LA SPIA CHE VENNE DAL FREDDO
(The spy who came in from the cold,GB 1965)
DI MARTIN RITT
Con RICHARD BURTON,Claire Bloom,Oskar Werner,Peter Van Eyck.
SPIONAGGIO
"Esiste una sola regola:la convenienza!",grida in faccia all'idealista Claire Bloom l'agente segreto Richard Burton,che le spara addosso tutta la crudele verità sul conflitto in atto tra blocco occidentale e paesi dietro la Cortina di ferro.Che John Le Carrè abbia realizzato il controcanto "serio",benchè venato da un'ironia amara,del mondo delle spie occidentali e orientali,delle avventure di James Bond,firmate Ian Fleming su carta,da vari registi dietro allo 007 di turno sullo schermo,è risaputo.A metà anni Sessanta uscì uno degli adattamenti da uno dei suoi romanzi più celebri,già riguardante il mondo di George Smiley,che qui è presente come personaggio importante ma "laterale",diretto da un cineasta oggi forse troppo poco considerato,alla stregua di autori popolari quali Robert Rossen,Richard Lester,John Frankenheimer,e molti altri:ubriacone,trasandato,introverso e poco simpatico a tutti,Alec Leamas sembra lasciarsi avvicinare da agenti sotto copertura del sistema socialista,nonostante sia stato di stanza per anni a Berlino,e va in Germania Est per vendere segreti,tenuto in una sorta di ospitale prigionia da parte di alcuni funzionari,che non sanno se fidarsi o meno dello scorbutico inglese.Il film sa immergere lo spettatore in un'atmosfera plumbea,smorta,disincantato sugli idealismi in guerra,apparentemente cinico nel presentare tutti i motivi di asprezza verso politica e rapporti umani,salvo in extremis stupire con un guizzo che,come in molti racconti di Le Carrè,tramuta una storia di suspence,in un apologo umanista.Bravissimo Richard Burton in un ritratto di scellerato ostile e falsamente freddo,non è da meno Oskar Werner veemente "cattivo" all'apparenza,vera vittima della macchinazione.
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