LA FAVORITA ( The Favourite, GB/USA/IRE 2018)
DI YORGOS LANTHIMOS
Con OLIVIA COLMAN, EMMA STONE, RACHEL WEISZ, Nicholas Hoult.
DRAMMATICO/GROTTESCO
Ogni corte, e, se si vuole, ogni centro di potere, è un magnete che attrae gente d'ogni tipo d'ambizione ed intenti, e la Storia è piena di personaggi sullo scranno di comando intorno ai quali hanno gravitato tipi rapaci e addirittura capaci di usare i favori di cui hanno goduto per esercitare, a loro volta, altro potere nelle società in cui hanno vissuto. Attorno alla regina Anna d'Inghilterra, all'inizio del Diciottesimo secolo, si sfidano, senza ufficializzare la tenzone, due donne, Sarah Churchill e la neofita Abigail Masham, per godere della fiducia della regnante, segnata nella salute dalla gotta, e nella psiche da troppe gravidanze andate perdute: in realtà, la confidenza da conquistare circa la regina, comporta anche il letto, e molto altro.... Candidato a dieci Oscar tra i quali miglior film e regia, "La favorita" ne ha vinto uno solo, quello per la miglior attrice protagonista, andato a Olivia Colman, e ha lanciato definitivamente un autore, il greco Yorgos Lanthimos, che ha già destato da anni interesse tra i cinefili, e vinto premi in giro per i vari festival: in verità, Lanthimos ha girato questo lavoro ritrovandoselo assegnato, e quindi, c'è, tra i recensori, chi ha parlato di "film su commissione". L'autore avrà preso in mano un soggetto e una sceneggiatura non firmati da lui, ma il segno del regista che un anno fa fece uscire un film di una certa capacità di inquietare come "Il sacrificio del cervo sacro", è evidente eccome: si parla del Settecento, ma l'intenzione di Lanthimos è sottolineare la ferocia e la vacuità di un classismo di ritorno, in cui le categorie che "possono" perdono tempo, sperperano denaro e tendono a mortificare chi "sta sotto" trattando chiunque come merce, indicendo passatempi idioti o ridicoli, comunque contraddistinti da una mancanza di sensibilità evidente. Nel duello tra la dura, ma più umana, Sarah Churchill interpretata da Rachel Weisz e la vivace, ma vuota e crudele, Abigail Masham cui dà volto Emma Stone, viene fuori una tensione urticante, cui contribuisce la bizzosa, infelice, lunatica Anna per la quale ha conquistato l'Oscar Olivia Colman. Ma l'intero lungometraggio ha il limite di una provocazione perpetua, di una ricerca dell'effetto disturbante cronica, per sollevare disgusto, imbarazzo e fastidio nello spettatore, tra crudezze e fluidi corporei di ogni tipo, da far sospettare una relativa programmaticità in questo, che sminuisce non poco un eventuale apprezzamento dell'opera. E se, come ha scritto qualcuno, in alcuni passaggi questo regista greco fa pensare a certi movimenti di Stanley Kubrick ( per alcuni carrelli all'indietro, il ritmo con cui vengono scanditi i racconti ed il rapporto tra silenzi, immagini e musiche, in effetti, viene naturale collegare i due stili di cinema), può darsi che diventi un autore di gran pregio, ma Lanthimos deve imparare a non cercare di stordire continuamente il pubblico, ma di lasciarlo pensare e assorbire via via immagini, messaggi e parole.
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