A SPASSO NEL BOSCO ( A walk in the woods, USA 2015)
DI KEN KWAPIS
Con ROBERT REDFORD, NICK NOLTE, Emma Thompson, Mary Steenburgen.
COMMEDIA
Da un soggetto preso dal diario del vero viaggio compiuto dallo scrittore Bill Bryson, tornato negli USA a metà anni Novanta dopo un ventennio trascorso in Inghilterra, ove aveva conosciuto la moglie, "A spasso nel bosco" narra appunto l'avventura ( in chiave umoristica) intrapresa da Bryson portandosi dietro un vecchio amico che non vedeva da decenni. Inizialmente pensato per essere affidato a Richard Linklater, il lungometraggio è invece stato diretto da Ken Kwapis, director di commedie d'esperienza, e vede l'occasione di mettere insieme per la prima volta due big hollywoodiani come Robert Redford e Nick Nolte: perlopiù gradevole, anche se lievemente ripetitivo nello scorrere della storia, il film si risolve in una sorta di "Strana coppia" on the road, con l'idealista, un pò precisino e pacato scrittore impersonato dalla star de "I tre giorni del Condor" e l'arruffato, ex-beone e "pratico" cialtrone cui dà volto e corpo il protagonista de "Il principe delle maree". Nick e Bob se la cavano con buon mestiere, passandosi agevolmente la battuta, senza sgomitare per mettersi al centro dell'inquadratura, come si conviene a due stelle del cinema riconosciute: peccato che il racconto, volutamente rapsodico, non presenti personaggi veri e propri al di fuori di loro due, tutt'al più caratteri che hanno solo una facciata, e questo poteva essere sviluppato meglio. Anche perchè due attrici di valore riconosciuto come Emma Thompson e Mary Steenburgen si accontentano di ruoli di contorno puro, senza approfondire più di tanto: poteva essere anche letta come scelta per intendere il viaggio come costellato di incontri vari ( e tuttavia la Thompson impersona la moglie del protagonista), ma a conti fatti rimane un'operazione piacevole, ma di superficie.
LA POLIZIA INCRIMINA...LA LEGGE ASSOLVE
( I, 1973)
DI ENZO G. CASTELLARI
Con FRANCO NERO, James Whitmore, Fernando Rey, Delia Boccardo.
POLIZIESCO
Quando ancora il poliziottesco non si chiamava così, e cioè prima dell'esplosione dei vari titoli con Maurizio Merli, Luc Merenda & co., il film d'azione all'italiana cercava di far tesoro della lezione di autori come Francesco Rosi, denunciando corruzione ai piani alti di Giustizia e Potere, e le difficoltà del muoversi degli uomini di legge alle prese con malviventi e "pupari" di grosso livello: in questo senso, il più abile è stato Damiano Damiani, che ha cercato una via in equilibrio tra il film di denuncia e l'intrattenimento popolare. Questo film di Enzo G. Castellari presenta un commissario di scena a Genova, che vuole fermare un traffico di droga piuttosto intenso tra la sua città e Marsiglia ( al centro di molti titoli polizieschi in quegli anni, indicata come una delle basi dello smercio di narcotici, dopo "Il braccio violento della legge"), ma trova contrasto nelle macchinazioni di un insospettabile pezzo grosso dell'industria ligure: il prezzo da pagare per la battaglia contro il malaffare sarà molto salato. Per alcuni critici è questo, appunto, il lungometraggio che di fatto aprì la stagione "poliziottesca", in cui gli uomini dello Stato dichiarano resa ufficialmente ai troppi lacciuoli e impedimenti che la Legge impone, e si passa alla giustizia privata come unico modo di sconfiggere il crimine. Vero fino a un certo punto, perchè, comunque, a livello di costruzione drammatica, è un film superiore a molti altri nel genere, e contiene una scena di inseguimento di prim'ordine: nel cast, ben allestito, Franco Nero soffre un pò la maggiore aderenza ai ruoli dei più maturi James Whitmore e Fernando Rey.
OSTERMAN WEEKEND ( The Osterman Weekend, USA 1983)
DI SAM PECKINPAH
Con RUTGER HAUER, Craig T. Nelson, John Hurt, Meg Foster.
