martedì 29 novembre 2022


 
STO PENSANDO DI FINIRLA QUI ( I'm thinking of ending things, USA 2020) 
Di Charlie Kaufman 
Con JESSIE BUCKLEY, Jeremy Pleven, Toni Collette, David Thewlis. 
DRAMMATICO
Sulla strada per raggiungere casa dei genitori del fidanzato, assieme a lui in auto, una giovane donna conversa, e in contemporanea vaga con il pensiero, ma spesso le viene in mente la frase "Sto pensando di finirla qui.". Una volta arrivati a destinazione, il senso di disagio cresce: la fattoria è dominata dall'incuria, agnelli morti e congelati sono ai bordi della stalla, e i genitori del giovane si rivelano inquietanti. E il fatto che la ragazza venga via via chiamata con nomi differenti, aumenta le perplessità e lo spaesamento anche dello spettatore. Dal romanzo d'esordio dello scrittore canadese Iain Reid, uscito nel 2016, Charlie Kaufman, noto per le sue sceneggiature di straordinaria complessità e dallo svolgimento spesso stratificato,  ha realizzato un film in bilico tra dramma e horror, in cui inserisce sprazzi di musical e anche di cartoon: un film-cervello, con una visione affatto ottimistica, sul tema dello sperpero esistenziale, che non lascia scampo. Un continuo mutamento di prospettiva, da cui non è dato sapere cosa aspettarsi nei dieci  minuti successivi, e per questo il film può essere spiazzante, o addirittura disturbante. Notevole l'apporto dei due genitori Toni Collette e David Thewlis, in ruoli molto "caricati", ma lo smarrimento di Jessie Buckley, che lo trasmette a chi segue il film, è impagabile.

lunedì 28 novembre 2022


 
RIFKIN'S FESTIVAL ( Rifkin's festival, USA 2020) 

DI WOODY ALLEN 
Con WALLACE SHAWN, Gina Gershon, Louis Garrel, Elena Anaya. 
COMMEDIA 
Il critico di cinema Mort Rifkin si reca con la moglie al festival di San Sebastian, lui intende visitare la città, tra una visione e l'altra, lei è per lavoro, fa la p.r. e sta promuovendo il film di un giovane regista francese: in terra di Spagna, dinanzi alla fin troppa confidenza che sembra esserci tra la consorte ed il suo assistito, Rifkin viene indirizzato per un problemino di salute da una dottoressa che si rivela affascinante e in lei, forse, l'uomo ritrova entusiasmo e curiosità che ha smarrito. Woody Allen torna a rivisitare la precarietà dei rapporti e l'umana incertezza sentimentale, nella cornice della città spagnola che ospita appunto una celebre rassegna: come pare essere uso da quando ha scelto di comparire di meno davanti alla macchina da presa, ricrea un suo doppio con le sembianze da ometto poco significativo di Wallace Shawn, caratterista di lungo corso, qui nella sua prima vera e propria parte da protagonista, lo immerge in un valzer di infatuazioni e al contempo gli fa vivere una vita parallela fatta di sogni che si miscelano a citazioni cinematografiche. Tra rivisitazioni ironiche di "Un uomo, una donna", "All'ultimo respiro", "Persona" e via citando altri grandi classici ammirati e amati, Allen ha girato un film che, con la successiva consapevolezza dell'annunciato finale di carriera, ha il sapore di una sorta di testamento in immagini, cui non fa difetto la leggerezza. Più in palla che nel precedente, poco sapido "Un giorno di pioggia a New York", Allen usa al meglio la luce di Vittorio Sforato nelle sequenze oniriche,  e chiude la vicenda con una sconfitta che, però, viene accolta con serenità da parte del protagonista: il cast è intonato, come spesso nei lungometraggi alleniani abbiamo apprezzato, i dialoghi fluidi e, seppure non ci siano le battute di perla degli anni d'oro, il film scorre via con piacevole nonchalance, come quando passa a salutare un vecchio amico.

