sabato 12 novembre 2016

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IL CONSIGLIORI ( I/USA, 1973)
DI ALBERTO DE MARTINO
Con MARTIN BALSAM, TOMAS MILIAN, Francisco Rabal, Dagmar Lassander.
DRAMMATICO/AZIONE
Il debordante successo de "Il padrino" creò un'ondata di film di vario livello sulla mafia, solitamente narranti regolamenti di conti tra clan di malavitosi, evidenziando, più o meno, distinzioni di etica tra le varie cosche, e rapporti di sangue e tradizione, a contrasto con i gangsters che pensano solo ai traffici redditizi: Tullio Kezich bollò questo sottogenere come una forma di pubblicità alla mafia, e forse non aveva tutti i torti. In questo film diretto da uno specialista del B-Movie all'italiana Alberto De Martino, Tomas Milian, figlioccio del boss Martin Balsam, esce di prigione, e si ricongiunge con il maturo capoclan: ma il carcere lo ha cambiato, faceva l'avvocato della Famiglia, ma vuole venir fuori dal giro. Gli alleati del capomafia, però, temono che possa parlare troppo, e così comincia uno scontro all'ultimo sangue, che farà diversi morti. Ambientato per tre quarti in America e nel finale in un paese siciliano, in cui si consumerà la maggior parte della carneficina, "Il consigliori" è infarcito di dialoghi-clichè, le situazioni delle riunioni tra nemici/amici risapute, c'è anche un pranzo con un mafioso che intona "E lucean le stelle" di pucciniana memoria, con accento di Broccolino, abbastanza imbarazzante, ma più che altro, quello che stona, sono i momenti che vorrebbero essere "commoventi", delle conversazioni tra i due protagonisti, con tanto di musica adatta più ai coevi film lacrimoso-ricattatori quali "L'albero di Natale" o "L'ultima neve di primavera". E dire che per molti è uno dei migliori titoli del genere: Tomas Milian, curiosamente, per un attore che poi è diventato iconico recitando sopra le righe col "Monnezza", fa un personaggio dai toni contenuti, mentre Martin Balsam, che in Italia trovò una seconda giovinezza, mette mestiere e poco altro. Finale al piombo, come si conviene in queste situazioni.

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