THRILLER/AZIONE
Ultimo capitolo di una carriera cinematografica complicata e tuttavia non priva di soddisfazioni anche in vita per il ribelle Sam Peckinpah, che aveva anche sangue pellerossa, e dette una spallata robustissima a "quel che si poteva far vedere" sullo schermo, con i suoi western e film d'azione con scene ampiamente sanguinarie, sparatorie devastanti e personaggi che facevano parlare più spesso le armi della bocca: "Osterman weekend", come altre volte nella filmografia dell'autore di "Pat Garrett & Billy The Kid", ha subito rimaneggiamenti dai produttori, rendendolo una pellicola abbastanza diversa dalle intenzioni del regista. Tratto da un romanzo del prolifico scrittore di spy-stories Robert Ludlum, il soggetto prevede il coinvolgimento di un giornalista di successo della tv in una trama convulsa in cui un agente della CIA probabilmente impazzito, ma con non poco potere nelle mani, vuole eliminare delle personalità che egli sospetta in combutta con i sovietici. Il climax della vicenda si svolgerà nel cottage di proprietà dell'uomo della televisione, durante un fine settimana che vedrà diversi cadaveri rimanere a terra. Se il plot è abbastanza prevedibile, con ribaltamenti e presunti colpi di scena su alleanze e inimicizie, nonchè la corruzione degli uomini al Potere, la cosa che colpisce di "Osterman Weekend" è lo sguardo sull'intrusione di telecamere, microfoni e la possibilità, grazie a questi, di ricreare una realtà ritoccata e fasulla per forza di cose, molti anni prima che ciò divenisse purtroppo argomento quotidiano. Nell'intreccio, e appunto nei probabili rabberci che la produzione ha procurato alla realizzazione del film edito, ne soffrono gli interpreti, con ruoli non definiti come potrebbero invece essere, vedi il personaggio di Dennis Hopper, e del cast si apprezza soprattutto l'ambiguo John Hurt nella parte di chi tira le fila. Non il migliore dei congedi, per un autore comunque incisivo e che ha lasciato un segno, ruvido e poetico allo stesso tempo.
APRI GLI OCCHI ( All I see is you, USA/THA 2018)
DI MARC FORSTER
Con BLAKE LIVELY, JASON CLARKE, Ahna O'Reilly, Wes Chatham.
DRAMMATICO/THRILLER
Rimasta ipovedente dopo l'incidente in cui ha perso i genitori, Gina vive a Bangkok con il marito James, da cui dipende per via dell'handicap: con un'operazione, la giovane donna riesce a recuperare l'utilizzo dell'occhio destro. Oltre alla felicità per la vista notevolmente migliorata, però, nella coppia si insinuano nuovi problemi: Gina morde il freno e vuole maggior libertà, James vede aumentare il proprio lato possessivo, con sviluppi anche inquietanti. Coprodotto tra Stati Uniti e Thailandia, da cui l'ambientazione nella metropoli asiatica, "Apri gli occhi", da non confondere con il thriller dallo stesso titolo, targato Spagna e firmato da Alejandro Amenabar poi rifatto dagli americani con "Vanilla sky", questo film è un mèlò che sfuma lentamente in un'aromatizzazione thriller, senza diventare un vero e proprio titolo di suspence. L'elvetico Marc Forster costruisce abbastanza bene, senza lasciarsela scappare di mano, la tensione crescente tra i due sposi, le cui dissintonie erano messe in sordina nella fase in cui la donna necessitava maggiormente dell'aiuto del marito; peccato che, verso la conclusione, rimangano troppe cose sospese, non tutti gli snodi vengano curati appieno, forse per favorire la svolta tragica del finale, che comunque finisce la pellicola con un moto di speranza. E' interessante che la sceneggiatura metta in risalto quanto il non detto possa logorare le basi di un rapporto di coppia, che la diffidenza reciproca è un danno alle unioni che non trova antidoti, se la si lascia crescere: in questo, sono buone le prove sia di Blake Lively, sensuale e credibile tanto nelle fasi in cui è più vulnerabile, quanto in quelle in cui più o meno consapevolmente provoca l'aumento della crisi, che quella di Jason Clarke, un attore di buona qualità che fatica ancora, dopo numerosi titoli in cui rivestiva parti importanti, a trovare valorizzazione. Forse dovrebbe adottare un metodo più alla Gene Hackman, rivestire la sua "normalità" per far identificare maggiormente diversi spettatori nei ruoli che interpreta: allo stato attuale, vogliono ancora dargli personaggi fascinosi ma che non risultano poi tali, e per un attore giunto ai quarantanove anni, può essere dannoso.