giovedì 24 novembre 2022


IL PRINCIPE DI ROMA ( I, 2022) 
DI EDOARDO FALCONE 
Con MARCO GIALLINI, Giulia Bevilacqua, Sergio Rubini, Filippo Timi. 
COMMEDIA/FANTASTICO 
Nella Roma papalina, Bartolomeo è determinato a sposare la figlia di un principe dalla passione per lo sfarzo, ma in realtà in bolletta: venuto su da origini modeste, ma abile ad arricchirsi, prestando poi denaro a destra e a manca, il protagonista non perde occasione per mostrare il proprio cinismo. Quando, però, per dare retta a dicerie di superstizione, e sperare di ingraziarsi il destino e riuscire così ad entrare nei ranghi aristocratici, incontra una misteriosa vecchia che lo porta a svolgere un rituale esoterico, incontrerà via via dei fantasmi che gli mostrano sia una visione più ampia della sua esistenza che scorci di passato e di futuro. Come riporta la dicitura all'inizio dei titoli di coda, "liberamente ispirato al Canto di Natale di Charles Dickens", è una rivisitazione del classico dell'autore di "David Copperfield" in romanesco e che accosta gli spettri di Giordano Bruno ( Filippo Timi) e papa Borgia ( Giuseppe Battiston) al viaggio del personaggio principale nella propria coscienza mettendo a confronto quel che sarebbe potuto essere e quel che si ritrova a fare. Al quarto film diretto, di cui tre con Marco Giallini per protagonista, Edoardo Falcone sembra ritrovare la discreta mano che aveva mostrato nel suo titolo d'esordio, "Se Dio vuole", anche se, va detto, qualche scena di massa è girata in modo abbastanza trasandato, cosa che in un film di Luigi Magni o Ettore Scola non sarebbe accaduta: la favola allegorica funziona, Giallini calibra bene il personaggio, seguendo il disegno della regia, passando dalla brusca indisponenza di  come si presenta ad inizio racconto, per poi renderlo più simpatico ed umano a mano a mano che il film procede. Un film che, c'è da scommetterci, potrebbe diventare un piccolo classico della programmazione televisiva natalizia futura, ma senza stucchevolezze.
 



 IL PRIMO NATALE ( I, 2019) 

DI SALVO FICARRA E VALENTINO PICONE 
Con SALVO FICARRA, VALENTINO PICONE, Massimo Popolizio, Roberta Mattei. 
COMMEDIA/FIABA 
Al cinema il duo Ficarra & Picone si è conquistato, fin dal loro secondo titolo, "Il 7 e l'8" ( il primo, "Nati stanchi" era passato in pratica inosservato), il favore del pubblico, che ha tributato quasi sempre ottimi incassi per i loro lavori, e una sostanziale stima della critica, che ha spesso sottolineato l'assenza di volgarità della loro comicità e il livello assai migliore rispetto ad altri emersi dai vari cabaret televisivi. Questa volta, in maniera discreta, ma all'atto pratico, il tiro è più alto, visto che si racconta di un sacerdote ( Picone) che, inseguendo un ladro ( Ficarra), reo di aver sottratto una reliquia importante, si ritrova con lui a passare da un varco temporale che li porta in Terra Santa poco prima dell'avvento di Gesù. Erode sta ordendo i suoi piani spietati, e la forzata accoppiata cercherà di complicarglieli. L'idea del salto all'indietro nel tempo, con la consapevolezza che chi è protagonista conosca come siano andate le cose non è certo nuova, da "Non ci resta che piangere" ai vari "Ritorno al futuro", per tacere della recente trilogia di Massimiliano Bruno, e, inoltre, la cosa che più sorprende de "Il primo Natale" è che il tono da commedia abituale del cinema di questo duo sia il medesimo, ma, in pratica, non si ride quasi mai. E viene scelto di raccontare una fiaba gentile per affrontare un tema politico, visto che si parla di un film pensato, scritto e girato nell'epoca di un certo ministro degli Interni capace di baciare i rosari ripreso dalle telecamere in pubblico e lasciando centinaia di migranti in mare senza mostrare la minima compassione. Pur non trovandolo tra le cose migliori di Ficarra e Picone, la loro garbata misura emerge, e il pubblico italiano ha comunque gradito, facendone il quinto incasso della stagione 2019/20.

mercoledì 23 novembre 2022


 
DIVORZIO A LAS VEGAS ( I, 2020) 

DI UMBERTO CARTENI

Con GIAMPAOLO MORELLI, ANDREA DELOGU, Ricky Memphis, Grazia Schiavo. 

