JACK DEL CACTUS ( The villain, USA 1979)
DI HAL NEEDHAM
Con KIRK DOUGLAS , Ann-Margret, Arnold Schwarzenegger, Jack Elam.
COMICO/WESTERN
Sulla via del defilarsi dal centro della scena, come purtroppo sappiamo sia facile accada anche alle grandi star, e soprattutto qualche anno fa, Kirk Douglas fu molto attivo nello scegliere altre strade per avere il proprio nome in evidenza sui cartelloni, dal lavorare all'estero, tipo in Italia ( "Un uomo da rispettare" e "Holocaust 2000"), girare diretto da nuovi talenti ( De Palma in "Fury" e "Home movies"), o prendere parte a lungometraggi di generi abbastanza lontani da quelli in cui si era distinto, come la fantascienza ( "Countdown - Dimensione zero" e "Saturn 3"). Ci fu modo, per il grande attore di origine russa, anche di giocarsi la carta dell'autoparodia: visto che più di una volta Douglas aveva brillato in ruoli ambigui, quando non di cattivo vero e proprio, eccolo qua nei neri panni di Jack "Cactus" Spade, bandito a cui non ne va bene una, visto che mette dinamite su cassaforti e salta in aria pure lui, il cavallo lo lascia a piedi e lo fa arrestare, salta dalle rupi per assaltare i treni e sbatte in terra, rimane schiacciato da massi enormi e via peggiorando di continuo. Come si sarà capito, il film omaggia chiaramente i cartoons Warner in cui il povero Wile E. Coyote organizza trappole di ogni risma per acciuffare il dispettosissimo struzzo Beep-Beep e ne rimane vittima in maniera disastrosa: l'atletico Kirk ( sessantatré anni all'epoca!) salta, caprioleggia, cade e rimane coinvolto in diverse sequenze divertenti che lo vedono malauguratamente subire le conseguenze di ciò che attua per fermare il viaggio della bella Ann-Margret e del fustacchione Arnold Schwarzenegger lungo le vie del West. Hal Needham, che aveva ottenuto incassi notevoli soprattutto negli States con i film girati con Burt Reynolds, realizza qui forse il suo miglior lavoro, dando un ritmo cartoonesco affatto semplice da reggere per un film con personaggi in carne ed ossa. Kirk Douglas con ribalderia, ma anche con coraggio, non si perita di prendere in giro il suo status di divo, prestandosi ad un divertissement qua e là un po' di grana grossa, ma che non scade mai nel risaputo, oppure nel volgare: Ann-Margret bilanci la propria venustà con autoironia, come farà anche in altre occasioni, e Schwarzie segue le direttive della regia, impersonando un bietolone di buon cuore ma tonto oltre l'accettabile, al quale non riesce nemmeno di farsi sedurre da una tale bomba di sensualità come la svedese in trasferta.
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