GLI ULTIMI SARANNO ULTIMI
( I, 2015)
DI MASSIMILIANO BRUNO
Con PAOLA CORTELLESI, Fabrizio Bentivoglio, Alessandro Gassman, Irma Carolina Di Monte.
DRAMMATICO
Entroterra laziale, Luciana è una donna come tante, che lavora in fabbrica, è sposata con Stefano, che non ne vuol sapere di tornare a lavorare come dipendente e si improvvisa affarista che regolarmente fa fiasco, i soldi sono pochi, e ci si mette pure l'azienda che non le rinnova il contratto, perchè una collega impicciona ha rivelato che è incinta, e nell'Italia di oggi guai alle donne che osano tanto: in parallelo, arriva in paese un agente di Polizia dal Veneto, che è stato mandato lì per punizione, che non riesce a socializzare con nessuno, eccetto che con una parrucchiera sudamericana, che, però, nasconde un segreto. Le due storie scorrono parallele, finchè i due personaggi principali non arriveranno sull'orlo di un crollo nervoso, e l'incrocio sarà molto drammatico. Massimiliano Bruno, dopo diverse commedie, trasse da un suo lavoro teatrale già interpretato sul palco da Paola Cortellesi, questo film che, vivaddio, contribuisce a riportare la classe operaia in scena, parla del reale, dei problemi di una provincia dimenticata, con qualche tocco ironico ( lo "scherzo" delle antenne radio che emettono Radio Maria da ogni pertugio, wc compresi...) ma in una storia sostanzialmente seria. Peccato che Bruno risolva in un finale alquanto forzato, che arriva a sapere di rabbercio, un film che per quattro quinti risulta il suo miglior titolo, con una buona direzione degli attori ( Paola Cortellesi, sempre notevole e duttile, al suo meglio, che non è poco, ma di valore anche le prove di Bentivoglio, Gassman e Fresi). Bastava la coerenza di una conclusione ancora più buia, per rendere questo film un'opera discreta, da apprezzare in mezzo a tanti standardizzati lungometraggi leggeri per non dir nulla di che in un'ora e quaranta di proiezione ( anche la lunghezza è comune): un pò più di coraggio, sarebbe servito.
BUONANOTTE...AVVOCATO! ( I, 1955)
DI GIORGIO BIANCHI
Con ALBERTO SORDI, Vittorio Caprioli, Giulietta Masina, Mara Berni.
COMMEDIA
Pieno di sè, e non privo di buona capacità oratoria, l'avvocato Santi attende entusiasta la partenza della moglie ultrà cattolica per pellegrinaggi religiosi per darsi alla pazza gioia con l'amico e collega Vittorio: gli capita in casa, mentre finisce di cenare e sta per uscire, la bella donna che abita al piano di sopra, in fuga dalle scenate di gelosia del marito, e tentato dall'avventura, il protagonista rischia di cacciarsi in forti complicazioni. Tra i primi titoli che lo vedono protagonista assoluto, "Buonanotte...avvocato!" mette Alberto Sordi in posizione di mattatore, affidato al corretto Giorgio Bianchi, regista senza troppa personalità ma ordinato e comunque ben capace di impostare un film: Sordi ci mette grande estro, si impadronisce facilmente di una commediola sostanzialmente familista, che vuole risolvere con un "volemose bene" due nuclei familiari, o due coppie, se si preferisce, ad un passo dallo sfascio per incomprensioni forti e fraintendimenti, e buona spalla la danno i comprimari, da Vittorio Caprioli a Giulietta Masina, passando per Mara Berni, una bellezza forse non troppo ben servita dalla gente di cinema di allora, e Andrea Checchi. Alcuni tic e assoli sordiani sono da antologia del grande attore romano, come quando è solo nella propria cucina, o la fallace arringa quasi a inizio film: poi il film intraprende una paciosa rotta senza particolare ritmo nè impennate.