COMMEDIA 

A diciott'anni in viaggio negli USA, Lorenzo ed Elena si ritrovano a Las Vegas, e, complice un peyote, si sposano presi dall'entusiasmo e dalla voglia di fare una mattana, per poi perdersi di vista: circa trent'anni dopo, lei sta per sposarsi con un facoltoso industriale, ma la sua migliore amica, ed avvocato, la avverte che se non si libera da quel matrimonio contratto più per allegria che per altro, non potrà andare a nozze: deve, così, recarsi nuovamente a Las Vegas con Lorenzo e divorziare. Come largamente prevedibile, le cose andranno diversamente da come pianificato. La commedia di Umberto Carteni fa il verso, nei tempi narrativi e nello stile ricreato, ai film brillanti- sentimentali in cui gli opposti finiscono per attrarsi: idealmente va anche bene, ma quanto a verosimiglianza siamo ad un passo dalla fantascienza, con il personaggio di Ricky Memphis che fa innamorare di sé l'avvenente amica avvocato della protagonista. Qualche sorriso stiracchiato il filmetto lo ottiene, ma se si paragona questo tipo di commedia a una qualsiasi pellicola di analogo genere dei Sessanta, Settanta e Ottanta, si constata come chi scrive e dirige questi film si concentra troppo sui personaggi principali, perdendosi la preziosità delle battute e del gioco dei comprimari. Se le due attrici Andrea De Logu e Grazia Schiavo principali sono un bel vedere, seppure costrette in diversi clichés, Morelli ci dà dentro, cercando di infondere vivacità ad un personaggio non scritto benissimo, mentre Memphis propone, più o meno, il suo personaggio tipico, come visto in diversi  altri film, indolente, un pò  messo in mezzo dalle circostanze e ruvidamente bonario, anche se viziato da una misoginia antiquata.


giovedì 17 novembre 2022


 
HALLOWEEN KILLS (Halloween Kills, USA 2021) 

DI DAVID GORDON GREEN 

Con JAMIE LEE CURTIS , Judy Greer, Andi Matichack, Antony Michael Hall.

THRILLER/HORROR 

La furia omicida di Michael Myers, oltre quarant'anni dopo il delitto che, da bambino, commise uccidendo la sorella più grande, continua: questo capitolo centrale della nuova trilogia sul mostro che la sera del 31 Ottobre ritorna verso casa dopo un'evasione dal manicomio in cui era internato, riprende dal falso finale "confortante" che aveva visto la sua nemica giurata Laurie Strode, da sempre impersonata da Jamie Lee Curtis, dare alle fiamme la cantina in cui Myers era intrappolato. Ma l'erba cattiva, si sa, è durissima da estirpare, e così, mentre Laurie è in ospedale a curare le ferite, il tritacarne umano con la maschera del comandante Kirk di "Star Trek", qui ovviamente bruciacchiata, riprende la sua trista foga assassina sterminando subito la squadra di pompieri accorsi a domare l'incendio della casa che doveva essere la tomba del killer. La Blumhouse, novella casa regina degli spaventi del cinema americano odierno, spesso con fiuto e ottima gestione dei conti, ha investito in questo prosieguo della serie thriller che John Carpenter inaugurò nel '78 affidando al regista David Gordon Green la conduzione degli spaventi: rispetto alle tante versioni di questo stakanovista dell'assassinio, si era notato, se possibile, una maggiore repellenza e vocazione allo splatter vero e proprio dell' "Halloween" secondo Green, già nello scorso capitolo, e anche qua le nefandezze compiute appaiono ancora più esasperate, con un accanimento particolare nel perpetrare le sue malefatte. Se la prima parte, che conduce ad un flashback collocato proprio nel 1978, lascia presagire buone cose, il film si fa ambiguo sulla questione della giustizia privata, dapprima additandola come follia ulteriore, infine quasi invocandola nella resa dei conti con un Michael Myers ormai quasi divenuto un Terminator, dato che nonostante gli venga sparato, conficcato lame e altro addosso, sempre si rialza e continua la sua imperterrita e inesorabile missione di morte. E infatti, nel finale soprattutto, il film sconfina nell'horror, più che nel thriller, sospendendosi sulla veterana Curtis che, impugnato il coltellaccio d'ordinanza si avvia ad affrontare l'ultima sfida ( forse) con la creatura maligna.

martedì 15 novembre 2022


 
JACK DEL CACTUS ( The villain, USA 1979) 

