MORTO STALIN SE NE FA UN ALTRO ( The death of Stalin, GB/F/B 2017)
DI ARMANDO IANNUCCI
Con TIM ROTH, Jeffrey Tambor, Simon Russell Beale, Andrea Riseborough.
SATIRICO/ STORICO/ GROTTESCO
Nel 1953 la Guerra Fredda è iniziata relativamente da poco, Stalin tiene in pugno l'Unione Sovietica vincitrice della "Grande Guerra Patriottica", come i russi e gli ex sovietici in generale, tutt'ora chiamano la II Guerra mondiale, e intorno ha una corte di potentissimi , che sono comunque vincolati alle sue scelte, stretti nel timore di fare il passo sbagliato, come è norma in ogni forma dittatoriale. Finché accade che Stalin muore, e, come appunto in ogni regime, parte una acuminata lotta tra figure del Potere per scavalcare gli altri e raccogliere il comando: tratto da una graphic novel, "Morto Stalin, se ne fa un altro" ( in originale, più seccamente, "The death of Stalin") sarebbe una satira velenosa sulla fine dell'era staliniana, e sulla presa del Potere da parte di Kruscev. E fin qui, tutto bene: la regia di Armando Iannucci, che guida una coproduzione tra Inghilterra, Francia e Belgio di livello alto, visti i nomi nel cast ( da Tim Roth che impersona Kruscev, a Michael Palin che dà volto a Molotov, fino al duro maresciallo Zukov, interpretato da Jason Isaacs), dipinge i fatti accaduti all'indomani del trapasso del dittatore venuto dalla Georgia, romanzandoli, certo, ma rimanendo, a quanto è dato sapere, molto vicino al realmente successo. Quel che manca, per essere una satira riuscita, è l'umorismo. E il sarcasmo a profusione di cui è cosparso il lungometraggio, non basta a fargli assumere lo status di black comedy: fosse uscito quarant'anni fa, sarebbe stato tacciato di propaganda anticomunista, ma visto che nelle alte sfere del socialismo reale siamo venuti a sapere di quali faccende si siano lordati, il problema non è, appunto, la componente ideologica ( che comunque c'è). È la sensazione di un'opera realizzata senza che ci sia il registro giusto per condurla, ed è un peccato, perché gli interpreti sarebbero in palla, l'ambientazione ben realizzata, ma è proprio un difetto di regia quell'abbozzare senza smaltare di ironia concreta il film finito. E tutti i sorrisi, amari o no che fossero, che potevano scaturirne, rimangono aspri ghigni.
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