ROSSO ISTANBUL ( Istanbul kirmizisi, I/TU 2017)
DI FERZAN OZPETEK
Con NEJAT EISLER, Halit Ergenc, Mehmet Gunsur, Cigdem Selisik Onat.
DRAMMATICO
Di ritorno dopo anni nella sua città, il regista turco di fama internazionale Deniz Soysal è rientrato a Istanbul per pubblicare un manoscritto che presenta all'editore Orhan Saysin per farlo pubblicare. Ma il confronto tra i due uomini si tinge di giallo, perchè quest'ultimo, dopo una cena in cui si è consumato diverso alcool, sparisce mentre l'altro cade in un sonno profondo... Ritorno anche per Ferzan Ozpetek nella sua Turchia d'origine, anche se il cineasta è naturalizzato italiano, con un film che ha tratto da un suo romanzo, e quindi è inevitabile la traccia autobiografica in questo suo undicesimo titolo diretto. Svolto con passo meditabondo, con delle lentezze atte a esplorare rapporti tra i personaggi, eppure non prive di fascino nel loro dipanarsi, "Rosso Istanbul" è un film fin troppo ellittico, a volte fino esageratamente ellittico, quasi ostico nel dichiararsi: da sempre il cinema del regista turco-italiano è composto anche da rapporti non del tutto espressi, legami non definiti, allusioni a potenziali sviluppi che restano tali, ma qui, spesso, la sceneggiatura scritta in tre con Gianni Romoli e Valia Santella pare fermarsi e ripartire, senza voler portare in fondo il racconto. E' un peccato, perchè la pellicola è ben recitata da volti interessanti, quali il protagonista Nejat Eisler e la bellissima Tuba Buyukunstun: forse al risultato finale, che si chiude con una scena relativamente enigmatica ( ma è forse una delle cose meno misteriose della storia, con una fondamentale presa di coscienza e, finalmente, una crescita personale) non ha giovato il rimanere sospeso tra il 2015 e il 2017, per via della confusa situazione sociopolitica turca, ma così com'è, è un'opera quasi tronca.
EDISON- L'uomo che illuminò il mondo
( The current war, USA 2017)
DI ALFONSO GOMEZ-REJON
Con BENEDICT CUMBERBATCH, MICHAEL SHANNON, Nicholas Hoult, Katherine Waterston.
DRAMMATICO/BIOGRAFICO
Nell'apprezzabile operazione "Moviement", che da quest'anno dovrebbe garantire pellicole di qualità e di intrattenimento anche durante la tradizionalmente spenta (da noi) stagione estiva, c'è posto anche per un film in realtà prodotto e uscito nel 2017, ma che presenta un cast di prim'ordine, che contempla Benedict Cumberbatch, Michael Shannon, Nicholas Hoult, Tom Holland ( curiosamente, tutte star dei cinecomics che vanno per la maggiore). Da noi ha preso il titolo "Edison", ma più che un biopic vero e proprio, il film si incentra sulla sfida tra Thomas Alva Edison e , con Tesla sullo sfondo, per la fondamentale scelta sul come sfruttare e ricreare l'energia elettrica, motore assoluto della società moderna: come altre opere relative, sui grandi passi del progresso, che comportano anche uno sguardo sulle vite degli esseri umani che hanno reso possibile un'evoluzione della Storia, il pericolo di incorrere nel tipico errore di una via fin troppo didascalica c'era, e, infatti, il film per lunghi tratti dà l'idea di un resoconto ben illustrato, ma senza passioni e l'epicità di dilemmi decisivi. La regia di Alfonso Gomez-Rejon, al terzo film dopo molta tv, peraltro, non dà guizzi o crescendo al racconto, limitandosi a mettere in fila i fatti, e smorzando ogni coinvolgimento emotivo potenziale: a suo favore, la scena che apre il film, nel biancore della neve, che è anche quella che chiude la storia, ma non è molto. Pur schierando, come si diceva prima, un cast de luxe, non trae il meglio da interpreti solitamente notevoli. Un'operazione che presentava vari motivi d'interesse, ma gestita non benissimo.