DI HAL NEEDHAM 
Con KIRK DOUGLAS , Ann-Margret, Arnold Schwarzenegger, Jack Elam. 
COMICO/WESTERN 
Sulla via del defilarsi dal centro della scena, come purtroppo sappiamo sia facile accada anche alle grandi star, e soprattutto qualche anno fa, Kirk Douglas fu molto attivo nello scegliere altre strade per avere il proprio nome in evidenza sui cartelloni, dal lavorare all'estero, tipo in Italia ( "Un uomo da rispettare" e "Holocaust 2000"), girare diretto da nuovi talenti ( De Palma in "Fury" e "Home movies"), o prendere parte a lungometraggi di generi abbastanza lontani da quelli in cui si era distinto, come la fantascienza ( "Countdown - Dimensione zero" e "Saturn 3"). Ci fu modo, per il grande attore di origine russa, anche di giocarsi la carta dell'autoparodia: visto che più di una volta Douglas aveva brillato in ruoli ambigui, quando non di cattivo vero e proprio, eccolo qua nei neri panni di Jack "Cactus" Spade, bandito a cui non ne va bene una, visto che mette dinamite su cassaforti e salta in aria pure lui, il cavallo lo lascia a piedi e lo fa arrestare, salta dalle rupi per assaltare i treni e sbatte in terra, rimane schiacciato da massi enormi e via peggiorando di continuo. Come si sarà capito, il film omaggia chiaramente i cartoons Warner in cui il povero Wile E. Coyote organizza trappole di ogni risma per acciuffare il dispettosissimo struzzo Beep-Beep e ne rimane vittima in maniera disastrosa: l'atletico Kirk ( sessantatré anni all'epoca!) salta, caprioleggia, cade e rimane coinvolto in diverse sequenze divertenti che lo vedono malauguratamente subire le conseguenze di ciò che attua per fermare il viaggio della bella Ann-Margret e del fustacchione Arnold Schwarzenegger lungo le vie del West. Hal Needham, che aveva ottenuto incassi notevoli soprattutto negli States con i film girati con Burt Reynolds, realizza qui forse il suo miglior lavoro, dando un ritmo cartoonesco affatto semplice da reggere per un film con personaggi in carne ed ossa. Kirk Douglas con ribalderia, ma anche con coraggio, non si perita di prendere in giro il suo status di divo, prestandosi ad un divertissement qua e là un po' di grana grossa, ma che non scade mai nel risaputo, oppure nel volgare: Ann-Margret bilanci la propria venustà con autoironia, come farà anche in altre occasioni, e Schwarzie segue le direttive della regia, impersonando un bietolone di buon cuore ma tonto oltre l'accettabile, al quale non riesce nemmeno di farsi sedurre da una tale bomba di sensualità come la svedese in trasferta.


 
THE TOURIST (The tourist, USA 2010) DI FLORIAN HENCKEL VON DONNERSMARK 

Con JOHNNY DEPP, ANGELINA JOLIE, Paul Bettany, Steven Berkoff. 
THRILLER/AZIONE/COMMEDIA 
Nel 2010 fu considerato uno dei grossi titoli in uscita alla fine dell'anno, tanto da presentarlo come uno dei film di punta del Natale: c'erano eccome i presupposti per un bel successo di pubblico, Johnny Depp e Angelina Jolie erano due star che attiravano spettatori, Florian Henckel Von Donnersmark era reduce dall'affermazione internazionale de "Le vite degli altri", e l'ambientazione in una suggestiva Venezia aveva sempre il suo fascino. E invece, la risposta del pubblico fu abbastanza freddina, per non parlare degli strali dei critici, piuttosto inviperiti sulla resa della pellicola. Forse non così brutto come all'epoca venne definito, anche se il tentativo di rifarsi al giallo-rosa di gran moda negli anni Sessanta, con esempi quali "Caccia al ladro" e "Sciarada", tanto per citare due classici soltanto,  viene maluccio al regista tedesco: sul come vengono definiti gli italiani, poi, siamo alla grossolanità più esplicita ( dal commissario corrotto De Sica al carabiniere fesso Frassica, per tacere del portiere ottuso Marcoré...). La confezione, sia concesso, è di quelle di gran calibro, dalla fotografia al montaggio, il problema è che a Von Donnersmark non riescono proprio le scene d'azione ( si veda come risulti fasulla la scena di inseguimento tra motoscafi nei canali della Serenissima), e che sia Depp che Jolie giochino in maniera fin troppo manifesta a fare i divi, tra pose e atteggiamenti stucchevoli, senza un minimo coinvolgimento nella storia. C'è senz'altro di peggio, ma le aspettative, quando sono alte, fanno ancora più da zavorra e contribuiscono a far precipitare più a fondo l'operazione.


 
BLACK PANTHER: WAKANDA FOREVER ( Black Panther: Wakanda Forever, USA 2022) 

DI RYAN COOGLER 

Con LETITIA WRIGHT, Tenoch Huerta, Lupiga Nyong'O, Angela Bassett. 

