ORE 15:17 ATTACCO AL TRENO ( The 15:17 to Paris, USA 2018)
DI CLINT EASTWOOD
Con ANTHONY SADLER, ALEX SKARLATOS, SPENCER STONE, Jenna Fischer.
DRAMMATICO/BIOGRAFICO
C'è una foto degli anni Ottanta, in cui sono ritratti mentre parlano, magari di cinema, Steven Spielberg e Clint Eastwood: all'epoca veniva da pensare quanto fossero distanti i due, uomini e artisti con un approccio diversissimo ai film, e alle storie portate sullo schermo. Oggi, in realtà, entrambi, pur con idee molto diverse, hanno realizzato, negli ultimi anni, dei film importanti che raccontano momenti storici, recenti o meno, illustrando, con dovizia di dettagli e scavando i personaggi inquadrati a fondo, andando in contrasto con l'era di Wikipedia, in cui appunto un colpo d'occhio allungato dà la superficiale illusione di conoscere un dato argomento, scandendo il racconto con il tempo percepito come necessario. Il 21 Agosto 2015, sul treno Amsterdam-Parigi, tre giovani americani in giro per l'Europa in vacanza, si ritrovarono coinvolti nell'atto di violenza perpetrato da un invasato che si scoprì affiliato all'Isis, e riuscirono a limitare le proporzioni dello scellerato assalto, riducendo il folle all'impotenza. "Ore 15:17 attacco al treno" è stato accolto con diverse perplessità da molti spettatori, e anche numerosi recensori sono stati piuttosto freddi, con l'ultima fatica eastwoodiana. E' vero, probabilmente se non portasse la firma del regista due volte premio Oscar, che ha, negli ultimi trent'anni, girato più volte film reputati di primissimo ordine ( almeno tre sono considerati tra i più belli giunti dagli USA in tale periodo), questo lungometraggio, che narra un'amicizia tra tre giovani uomini fin dagli albori, a scuola, fino al momento-chiave delle loro vite, poteva anche essere apprezzato maggiormente. E' anche un nuovo capitolo di un'America raccontata da un lucido anarcoide con base conservatrice, che sottolinea il fatto che anche persone di assoluta medietà possano diventare eroi, se spinti dallo spirito di comunità necessario a fare quel gesto in più, rischioso, che fa la differenza. Visto in quest'ottica, pur essendo stilisticamente distante dal suo modo di far cinema, e apparendo forse come un titolo minore, è un lavoro interessante: ed il fatto di aver scelto di dirigere i veri "eroi normali" invece di farli impersonare da professionisti, è un'idea non bislacca, bensì la testimonianza di un'ostinata resistenza all'invecchiamento di un ottantasettenne che,speriamo, ancora non ha voglia di mollare la presa.
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