GRAN BOLLITO ( I, 1977)
DI MAURO BOLOGNINI
Con SHELLEY WINTERS, Max Von Sydow, Laura Antonelli, Alberto Lionello.
GROTTESCO
Anche se la protagonista si chiama Lea, è chiaro che il film di Mauro Bolognini, uscito nel 1977, è ispirato all'orrida vicenda della "Saponificatrice di Correggio" Leonarda Cianciulli, caso di cronaca nera che occupò le pagine del dopoguerra. Come la sua reale ispiratrice, la protagonista della pellicola giunge in una cittadina del Nord dalla Campania: la donna appare come morbosamente legata al figlio ( unico sopravvissuto delle tante gravidanze sostenute), pratica fino alla scontrosità, superstiziosa oltremodo. Tendenzialmente rancorosa, e con un sordo furore verso il mondo intero, Lea scanna tre nuove amiche, le seziona e ne fa sapone e biscotti da offrire a chi la conosce: quando intuisce che il figlio vorrebbe lasciare casa per mettersi con la donna che ama, le crolla il mondo addosso, e si prepara ad eliminare anche colei che ora considera sua principale nemica.... A Mauro Bolognini è stato riconosciuto, con questo lavoro, di aver girato uno dei più evidenti casi di "bizarro movie" in Italia: in effetti, scegliere un tema come quello di una delle più famose assassine seriali italiche e farne un film a sfondo drammatico era prevedibile, ma il regista di "Metello" sceglie invece di impostare la narrazione su una chiave grottesca, volutamente filoteatrale ( infatti, la cucina dove Lea compie le sue efferatezze appare come un vero e proprio palcoscenico), a mò di omaggio al "Grand Guignol". Però, per aver deciso di porre un'ottica in tal senso è curioso che il regista non abbia immesso alcuna forma di umorismo vero e proprio, al di fuori dello scherzo allo spettatore di aver dato da interpretare le vittime della follia omicida del personaggio principale a uomini vestiti da donna ( Max Von Sydow, Alberto Lionello, Renato Pozzetto); in più, come rilevò salacemente Tullio Kezich recensendo il film, una forte traccia di misoginia è avvertibile, nell'aver dipinto un panorama femminile di disturbate mentali, o di deboli nel fisico e nella mente. Shelley Winters impersona con sinistra padronanza un mostro che dà spiegazione motivata delle sue macabre gesta, gli altri personaggi hanno perlopiù una bidimensionalità che non aiuta un cast eppure costruito con cura ( valga per tutti Adriana Asti sprecata nel ruolo di poco conto di una frequentatrice un pò sciroccata della casa della madre-killer).
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