FANTASTICO/AZIONE 

La prematura scomparsa di Chadwick Boseman, appena assurto ad una forte notorietà con il grande successo di "Black Panther" ( che da noi, invece, è stato uno dei titoli targati Marvel che non hanno sfondato veramente) ha costretto sceneggiatori e produttori a immaginare un sequel per le avventure del re dell'immaginario Stato di Wakanda in cui si facesse a meno di lui, individuando chi potesse ereditare il costume ed i poteri della Pantera Nera. Infatti, diventa anche l'occasione per introdurre nel MCU un personaggio chiave dell'universo creato da Stan Lee come Namor, detto anche Sub-Mariner, versione Marcellina del regnante di oceani e mari, nella DC Comics, Aquaman: come saprà chiunque abbia bazzicato gli albi dei supereroi, per un bel po' questi è un personaggio ambiguo, per certi versi un villain, anche se con un forte codice morale, che poi diviene addirittura un membro degli Avengers ( seppure mantenga un caratterino mica semplice da gestire...). Va in scena, appunto, il conflitto tra la civiltà subacquea di Namor e il popolo di Wakanda, accomunati dal possesso del cruciale metallo chiamato vibranio: i progetti per combattere le civilità di superficie del re dei mari, che inizialmente chiede un'alleanza alla regina del Paese sito nel cuore dell'Africa vengono combattuti, anche se la potenza inusitata dei subacquei appare difficile da contrastare. Diretto dallo stesso Ryan Coogler, che fu regista anche del primo, oltre che dei due capitoli della saga spin-off di "Rocky", "Creed", "Black Panther: Wakanda Forever" affronta uno scontro di etnie che hanno subito l'arroganza della comunità bianca, ma che hanno diversa visione e prospettiva sul conviverci o meno. E, considerato che siamo in un contesto plurimiliardario, è apprezzabile perlomeno lo sforzo di accennare a tematiche sociali, ma anche storiche, di una tale importanza: il problema è l'elefantiasi che sembra essere divenuta legge nelle produzioni Marvel, per cui, meno di due ore e mezza di durata sembra proibito per un loro film. E non che ci si annoia particolarmente, vedendo questo nuovo episodio, ma la resa dei conti eternamente rinviata non è un punto di valore, così come una certa prolissità di esposizione dei fatti narrati: lo spettacolo c'è, eccome, però è lecito sperare che nei prossimi titoli dell'universo supereroistico, si capisca che si può girare un kolossal che stia entro le due ore di proiezione. Nel cast brillano diverse probabili star di domani, ma fa un figurone l'ancor bellissima Angela Bassett, che dà la giusta maestosità all'eroica regina.



giovedì 10 novembre 2022



 L'UOMO DEL LABIRINTO ( I, 2021) 

DI DONATO CARRISI 
Con TONI SERVILLO, VALENTINA BELLÉ, DUSTIN HOFFMAN, Vinicio Marchioni. 
THRILLER  
Al suo secondo lavoro da regista, dopo che i mercati internazionali hanno tributato un buon riscontro a "La ragazza nella nebbia", Donato Carrisi prende un altro dei suoi romanzi, e ne trae un film, nel quale è un misterioso rapitore di ragazze, con una maschera da coniglio bianco, il tessitore di una trama densa di trabocchetti, anche per lo spettatore ovviamente, oltre che per chi indaga sullo schermo. Parallelamente, si narra di un investigatore privato di grande esperienza e dal forte intuito di detective, con la salute minata e i giorni contati, che individua una pista che lo metterà in pericolo più di una volta, e di una vittima del folle, sfuggita alle sue grinfie, che viene interrogata da un profiler dai metodi molto personali in una stanza di ospedale. Come nello stile dello scrittore, è lecito aspettarsi cambi di prospettiva e ribaltamento di situazioni fino alle immagini finali: questo può essere una cosa positiva, in un thriller, però la trama si fa via via fin troppo farraginosa, con un doppio twist conclusivo in cui la fascinazione del sorprendente lascia il passo all'effetto-stupore fin troppo ricercato, con la mancanza di attenuanti, al giallista Carrisi, perfino doppia, in quanto non dà allo spettatore alcun elemento per poter giungere a certa conclusione, e, a quanto sostiene chi ha letto il romanzo, non è ben chiaro perché proprio l'autore del romanzo ne ha scelto uno facente parte di una trilogia, che forse sarebbe stato maggiormente comprensibile avendo un prima, che qui è assente. Metafore carrolliane a parte, soprattutto per quanto riguarda "Attraverso lo specchio", il film è ben fatto, trova soprattutto in Servillo e Belle due capaci interpreti, mentre Hoffman fa una partecipazione in cui non dà il suo meglio, ma comincia ad impantanarsi a due terzi di racconto e risulta deludente nel tracciare le conclusioni, che, a furia di intrecci, rischia di annodarsi in più di un'occasione.


