curiosamente, con gli anni, è un titolo che è stato relativamente rimosso, ma è uno dei più riusciti tra quelli con il solo Terence Hill.

martedì 16 ottobre 2018

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CATTIVISSIMO ME 3 ( Despicable me 3, USA 2017)
DI PIERRE COFFIN, KYLE BALDA, ERIC GUILLON
ANIMAZIONE
AZIONE/COMMEDIA/FANTASTICO
La serie "Cattivissimo me" si estende di un altro capitolo, dopo aver generato lo spin-off sui "Minions", altrettanto redditizio, e conferma che al pubblico giovanissimo ( ma anche a diversi adulti) le avventure dell'ex-criminale Gru e dei suoi numerosi aiutanti gialli piacciono eccome. Qua il grosso protagonista scopre di avere un fratello gemello, il quale, però, ha una chioma bionda piuttosto fluente, di nome Dru: dopo lo shock iniziale, e gli attriti, il nuovo congiunto chiede al fratello di insegnargli come diventare un cattivo. Ma incombe la minaccia di un vero malvivente, che sfoggia un'acconciatura molto anni '80, compie le proprie malefatte al ritmo di "Bad" di Michael Jackson, e veste con le spalle imbottite come infatti andava di moda in tale decade: a ben guardare, è l'idea migliore di questo atto terzo della saga ideata dal francese Pierre Coffin, anche se la produzione è americana. L'inventore dei personaggi, in questa occasione, si fa affiancare da Kyle Balda e Eric Guillon in un'inusuale terna registica. Il film ha qualche momento divertente, soprattutto grazie agli esagitati Minions, ma l'appeal che ha funzionato eccome sulle platee internazionali sembra difficile da spiegarsi concretamente. Graficamente non siamo ai livelli di Pixar e Disney, l'azione è di discreta qualità, l'inventiva di disegnatori e scrittori è abbastanza fertile, ma di qui a giustificare il titanico risultato al botteghino, un pò ce ne corre. E, naturalmente, visti gli incassi, mica finisce qui....

