IO SONO L'AMORE ( I, 2009)
DI LUCA GUADAGNINO
Con TILDA SWINTON, Flavio Parenti, Alba Rohrwacher, Edoardo Gabbriellini.
DRAMMATICO
Nella Milano esclusiva dell'alta borghesia, quel che accade all'interno di un'abbiente famiglia di industriali del tessile, i Recchi, oltre a quel che l'etichetta consente e accetta, parte con l'ultimo discorso a tavola del patriarca Edoardo (Gabriele Ferzetti), che si congeda da affari e vita mondana consegnando l'azienda di casa al figlio Tancredi ( Pippo Del Bono) e al primo nipote Edoardo jr. (Flavio Parenti). Tra i due eredi in breve tempo c'è un grosso dissenso: se il più anziano spinge per cedere l'industria a nuovi proprietari esteri, il giovane è nettamente contrario, si preoccupa delle sorti degli operai e cerca di far cambiare idea al genitore. Il conflitto di interessi è, in realtà, più che altro il catalizzatore di un melò all'italiana che Luca Guadagnino ha scritto, per poi unirsi a Barbara Alberti, Walter Fasano e Luca Cotroneo per redigere la sceneggiatura: chiaro il richiamo al cinema di Visconti, sia nell'impostazione, dato che la pellicola sembra partire raffreddando le passioni, con una messa in scena elegante, sobria fino a risultare quasi scostante, per poi innescare, da un certo punto in poi, un'accelerata che porta al crescendo conclusivo. Tilda Swinton trova una particolare alchimia nelle direzioni del regista siculo: è una signora attrice, e ne siamo consapevoli, ancor di più, sia in quest'opera che nel recente "Suspiria" ha dato prove di primissimo livello, con una resa dei personaggi interpretati ammirevole. Se il volume delle passioni cresce appunto nel correre verso un finale da grande tragedia ( ma è anche assai liberatorio), uno dei picchi del film è nell'erotismo della scena d'amore in piena campagna, cui la regia fornisce una naturalezza piena e un'attenzione a ogni dettaglio di grande impatto. Denso nell'illustrare sentimenti più o meno controllati dei personaggi, deciso nell'orchestrare il dramma che va a compiersi, "Io sono l'amore" è tra le cose migliori realizzate fin qua da un regista che forse troppo si compiace di sè, ma ha un talento visivo, ed un nerbo narrativo, non così comuni nel cinema europeo d'oggi.
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