AMERICAN PASTORAL ( American pastoral, USA 2016)
DI EWAN MCGREGOR
Con EWAN MCGREGOR, Jennifer Connelly, Dakota Fanning, David Strathairn.
DRAMMATICO
Uscito vent'anni fa esatti, "Pastorale americana", di Philip Roth, è stato salutato come uno dei capolavori della fine del Novecento: il racconto metaforico del disfacimento di una famiglia che, dal prossimo, viene considerata l'essenza dell' "american dream" diventa un apologo sulla società americana, e su quante menzogne necessiti un certo tipo di mondo per rimanere unito. Ewan McGregor, per esordire nella regia, ha scelto un soggetto niente affatto semplice, e, oltretutto, da non americano, essendo scozzese, poteva essere ancora più complicato per lui girare questo film. Il quale, viene specificato sui titoli iniziali, è "basato" sul libro di Roth, quindi, è implicito che la sceneggiatura è un'interpretazione del testo originale. Lo "Svedese" che sposa una ex reginetta di bellezza, con il consenso dato a malincuore dal padre ebreo, e che tira su una bimba bionda che, dall'adolescenza in poi, tirerà fuori un rancore adolescenziale che la porterà in gruppi militanti di strenua opposizione a priori, fino ad attentati bombaroli, che sconvolgeranno le vite di tutti. McGregor sceglie uno stile molto classico, da regista, allestendo un quadro che evidenzia progressivamente la solitudine di un personaggio considerato un vincente da tutti, con una moglie che nel corso degli anni diviene, sempre più, una fatua estranea, ed una figlia con cui c'è un rapporto tortuoso fino dagli inizi. A livello di direzione degli attori, il neoregista trae da se stesso, da Jennifer Connelly e Dakota Fanning delle buone interpretazioni, e, però, forse, il materiale a disposizione era fin troppo ambizioso per una prima regia: l'uomo equilibrato, a confronto con cattivi maestri teorici, e menti deboli che si fanno sfruttare per ogni causa, senza tenere conto delle conseguenze reali e drammatiche delle proprie azioni; le relazioni che affrontano il Tempo ed il cambiare delle vicende; gli anni Sessanta ed il tumulto sociopolitico che hanno comportato. In definitiva, questo è un lungometraggio ben girato, che ogni tanto rischia il clichè, e però non dà mai la sensazione di approfondire troppo i temi che inquadra. Si può parlare di un'occasione non pienamente colta, oppure di un lavoro fin troppo arduo per un esordio, e comunque, di un lavoro che ha dei punti d'interesse, ma non li sa sfruttare fino in fondo.
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