IL SACRIFICIO DEL CERVO SACRO
( The killing of a sacred deer, IRE/GB/USA 2017)
DI YORGOS LANTHIMOS
Con COLIN FARRELL, NICOLE KIDMAN, BARRY KEOGHAN, Raffey Cassidy.
THRILLER/DRAMMATICO
Cosa lega il cardiochirurgo Steven ed il ragazzo Martin, che si incontrano spesso, mentre la famiglia dell'uomo ne è all'oscuro? E perchè via via che la frequentazione si intensifica, aumentano i misteri, e qualcosa di molto sinistro comincia ad affliggere moglie e figli del medico? Premiato per la miglior sceneggiatura poco più di un anno fa al Festival di Cannes, "Il sacrificio del cervo sacro" ( il titolo rimanda alla Tragedia greca, più precisamente "Ifigenia in Aulide", riferendosi ad uno snodo cruciale) si palesa, fin da subito, come un'opera disturbante, dato che i primi minuti inquadrano un'operazione a cuore aperto. Si prosegue con un'atmosfera di minaccia che non viene mai meno, anzi, non cede ad un crescendo o ad una diminuzione, ma si mantiene perpetuamente attiva alla stessa maniera: i carrelli che seguono o precedono i personaggi mentre camminano, le inquadrature "a uccello" dall'alto, i punti di vista apparentemente neutri che osservano gli esseri umani in scena da distanza, contribuiscono a rendere questo thriller psicologico del grego Yorgos Lanthimos un'esperienza non facile, nè per tutti. Molti recensori hanno indicato il cinema di Michael Haneke come punto di riferimento per questo titolo, ma tante cose ricordano piuttosto il Kubrick di "Shining", con effetti sonori che coprono i dialoghi, la sensazione di qualcosa di profondamente pericoloso permei l'ambiente in cui la bizzarra vicenda si svolge, e le tecniche di ripresa degli spostamenti dei personaggi, e dei dialoghi siano molto rintracciabili nel capolavoro con Jack Nicholson. A "The killing of a sacred deer", pur rimanendo un lungometraggio che colpisce netto sui nervi lo spettatore, e un lavoro ampiamente disilluso circa la bontà della natura umana, per essere il grande film che avrebbe potuto essere, pesa la ricerca fin troppo marcata dell'effetto-sgradevolezza ( il ricatto sessuale cui sottostà la Kidman è piuttosto forzato, ad esempio), la rischiosità di alcune sequenze importanti che arrivano ad un soffio dal ridicolo (la confessione del segreto d'infanzia al figlioletto? E, nel sottofinale, come viene risolta la faccenda, più astruso non c'era verso?) e la manifesta intenzione dell'autore di voler provocare la coscienza del pubblico, facendolo sì pensare, ma attivando un'insolita sensazione di attrazione e repulsa al contempo, tanto da arrivare a pensare, che molto difficilmente si guarderà di nuovo questa pellicola. Un imploso Colin Farrell dà una stralunata, ma anche velenosa carica passiva ad un borghese che non sa reagire se non facendo ogni cosa stupida possibile, un'ancor bellissima Nicole Kidman, oltre ad affrontare spericolatamente un nudo, a cinquant'anni, sempre ammaliante, vive sottopelle ogni tensione della situazione e cerca un approccio più umano, anche se compie un ragionamento raggelante, ma la sorpresa del film è il poco visto ( ma ha girato anche "Dunkirk") Barry Keoghan, il cui sguardo tra l'infantile ed il crudele, non si dimentica facilmente. Non un titolo per anime belle: e dire che Lanthimos, nelle interviste, lo ha definito una "Black comedy". Se lo dice lui....
Nessun commento:
Posta un commento