IL COLIBRÌ ( I, 2022)
DI FRANCESCA ARCHIBUGI
Con PIERFRANCESCO FAVINO , Berenice Bejo, Kasia Smutniak, Nanni Moretti.
DRAMMATICO
Una telefonata fatidica, di cui scopriremo solo più tardi cosa significa per il protagonista, cambia una volta di più la vita di Marco Carrera, medico che fin da piccolo ha inciampato in tante complicazioni e pure disgrazie che la vita gli ha messo davanti: mezzano di tre fratelli cresciuti in condizione agiata, ma non per questo felicissima, figlio di un ingegnere ed un architetto spesso in conflitto ma destinati a rimanere sempre insieme, incontra il primo amore, ma il momento di felicità lascia immediatamente il passo ad una tragedia che lo segna profondamente. In un andirivieni di momenti che caratterizzano un'esistenza viene narrata la storia di un uomo mite e onesto, che viene vessato di problemi, apparentemente remissivo, ma in realtà dotato di quel coraggio che le persone veramente forti posseggono, resistendo agli urti e conservando un'irreversibile speranza nel futuro. Dal romanzo premio Strega omonimo, di Giovanni Veronesi, Francesca Archibugi ha tratto un film che difetta di qualche punto oscuro, nell'andamento rapsodico scelto, non tutto torna come dovrebbe, alcune motivazioni dei personaggi sfuggono, però è anche uno dei titoli più felici della sua filmografia: temi importanti come resilienza e fine vita vengono trattati con sensibilità e giusta profondità, nel racconto dell'esperienza di un personaggio che si prende ogni responsabilità sulle spalle, comprese, e forse soprattutto, quelle che gli altri scansano perché troppo pesanti. Ambientato tra Firenze e Roma lungo oltre quarant'anni, anche se, lo dico da fiorentino, la nebbia nel centro città, così come mostrata anche in "Hannibal", non l'abbiamo vista mai così, "Il colibrì" ( così intitolato perché al piccolo e aggraziato uccellino viene paragonato il personaggio principale) è uno di quei film, oggi non così comuni, che possono risultare toccanti durante la visione, e lievitare nello spettatore poi: un cast importante, del quale meritano menzione anche gli apporti, sia di Nanni Moretti che interpreta uno psicanalista che sarà fondamentale per Carrera, e, in una piccola ma importante partecipazione, di Massimo Ceccherini ( ma chi l'avrebbe mai detto di vedere questi due nomi in uno stesso film?), aiuta il disegno della regista nel definire il percorso di vita di un essere umano incrinato dalla disgrazia, ma fino alla fine saldo nella propria serenità, e ad aspettarsi sempre un domani migliore. Plauso per un Pierfrancesco Favino ( notevole il suo accento fiorentino, con la pronuncia, rarissima, delle consonanti iniziali in modo corretto e mai troppo "caricato") che compie la prodezza di dare una dimensione tale, al proprio personaggio, da fare sì che lo spettatore vi si affezioni sinceramente, e lo porti con sé a film concluso.
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