SILENCE ( Silence, USA/MEX/TW/I/GB/JAP 2016)
DI MARTIN SCORSESE
Con ANDREW GARFIELD, Adam Driver, Tadanobu Asano, Liam Neeson.
DRAMMATICO/STORICO
Annunciato da anni da Martin Scorsese, il progetto di trarre un film da "Silenzio", romanzo di Shusaku Endo, ambientato nel Seicento, su due preti gesuiti che scelgono di andare in Giappone alla ricerca del loro padre spirituale, il sacerdote Cristovao Ferreira, dopo che l'uomo non ha più dato di notizie di sè. La pellicola, tuttavia, si apre con una visione di morte: Ferreira, catturato e sotto minaccia, è costretto ad assistere alla tortura ed all'uccisione di altri confratelli da parte di autorità nipponiche, e pare che lo stesso religioso, sparito nel nulla, abbia abiurato la religione cristiana, e sia divenuto devoto ai suoi torturatori. I film ad impronta maggiormente religiosa dell'autore de "L'ultima tentazione di Cristo", che pure scatenò polemiche e discussioni alla sua uscita, sono probabilmente tra i meno frequentati dal pubblico, nella filmografia scorsesiana, ma anche i più sentiti del regista: come si sa, passato dalla prospettiva di un percorso ecclesiastico ad una carriera nel cinema straordinaria ( e per fortuna, da cinefili è normale pensarlo), Scorsese ha rimandato per decenni questo suo lavoro, cambiando via via i nomi degli interpreti che avrebbero dovuto ricoprire le parti principali. La ricerca di padre Ferreira, quasi come quella di Kurtz in "Apocalypse now" è lunga, densa di accadimenti violenti, in un Paese che cela a malapena un'ostilità feroce, e alla sua fine muterà notevolmente il ricercatore. "Silence" è un'opera che in diversi della stampa addetta hanno etichettato come "flop", ma è difficile pensare che sia chi l'ha prodotta, che chi l'ha scritta e diretta, pensasse di star lavorando ad un campione di incassi: è un film-fiume, lungo quasi tre ore, che narra una ricerca di risposte, di fronte appunto al "silenzio di Dio", perchè se Rodrigues, il protagonista impersonato da Andrew Garfield, cita il Vangelo domandandosi come Gesù Cristo, perchè la divinità l'abbia abbandonato, di fronte alla violenza ed al rischio di sofferenze e morte imposte dalle autorità religiose e politiche giapponesi dell'epoca, riguardo a chi professa la religione cristiana. Però, pur apprezzandone certi passaggi, come la prospettiva particolare di certe inquadrature, quasi a simboleggiare lo sguardo dall'alto verso le pochezze umane, e il ritratto dell'inquisitore, figura sorridente e vellutata, ma di fatto mandante delle crudeltà verso i prigionieri che ci vengono mostrate, come molti lavori fin troppo sentiti dagli autori, questo è un film cui porsi con attenzione e rispetto, ma che non coinvolge mai fino in fondo, ed il confronto tra Rodrigues e Pereira delude le aspettative dello spettatore, giocando sull'ambiguità delle parole dell'apostata e il non detto tra i due personaggi. Certo, la materia è complessa, ma se il senso del lungometraggio era il raggiungimento di una Verità dello spirito da nascondere al mondo, e da perseguire in un silenzio al prossimo da non spezzare, in un dialogo esclusivo con la divinità riconosciuta, ciò non affiora in maniera evidente.
Nessun commento:
Posta un commento