GUARDIANI DELLA GALASSIA - VOL. 2
( Guardians of the Galaxy, Vol. 2, USA 2017)
DI JAMES GUNN
Con CHRIS PRATT, ZOE SALDANA, Dave Bautista, Kurt Russell.
FANTASCIENZA/AZIONE
Forse la scommessa più azzardata della Marvel, "Guardiani della Galassia" fu un clamoroso successone al box-office mondiale ( da noi funzionò meno di altri titoli della casa, e anche questo seguito, per bene che stia andando, raccoglie meno degli altri kolossal marvelliani), nel 2014: ritornano quindi Peter Quill/Starlord, la guerriera verde Gamora, il forzuto Drax, il procione Rocket e c'è Baby Grott, versione mini dell'alieno metà umanoide e metà albero, sacrificatosi alla fine del primo capitolo. Questa volta si parte con uno scontro spettacolare con un mostro gigantesco, e poi, in fuga dalla razza aliena Kree ( perfetti, bellissimi, dorati e antipatici) per una marachella, i cinque eroi si ritrovano al cospetto, nientemeno, del padre di Quill, che, in pratica, è un pianeta sotto forma umana ( eh sì...) e li porta a visitare dove vive: in parallelo, la ciurma del pirata stellare Yondu si ammutina, e elimina i fedelissimi del capitano, ma non aspettatevi che il villain sia uno dei corsari cosmici, perchè non è esattamente così. Se il primo film era stato un congegno insieme folle e genuinamente citazionista, con rimandi a classici del fumetto e memorabilia pura, in linea con la generazione del regista James Gunn, divertente e multicolore, questo sequel sta al suo predecessore come "Frankenstein Junior" sta, ad esempio, a "L'aereo più pazzo del mondo": per spiegarsi, il secondo è una mitragliata di gags che funzionano ad ogni visione, ilare e scatenato, ma il primo va oltre, aggiungendo profondità alle efficacissime trovate esilaranti, quando il tema dell'istinto che lega creatore e Creatura assume riflessi inaspettatamente toccanti, e aumenta lo spessore dei personaggi. Qui succede la stessa cosa: il racconto diverte, le citazioni vanno a segno perfettamente ( da Pac-Man, a "Cin-Cin", con un geniale cameo di David Hassellhoff), ma uno scontro finale forse un pò troppo lungo, viene largamente compensato con una virata decisa verso il sentimento, che non dispiace, e fa affezionare maggiormente lo spettatore ai caratteri in scena. Per quanto, come tutti i blockbusters, ci sia molto preparato a tavolino, per accattivarsi le simpatie del pubblico, la sequenza dei titoli di testa, con lo scontro sullo sfondo mentre Baby Groot balla in primo piano (è un cosino tenerissimo, che vi conquisterà, avvertiti!), la scena della freccia di Yondu che, al suo fischio fa una strage al buio, e il funerale conclusivo nello spazio, al suono di "Father and son" di Cat Stevens, sono mosse registiche che certificano la caratura di autore di James Gunn. E, avendo a che fare con una macchina da soldi di queste proporzioni, non era affatto una cosa scontata.
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