BORG MCENROE ( Borg McEnroe, SW/DK/FIN 2017)
DI JANUS METZ
Con SVERRIR GUDNASSON, SHIA LABEOUF, Stellan Skarsgard, Tuva Notovny.
DRAMMATICO/BIOGRAFICO
Rivalità anche pompata dai mass media, come siamo ormai soliti conoscere, tra campionissimi, la sfida tra i tennisti Bjorn Borg e John McEnroe, per gli appassionati dello sport con racchetta e palla pneumatica, è stata uno dei momenti più intensi della storia del gioco. Confrontatisi ben quattordici volte in soli quattro anni, in realtà sono finiti sette a sette, con nessun vincitore a titolo definitivo, quindi: il film si concentra sull'incontro a Wimbledon 1980, definito come uno dei più belli di sempre dagli esperti. Come nel primo "Rocky", però, il tennis vero e proprio si vede per accenni, fino al match finale, che si prende un quarto d'ora tirato al diapason dell'emozione sportiva: al regista Janus Metz , comunque molto abile nel riprendere uno sport, a detta di molti, quasi "infilmabile", interessa molto di più narrare la tensione dei due fuoriclasse, che vivono conflitti interiori, cercano di arrivare al giorno della partita superando incertezze, timori e rabbie, con stile e approccio diverso, come è noto che avessero. Pur battendo bandiera svedese (oltre che danese e finlandese, in sostanza nordica), il film non si concede manicheismi, mettendo sotto la stessa luce sia Borg che McEnroe, sottolineandone, in fondo, l'umanità di due ragazzi sotto forte pressione, guidati dalla comune passione per il proprio gioco e agitati dal fuoco della sfida (bellissimo il momento in cui Borg, vedendo l'avversario in difficoltà, gli dà un consiglio amichevole). E si vede che è un film fatto in Europa, e non americano, per lo spirito con cui è concepito e realizzato, senza facili trionfalismi o sintetizzazioni forzate per cercare una morale netta e annunciata: buon cast, con interpreti coinvolti, dall'inedito da noi Gudnasson, che imprime l'interiorizzazione ed il metodismo sportivo al suo Borg, a Laboeuf, qui molto bravo a rendere impacci, scatti di rabbia e intuizioni del suo McEnroe, ma sarebbe brutto dimenticare l'apporto del sempre ottimo Stellan Skarsgard nel ruolo dell'allenatore dello svedese, con cui ha un rapporto da padre putativo. Curato in ambientazione e tratteggio psicologico, appassiona anche i non proprio innamorati del tennis come il sottoscritto.
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