KINGSMAN- Il cerchio d'oro
( Kingsman: The golden circle, GB/USA 2017)
DI MATTHEW VAUGHN
Con TARON EGERTON, Colin Firth, Mark Strong, Julianne Moore.
AZIONE/COMMEDIA
Specializzando in film tratti da strisce di successo, Matthew Vaughn, dopo aver girato "Kick-Ass" e "X-Men-L'inizio", realizzò nel 2014 "Kingsman", tratto anch'esso da fumetti di Dave Gibbons, arrivando a incassare ben 414 milioni di dollari a livello mondiale: se negli altri casi il regista aveva poi lasciato i progetti senza girarne sequel, in questo caso si è fatto convincere a firmare anche il capitolo secondo. Il quale vede l'ormai laureato agente segreto "Eggsy", divenuto "Galahad" (i componenti del servizio Kingsman hanno tutti nomi che si riferiscono a Camelot e alla Tavola Rotonda) venire aggredito da un ex-candidato a far parte della società segreta, che ha un braccio di metallo come un cyborg. Dopo averlo sconfitto, il protagonista, assieme a "Merlino" scopre che il giovane fa parte di una specie di setta, chiamata "Il cerchio d'oro", visto che tutti i membri sono tatuati con oro puro, raffigurando un anello: sono guidati da una trafficante di droga che in piena jungla coordina attentati, uccisioni e smercio di oppiacei da una base concepita tipo ristorante-tavola calda da "American Graffiti", in cui si tritano gli avversari letteralmente e si servono hamburger di carne umana.... Dopo un avvio con scontro in taxi in corsa, fracassone e esagerato, il film fa alleare i sopravvissuti dei "Kingsman" con un gruppo di agenti segreti USA analogo, in cui tutti si chiamano con nomi di bevande alcoliche, "resuscita" il reclutatore Colin Firth, spiegando che cosa gli era successo nel primo episodio, e tra una spacconata e l'altra, prepara il grande scontro finale tra dobermann meccanici, missili e sparatorie attraverso gigantesche ciambelle. Non è tanto l'esagerazione delle zuffe, la ricerca dell'estetizzazione con ralenti infiniti, e il gusto non tarato benissimo nel cercare un equilibrio tra umorismo grottesco e violenza spinta, ma il fatto che Vaughn cominci a parer fare troppo il verso a sè stesso, oltre che voler imitare certi aspetti del cinema tarantiniano; e se molti degli attori illustri presenti in scena sono bellamente sprecati, vedi Jeff Bridges e Channing Tatum, due ruoli senza, in pratica, peso narrativo, la partecipazione baracconesca di Elton John, pur capendo l'intenzione autoironica, non rimarrà tra le cose migliori della sua carriera. Finale aperto ad un terzo sviluppo, anche se "Kingsman" sembrerebbe aver esaurito molti dei propri argomenti.
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