lunedì 8 ottobre 2018

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VENOM ( Venom, USA 2018)
DI RUBEN FLEISCHER
Con TOM HARDY, Michelle Williams, Riz Ahmed, Reid Scott.
FANTASTICO/AZIONE
Nei fumetti il "simbionte" che diverrà Venom, nemesi dell'Uomo Ragno, arriva durante le "Guerre segrete", e il Ragnetto dovrà condividere per un bel pò le sorti con quello che crede essere solo un costume straordinario e nero, ma in realtà è una creatura che lo altera: al cinema l'alieno infestante giunge su una nave spaziale mandata in missione per cercare altre possibilità di popolare nuovi pianeti. Passa da un organismo all'altro, preferibilmente tramite gli esseri umani, ma spesso non attecchisce ed uccide l'ospite: fino a quando non entra nel corpo del giornalista Eddie Brock, appena licenziato dal giornale per cui lavora, per una scomoda inchiesta su un colosso farmaceutico. "Venom" è nato da un accordo tra Sony, che detiene i diritti di sfruttamento dello Spider-Verse, e cioè tutto ciò che è legato all'Arrampicamuri, e la Marvel: in un certo senso, rappresenta un caso, visto che l'abnorme carica di critiche negative scatenatesi su Internet evidenzia due cose. E cioè: fermo restando che ogni film che esce possa piacere o non piacere, è inaudita l'arroganza che viene sbandierata da recensori dilettanti che spesso danno giudizi più di pancia che ragionati ( lo siamo in tanti, dilettanti, magari un pò di pacatezza in più non guasterebbe, talvolta), a volte in maniera addirittura sospetta per non suscitare il sospetto di favorire interessi non ufficiali; in secondo luogo, l'atteggiamento quasi talebano da puristi dei fumetti che hanno inveito sulle troppe differenze e le tante libertà che si sono presi quelli del cinema nel trarre un lungometraggio dalle avventure di uno dei villains di maggiore successo. Il fumetto è una forma d'arte, il cinema un'altra, così come la letteratura, o no? Quindi, è difficile rendere, a volte, ciò che sulla carta funziona a meraviglia, e bisogna ovviare anche graficamente in modo diverso. A parte queste considerazioni, il film diretto dal Ruben Fleischer di "Gangster Squad" è tutto sommato divertente, con un'edulcorazione della personalità fondamentalmente malvagia di Venom fin troppo accentuata, che però una certa ironia in dialoghi e situazioni riequilibra abbastanza ( la battuta sul trekking è efficacissima). Tom Hardy riveste di un umorismo ruvido un Brock più vittima che complice dell'oscuro e lucido colosso metà uomo e metà alieno, e c'è perlomeno una scena d'azione tiratissima come quella del lungo inseguimento per le salite e discese di San Francisco, da ricordare, mentre meno convincente è il confronto risolutivo tra "mostri". Visto che ha infranto il record in USA per un film uscito in Ottobre, arrivato in un baleno a 80 milioni di dollari di incasso ( risultato non scontato, visto che ci si occupa di quello che, con un eufemismo, si può chiamare un antieroe), è abbastanza prevedibile che arrivi almeno un atto secondo.
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COME UCCIDERE VOSTRA MOGLIE 
( How to murder your wife, USA 1965)
DI RICHARD QUINE
Con JACK LEMMON, VIRNA LISI, Terry-Thomas, Eddie Mayehoff.
COMMEDIA
Ad un certo punto lo spettatore che sta guardando "Come uccidere vostra moglie" potrebbe avere un moto di perplessità vedendo la splendida Virna Lisi che mangia pietanze italiane a letto, un pò insolito per una greca, quale è la nazionalità del suo personaggio. Il fatto è che nell'originale la ragazza è italiana, e non ellenica, e probabilmente per la versione nostrana i doppiatori hanno trovato questo escamotage per rendere la mancanza di comunicazione tra i due protagonisti. Il soggetto vede uno scapolo ultraconvinto, fumettista di successo, che condivide solo con il fidatissimo maggiordomo, ancor più misogino di lui, una bella casa e una vita di allegra superficialità ( implicita la parodia di Bruce Wayne/Batman e Alfred), che si ritrova, dopo una notte di bagordi, sposato ad una bella straniera che gli si piazza accanto e di cui non capisce il linguaggio: in una commedia classica statunitense, sappiamo già dall'inizio come andrà a finire.... Nonostante la spruzzata di giallo che innesca la sparizione della giovane donna, il film di Richard Quine è abbastanza poco saporito, Virna Lisi ci mette verve ed è incantevole, mentre Jack Lemmon appare poco convinto, alle prese con un personaggio sostanzialmente ottuso, e fatuo: meglio risulta l'ineffabile Terry-Thomas, uno dei caratteristi di maggior spicco di quegli anni. Ma "Come uccidere vostra moglie" è uno dei titoli meno felici di un regista specializzato in commedie, altrove più riuscite, come Quine.

