CHE FINE HA FATTO TOTO' BABY? ( I, 1964)
DI OTTAVIO ALESSI
Con TOTO', Pietro De Vico, Mischa Auer, Edy Biagetti.
COMMEDIA
Nell'ultima decade della propria carriera, e della propria esistenza, Totò fu spesso impiegato in instant-parodies, anticipando il filone in cui sarebbero poi stati dominatori Franco Franchi e Ciccio Ingrassia: non appena c'era un grande successo nelle sale, si metteva insieme immediatamente un film comico che gli facesse il verso, riprendendone vagamente il soggetto, e affidandosi, perlopiù, ai numeri degli eroi delle seconde e terze visioni. "Che fine ha fatto Totò Baby?" è quindi derivato dal grande thriller drammatico "Che fine ha fatto Baby Jane?" di cui ripropone, in versione casareccia, l'avvio e cita letteralmente il finale in spiaggia. Uscito senza grande eco negli anni Sessanta, oggi, per diversi critici, è uno dei titoli più all'avanguardia del commediante napoletano: diretto da Ottavio Alessi, ma in realtà ci misero mano anche Renato Castellani, una delle "spalle" più longeve di Totò, e Paolo Heusch, vede il principe della risata, tra i tanti soprannomi dati ad Antonio De Curtis, fare una versione "extended play" della sfumatura sinistra vista in "Totò Diabolicus". Infatti, nella seconda parte di questa pellicola, il protagonista, che ha scoperto quanto gli piace l'insalata con le foglie di marijuana, diventa cattivissimo, e stermina quasi tutti gli altri personaggi, nei modi più disparati, fino a perdere del tutto la ragione, e citando nell'ultimissima scena il celebre cavallo di battaglia del collega americano Jerry Lewis, con la macchina da scrivere immaginaria. Qualche uscita divertente, soprattutto nei giochi di parole, va riconosciuta a Totò, ma recita anche troppo sopra le righe: va anche considerato che spesso si ha l'impressione che si reciti a soggetto, che la sceneggiatura sia molto più che esile, che con un regista alla Steno, o alla Corbucci, sarebbe stato comunque un altro film, più riuscito. E le occasioni di divertimento si fanno via via che il film va incontro al finale, sempre più rare.
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