ASSASSINIO SUL NILO ( Death on the Nile, USA/GB 2021)
DI KENNETH BRANAGH
Con KENNETH BRANAGH, Gal Gadot, Armie Hammer, Ammette Bening.
GIALLO
Dopo il consistente successo nelle sale mondiali di "Assassinio sull'Orient-Express", remake del classico firmato Sidney Lumet dall'omonimo romanzo di Agatha Christie, ecco un altro capitolo delle avventure investigative del detective belga Hercules Poirot, creato dalla scrittrice inglese, annunciato già nel finale del film sopra citato. Anche questo già un classico del giallo al cinema, nella versione del 1978, che vedeva Peter Ustinov nei panni del pignolo e acuto investigatore ( nel film del '74 invece era Albert Finney a prestargli volto) e John Guillermin alla regia: qua torna Kenneth Branagh sia nei panni del personaggio, sia dietro alla macchina da presa, spiegando, in un breve prologo ambientato durante la Prima Guerra Mondiale, il motivo dei pittoreschi baffi sfoggiati in questa versione anni Venti. Come chi ha letto il romanzo, o visto la versione anni Settanta sa, Poirot è in viaggio su una crociera lungo il Nilo, e sulla nave viene commesso un omicidio, il cadavere è quello di una bellissima ereditiera, novella sposa, e come la Christie ha insegnato, la rosa dei possibili colpevoli si estende a molti dei personaggi che appaiono nella storia: toccherà quindi alla mente ingegnosa dell'investigatore scoprire chi ha commesso il delitto, non prima che ad altri tocchi analogo e tragico destino. Pronto già l'anno scorso, poi rientrato tra i grossi titoli rimandati per colpa dell'emergenza COVID, "Assassinio sul Nilo" mantiene le promesse di spettacolo per grandi platee, con qualche variazione rispetto al testo originario ( appunto, la drammatica spiegazione dei baffi, e un finale che risulta abbastanza poco usuale per la psicologia poirotiana, tra le altre cose), una disinvoltura maggiore delle versioni precedenti nel trattare tematiche un tempo meno esplicite come l'omosessualità, e ha un discreto livello di suspence, anche se, a titolo personale, è forse uno dei casi meno "difficoltosi" da risolvere per il personaggio. C'è un uso fin troppo sbandierato di grafica digitale, sia nella composizione dei piani sequenza, una regia più attenta a soddisfare il grosso pubblico che a scandagliare le psicologie dei personaggi che in altri lavori del regista e attore ( ma Branagh, con buona pace dei suoi grandi sostenitori della prima ora, è da tempo un director affidabile per le grandi produzioni degli studios, seppure il coevo "Belfast" appaia dalle prime immagini come un film più autoriale): nel cast, diretto con scioltezza, una spanna sopra agli altri Annette Bening in un ruolo spigoloso. Se ci sarà un terzo capitolo del Poirot versione Branagh, non è ancora dato saperlo, anche se, ovviamente, la risposta al box-office avrà certo il suo peso.
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