 
RITORNO AL CRIMINE ( I, 2020)

DI MASSIMILIANO BRUNO 
Con MARCO GIALLINI, GIANMARCO TOGNAZZI, ALESSANDRO GASMANN, EDOARDO LEO.
COMMEDIA/FANTASTICO 
Ad oggi, le uniche due occasioni in cui, nel panorama cinematografico italiano, si sia progettata una trilogia già in partenza, o quasi, sono state "Smetto quando voglio" e questa, iniziata nel 2019 con "Non ci resta che il crimine" e proseguita poi, e conclusa, con "C'era una volta il crimine": curiosamente, in entrambe, ha un ruolo importante Edoardo Leo, anche se non ne è il regista. Questa è invece firmata da Massimiliano Bruno, il quale compare, come si sa, anche nei panni del personaggio che"apre" i varchi temporali ai protagonisti veri e propri: se il primo portava il trio composto da Marco Giallini, Alessandro Gassmann e Gianmarco Tognazzi dagli anni 2020 ( o quasi) al 1982, e si chiudeva con gli stessi tornati al presente, ma inseguiti da Leo nelle vesti di "Renatino", il boss della banda della Magliana, qua ritroviamo il colorito gruppetto alle prese con una gang di camorristi che traffica in furti di opere d'arte, e, addirittura, prospetta di rubare un Van Gogh di valore incalcolabile ( con certe ragioni, poi...). Le cose del Caso fanno sì che "Renatino" divenga un alleato e nella sgangherata banda entri anche un intrallazzatore che ha la verve di Carlo Buccirosso: si torna così indietro ai primi Ottanta, per scongiurare un fatto, ma, chiaramente, ci saranno errori di calcolo e valutazione. Se il primo capitolo consumava l'idea, certo non nuova, del salto nel tempo con qualche discreta uscita e diversi momenti non vivacissimi, potrà sembrare strano, ma in questo secondo segmento si ridacchia di più, con più battute che vanno a segno, l'affiatamento degli interpreti maggiore, e pure gli effetti speciali, nel loro piccolo, appaiono migliorati. Del cast chi brilla di più, come nel primo film, è Gianmarco Tognazzi, però va detto che la compagnia è perlopiù intonata: si finisce con un progetto nuovo, quello di fare un balzo indietro ancora maggiore, ed infatti, nel terzo episodio, si andrà nell'Italia post- armistizio. La trilogia di Bruno rimanda non poco ai classici della commedia, e non sempre è un male: compensa, in qualche caso, la non abbondanza di idee, però qui c'è più aria di omaggio, che di ricorso a furbo scimmiottamento.

venerdì 4 novembre 2022



 LA FELICITÀ È UN SISTEMA COMPLESSO

DI GIANNI ZANASI 
Con VALERIO MASTANDREA , Hadas Yaron, Giuseppe Battiston, Filippo De Carli. 
COMMEDIA
Un giovane uomo fa un lavoro insolito: analogamente ai "cacciatori di teste", convince dirigenti di aziende a farsi da parte, per salvare le stesse dalla rovina o da grosse complicazioni finanziarie, però motivandoli a trovare altro e cercare vie migliori per la propria serenità. In realtà, il suo approccio ottimista, convinto e convincente viene sfruttato dai veri capi delle compagnie per meglio giocare le proprie carte e fare transazioni più liberamente. Il cinema di Gianni Zanasi, qui al quinto lungometraggio diretto, è quello di un utopista, lontano dai canoni di molti colleghi italiani: propone uno sguardo su temi e problematiche moderne da un punto di vista forse fin troppo speranzoso, anche se, consapevolmente, in questo caso, che il mondo sia recidivo a cambiare per il meglio è una realtà amara da buttare giù, e, probabilmente, lavorare sui singoli individui porta più soddisfazioni. Qua e là con qualche lentezza nel racconto, tuttavia "La felicità è un sistema complesso" è una commedia onesta, che con un po' di energia in più poteva anche indurre lo spettatore a finire la visione più entusiasticamente, però, anche grazie al buon lavoro degli attori ( Mastandrea con la sua aria mansueta e i guizzi di impensato anarchismo dà robustezza al suo personaggio, Battiston sempre una certezza al servizio dei registi) il piccolo film è piacevole e suggerisce che lasciando più mano libera ai giovani, forse il mondo potrebbe anche cambiare. E magari in meglio.



 LA PRESIDENTESSA ( I, 1977) 

DI LUCIANO SALCE 
Con MARIANGELA MELATO, JOHNNY DORELLI, Gianrico Tedeschi, Luciano Salce. 
COMMEDIA 
Questo film è il terzo adattamento per il cinema di una commedia del 1912 firmata da Maurice Hennequin e Pierre Veber, dopo una francese degli anni Venti e una italiana, diretta da Pietro Germi nel 1952: con gli schemi della pochade, va in scena un intrigo politico, con una ballerina le cui grazie sono ambite da diversi dei personaggi maschili, quasi tutti con le mani in pasta nei giochi di potere : ovvio che la signorina saprà come giostrare i vari spasimanti, ottenendo i maggiori vantaggi, ma anche trovando l'amore. Diretto da Luciano Salce dopo "Il secondo tragico Fantozzi", e con lo stesso regista in una parte da comprimario, in un periodo in cui più di una volta ha fatto anche l'attore, "La presidentessa" si mantiene sobrio con la Melato che fa la sexy ma con moderazione, Johnny Dorelli nel doppio ruolo del ministro e del bonario factotum che intenerisce la protagonista, e una sequenza di situazioni che, tra equivoci e improvvise scoperte, segue le regole della pochade classica. Meno pungente di come probabilmente il suo regista avrebbe voluto ( ma infatti il cinema di Salce riusciva quando derideva uno spicchio di società e non metteva a fuoco uno specifico argomento, qui la politica e i suoi arzigogoli dietro le quinte), il filmetto ottenne buoni incassi, ma lo si ricorda di rado dopo più di quarant'anni dalla sua uscita.


