lunedì 12 agosto 2019

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APRI GLI OCCHI ( All I see is you, USA/THA 2018)
DI MARC FORSTER
Con BLAKE LIVELY, JASON CLARKE, Ahna O'Reilly, Wes Chatham.
DRAMMATICO/THRILLER
Rimasta ipovedente dopo l'incidente in cui ha perso i genitori, Gina vive a Bangkok con il marito James, da cui dipende per via dell'handicap: con un'operazione, la giovane donna riesce a recuperare l'utilizzo dell'occhio destro. Oltre alla felicità per la vista notevolmente migliorata, però, nella coppia si insinuano nuovi problemi: Gina morde il freno e vuole maggior libertà, James vede aumentare il proprio lato possessivo, con sviluppi anche inquietanti. Coprodotto tra Stati Uniti e Thailandia, da cui l'ambientazione nella metropoli asiatica, "Apri gli occhi", da non confondere con il thriller dallo stesso titolo, targato Spagna e firmato da Alejandro Amenabar poi rifatto dagli americani con "Vanilla sky", questo film è un mèlò che sfuma lentamente in un'aromatizzazione thriller, senza diventare un vero e proprio titolo di suspence. L'elvetico Marc Forster costruisce abbastanza bene, senza lasciarsela scappare di mano, la tensione crescente tra i due sposi, le cui dissintonie erano messe in sordina nella fase in cui la donna necessitava maggiormente dell'aiuto del marito; peccato che, verso la conclusione, rimangano troppe cose sospese, non tutti gli snodi vengano curati appieno, forse per favorire la svolta tragica del finale, che comunque finisce la pellicola con un moto di speranza. E' interessante che la sceneggiatura metta in risalto quanto il non detto possa logorare le basi di un rapporto di coppia, che la diffidenza reciproca è un danno alle unioni che non trova antidoti, se la si lascia crescere: in questo, sono buone le prove sia di Blake Lively, sensuale e credibile tanto nelle fasi in cui è più vulnerabile, quanto in quelle in cui più o meno consapevolmente provoca l'aumento della crisi, che quella di Jason Clarke, un attore di buona qualità che fatica ancora, dopo numerosi titoli in cui rivestiva parti importanti, a trovare valorizzazione. Forse dovrebbe adottare un metodo più alla Gene Hackman, rivestire la sua "normalità" per far identificare maggiormente diversi spettatori nei ruoli che interpreta: allo stato attuale, vogliono ancora dargli personaggi fascinosi ma che non risultano poi tali, e per un attore giunto ai quarantanove anni, può essere dannoso.

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