SCAPPA- Get Out ( Get Out, USA 2017)
DI JORDAN PEELE
Con DANIEL KALUUYA, Allison Williams, Catherine Keener, Bradley Whitford.
THRILLER
In America e in Francia è diventato un "caso": film d'esordio dello sceneggiatore e regista Jordan Peele, senza attori conosciuti, tranne Catherine Keener, e il caratterista Bradley Whitford, che interpretano i genitori "liberal" della fidanzata del protagonista, "Scappa-Get Out" ha incassato molto, con ottime critiche, e qualche penna illustre che lo ha definito uno dei migliori horror della decade. A voler essere pignoli, più che un horror, è più un thriller che sfocia in declinazioni fantascientifiche, dato che l'elemento fantastico, obbligatorio nel cinema d'orrore, lascia posto a un'ipotesi di scienza piuttosto pretestuosa, ma che, come voluto dallo script, punta ad inquietare lo spettatore. In pratica, un incrocio di "Indovina chi viene a cena?", "La notte dei morti viventi" e, perchè no, "La fabbrica delle mogli", rielaborati: il giovane nero che la fidanzatina porta a conoscere la famiglia alto-borghese, che lo accoglie con curiosità e ostentata benevolenza, via via che il weekend trascorre, sente crescere uno strano disagio, alimentato da stranezze riscontrate nella casa, presso i due domestici afroamericani, e qua e là nelle amabili conversazioni tenute a cena e a pranzo. Ovviamente, c'è qualcosa che non va, come in ogni film "di paura" che si rispetti. Se si vuole, ci sono ingenuità di scrittura palesi ( una sala operatoria senza un respiratore, e illuminata a candele?), ma il film è intelligente, cova una vena satirica piuttosto scoperta, compreso un finale irridente, e ha la saggezza di impostare la suspence con studiata calma, salvo far esplodere nella mezz'ora conclusiva la parte violenta del racconto. La discriminazione che alla base ha una concezione in stile "razza ariana", ma riletta al contrario, racconta molto e bene di certa mentalità del profondo Sud americano, in cui ancora può esistere qualcosa come il Ku Klux Klan: già il prologo, con una sequenza di tensione commentata dall'allegra canzoncina "Run, rabbit, run", fa il suo effetto nel mettere in guardia lo spettatore. Un film non rivoluzionario, ma avvincente e non banale, nonostante il finale ricordi quello di "Hostel".