 
LASCIARSI UN GIORNO A ROMA ( I, 2021) 

DI EDOARDO LEO 

Con EDOARDO LEO,MARTA NIETO, Stefano Fresi, Claudia Gerini.

COMMEDIA/SENTIMENTALE 

Scrittore e responsabile di una pagina dei problemi del cuore online lui, manager rampante di una azienda produttrice di innovativi videogames lei, Tommaso e Zoe vivono insieme da diversi anni, ma il rapporto sembra avere un lungo momento di risacca, tanto da spingere la donna a considerare di troncarlo, sia per seguire una grossa promozione professionale che la porterebbe a Londra, sia perché le distanze stanno aumentando e i punti in comune stenta o a farsi riconoscere: il tutto Zoe lo racconta proprio allo "specialista" sul web dei problemi sentimentali, senza sospettare minimamente che sia lo stesso suo compagno .... Diretto, oltre che scritto, e interpretato, da Edoardo Leo, "Lasciarsi un giorno a Roma" riprende il titolo dalla celeberrima canzone di Niccolò Fabi che, infatti, scorre sui titoli di coda: Leo, che è un interprete di buon livello, sia sul registro brillante, che sui toni più "seri", si è scelto come coprotagonista la spagnola Marta Nieto, e, in parallelo, narra la crisi che attraversa un'altra coppia, quello dell'amico Umberto, che ha sposato con Elena, divenuta sindaco di Roma, che è esausto di essere lasciato in disparte per i leciti e molti impegni della donna. La cosa più interessante di "Lasciarsi un giorno a Roma" è lo sguardo sui due uomini e del loro senso di smarrimento riguardo alle compagne di vita, più determinate e capaci di essersi scelte un ruolo professionale ambizioso, mentre i maschi si sentono diversi passi indietro. Tenuto in equilibrio tra sorriso e qualche leggera malinconia, il film si vede in maniera tutto sommato gradevole, ma se la questione legata alla coppia Fresi/Gerini è abbastanza superficiale, quella della coppia principale Leo/Nieto riserva qualche ragionevole dubbio: come fa lei a non accorgersi, per tutta la pellicola, che il suo nuovo interlocutore con il quale si apre e forse fantastica un incontro che possa avviare un nuovo percorso sentimentale, non è altri che l'uomo di cui si è stancata? Da attore Leo dimostra di aver buona mano nel dirigere gli interpreti, facendo debuttare nel cinema italiano una fascinosa Marta Nieto, a suo agio nel mostrare soprattutto le parti ruvide del suo personaggio, però, rispetto al racconto, qualche volta la situazione gli sfugge di mano, come il poco verosimile "giù le carte" in consiglio tra la prima cittadina e il marito esausto.