giovedì 4 ottobre 2018

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GLI INCREDIBILI 2 ( The Incredibles 2, USA 2018)
DI BRAD BIRD
ANIMAZIONE
AZIONE/FANTASTICO/COMMEDIA
La "normale famiglia di supereroi", come la presentava il manifesto del primo episodio, ritorna sugli schermi dopo quattordici anni, ma, per la magia delle linee temporali del cinema, sullo schermo gli accadimenti di questo atto secondo sono subito susseguenti. E' tornato Brad Bird a dirigere, dopo due titoli con attori in carne ed ossa, e la famiglia Parr viene riproposta: uno dei principali motivi di divertimento del primo film era l'implicita schizofrenia di un nucleo familiare con dinamiche "normali" da tenere in parallelo con il ruolo di eroi dotati di superpoteri sempre pronti a salvare la comunità da minacce molto pericolose. Adeguato ai figli che crescono, il ruolo della donna che sceglie di investire sulla propria carriera di eroina, mentre l'uomo di casa si ritira dal mondo dell'azione per accudire tutto ciò che riguarda il mènagement familiare, il secondo capitolo narra una macchinazione che vorrebbe screditare definitivamente i super potenziati, e relegarli per sempre ai margini: se è abbastanza prevedibile chi sia ad ordire l'inghippo, con un sistema di ipnotismo per piegare gli individui "super" ai propri voleri e far fare loro danno, ne "Gli Incredibili 2" è evidente la densità di scrittura e il voler far risaltare un umorismo adulto. Anche troppo, per certi versi, perchè è molto difficile che gli spettatori più piccoli colgano tutte le componenti umoristiche della storia, e questo, per certi versi, è un pò il limite di una pellicola comunque vivace, che nelle scene di pura azione sa essere altamente spettacolare, con un ritmo forsennato e la capacità di ricreare un'atmosfera ammodernata delle avventure del "Batman" con Adam West e delle prodezze dello 007 conneryano, con tanto di commento musicale, a cura del rampante Michael Giacchino, perfettamente adeguato e funzionale. Tra le crisi adolescenziali della primogenita, la comica turbolenza del più piccolo dei tre figli, dotato di un arsenale di potenzialità, il film riesce simpatico, anche se, tutto sommato, non dice nulla di più dell'originale, come parodia del supereroismo, che oggi è una fascia solidificata dei blockbuster d'America, e invece, ai tempi dell'uscita de "Gli Incredibili", era agli albori, sul grande schermo.

martedì 2 ottobre 2018

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BLACKKKLANSMAN ( Blackkklansman, USA 2018)
DI SPIKE LEE
Con JOHN DAVID WASHINGTON, Adam Driver, Ryan Eggold, Laura Harrier.
COMMEDIA/DRAMMATICO
Frettolosamente etichettato (ma sono i tempi troppo celeri di Internet, a causare a volte una superficialità di giudizio) come sopravvalutato o sorpassato, come accade anche ad un altro regista un tempo considerato un fenomeno come Tim Burton, Spike Lee torna agli onori della cronaca con questo titolo: tratto dal libro omonimo del vero Ron Stallworth, poliziotto afroamericano che si infiltrò, molto strano a dirsi, tra le file del Ku Klux Klan di una provincia del Colorado, usando un collega bianco come tramite per sventare un'azione eversiva dei membri della sezione dell'organizzazione razzista. Lee tiene il registro della pellicola in bilico tra satira e dramma, sullo sfondo di una ricostruzione d'ambiente molto efficace, dei primi anni Settanta, con pettinature afro cotonatissime, evidenziando la cura nell'aspetto dei neri rispetto allo scialbo appeal di molti dei bianchi: senza manicheismi, dato che pone in parallelo due forme di fanatismo, delle due razze, nel prefinale, sottolineando la labile distanza tra una forte convinzione delle proprie ragioni e lo sfociare in un'intolleranza aggressiva. Agile nella narrazione e brioso nella presentazione dei personaggi, nonostante la durata non brevissima di 135 minuti,  il film deve molto della sua riuscita al saper parlare di un argomento assai serio come i conflitti razziali mai veramente sopiti negli Stati Uniti ( non che qui, a quanto pare, sia granchè migliore la situazione), nonostante l'avvento di un presidente non bianco: Lee non risparmia strali contro il "commander in chief" in carica, che, come risaputo, non ha mai preso posizione pubblicamente contro le frange suprematiste del suo elettorato, e lo fa mostrando, negli ultimi minuti del film, scene prese dal vero di esplosioni di violenza di associazioni fieramente razziste. Ottimo il gioco degli interpreti, con una menzione obbligatoria ai due principali, il "black" John David Washington, e Adam Driver, che si conferma interprete duttile; presentato a Cannes con buona affermazione, potrebbe risultare uno dei potenziali pretendenti agli Oscar nella prossima primavera.