mercoledì 2 novembre 2022


LA STRANEZZA ( I, 2022) 
DI ROBERTO ANDÒ 
Con TONI SERVILLO, SALVO FICARRA, VALENTINO PICONE , Giulia Andò. 
COMMEDIA 
La "stranezza" del titolo ( o "stranizza", come direbbero i personaggi del film, che per buona parte della durata parlano in siciliano, con traduzione nei sottotitoli) riguarda Luigi Pirandello, che torna nella natia Trinacria per occuparsi del funerale della sua vecchia tata: il grande drammaturgo è in una fase di aridità creativa, i personaggi delle sue opere gli fanno visita come spettri, ma non sa dare verso alle idee che sembrano pronte a nascere ma, come capita a molti autori, in quel momento, stentano a prendere forma. L'incontro con i due becchini che effettuano la collocazione della salma nel cimitero, senza che l'autore di "Enrico IV" riveli la propria identità, imprime una svolta alla provvisoria mancanza di ispirazione del letterato: infatti, i due sono appassionati di teatro e scrivono e recitano commedie a livello dilettantesco. Osservando la varia umanità, tra prove e rappresentazione, si scatena nel teatrino parrocchiale, Pirandello trova la via per stendere "Sei personaggi in cerca d'autore", opera di importanza cruciale. Roberto Andò mette insieme quello che oggi appare come forse l'interprete più duttile e carismatico del cinema italiano ( che ha già una storia teatrale imponente, ancora prima di apparire di fronte alla macchina da presa) e un duo che dal cabaret al grande schermo, passando attraverso un'esplosione sulla TV grazie a trasmissioni di gran successo, da anni offre una comicità quasi mai sboccata, a modo suo classica e perfino raffinata, per i tempi, ricostruendo l'origine di un grande testo. L'operazione comprende il racconto di un'Italia periferica, nella Sicilia profonda di inizio Novecento, con un'impronta brillante, soprattutto per quel che riguarda l'allestimento della commedia ( la quale tratta anche di fantasmi, quasi a replicare le inquietudini che questo Pirandello si porta dentro), e un'ombra di dramma, che caratterizza il privato del grande autore siculo, accennando alla follia della moglie e ai propri tormenti. Il gioco a Andò riesce, il film è molto scritto, ma anche molto ben reso e recitato, ha una vitalità genuina che spesso sollecita il sorriso dello spettatore, e rievoca testi come "Il birraio di Preston" di Camilleri. Oltre al ritrovare l'ispirazione osservando quello spettacolo che è la vita comune, per un pur titolato principe della scrittura, il film sembra sottolineare che le opere più dirompenti, come vediamo infatti nella prima, storica, rappresentazione a Roma del "Sei personaggi", spesso trovano ostilità accesa nel pubblico più conservatore, per poi farsi strada lungo il tempo nella cultura e nell'accezione generale: in questo senso fece epoca l'accoglienza feroce a "La dolce vita" a Milano, per fare un esempio, con tanto di uova marce lanciate a Fellini e al resto della compagnia, per sancire poi l'importanza di dato lavoro. Toni Servillo dà una misurata rappresentazione di un Pirandello elegante e turbato, Salvo Ficarra e Valentino Picone non sfigurano nel riproporre gli equilibri della coppia costituita in anni di esperienza tra palco e set, e a loro fa corona un cast di volti e espressività vivide ( ci sono anche Renato Carpentieri che impersona per qualche minuto Giovanni Verga, Donatella Finocchiaro che interpreta la moglie di Pirandello e Luigi Lo Cascio che fa il protagonista del "Sei personaggi"), dando vita a un film che tratta di cultura, coraggio creativo e rapporti umani mai troppo semplici, conflittuali e socievoli a un tempo, in maniera piuttosto godibile.
 

martedì 1 novembre 2022


 
SPIDERHEAD ( SPIDERHEAD, USA 2022) 

DI JOSEPH KOSINSKI 
Con MILES TELLER, CHRIS HEMSWORTH, Jurnee Smollett, Mark Paguio. 
THRILLER/FANTASCIENZA 
Sopravvissuto a un terribile incidente automobilistico, il giovane Jeff(Miles Teller) è in un impianto dedito a esperimenti scientifici particolari su un'isola nell'oceano: a cura dell'abbiente studioso Steve Abnesti (Chris Hemsworth) si ricerca, infatti, come condizionare il comportamento degli esseri umani tramite le emozioni, inducendo gli atteggiamenti tramite un dispositivo posto sulla schiena delle "cavie". Più che il film va avanti, più si scoprono i motivi per i quali il protagonista è in una specie di segregazione, come gli altri "ospiti", e quali siano le reali intenzioni dell'apparente "Prometeo" che porta avanti l'esperimento. Girato da Joseph Kosinski successivamente al secondo "Top Gun", per Netflix, "Spiderhead" è un thriller fantascientifico interessante nelle premesse, che monta la tensione necessaria con calma, raggiungendo un discreto picco, sciupandosi però in un finale abbastanza prevedibile e che sa di già visto, nel quale si risolvono le cose in maniera un po' facilotta. C'è, è vero, un discorso sulla necessità del libero arbitrio, ma rimane abbastanza in superficie: nel cast, apprezzabile il versante sinistro sempre meno dissimulato del solitamente visto in panni eroici, super e non, Chris Hemsworth, mentre Miles Teller, presente anche in "Top Gun: Maverick" non dà tutte le sfumature necessarie ad un personaggio che via via scopre cose di sé che lo fanno dubitare della propria sanità mentale. Il film si fa vedere, ma, considerando un budget che si pensa piuttosto alto, per via, soprattutto delle scenografie, e dei due nomi principali del cast, forse è una cosa riuscita fino ad un certo punto, nonostante la piattaforma lo sbandieri come una delle sue maggiori attrattive attuali nel campo delle produzioni proprie.