CENERENTOLA (Cinderella,USA 2015)
DI KENNETH BRANAGH
Con LILY JAMES,Cate Blanchett,Richard Madden,Stellan Skarsgard.
FIABA
Il grande risultato planetario di "Maleficent", che è stato probabilmente il maggior successo commerciale cinematografico del 2014 ha invogliato ancor di più la Disney a spingere sugli adattamenti "live action" dei suoi classici animati:già in preproduzione, all'epoca dell'uscita della rilettura de "La bella addormentata nel bosco","Cenerentola" a firma Kenneth Branagh arriva sugli schermi e conferma che al pubblico l'operazione piace assai. Intendiamoci,seppure con diverse pecche, il film con la Jolie era di diverse lunghezze più originale di questo, il rovesciamento di prospettiva della favola conosciuta da tutti, che includeva una rivalutazione del personaggio negativo, trasformandosi in una rivincita rosa, contro il despotismo maschilista, era una chiave interessante,ben più di questa versione in carne,ossa e costumi del classicissimo della ragazza dalla scarpa di cristallo perduta. Una prima parte leggermente stucchevole, fin troppo "recitata" fa ben poco sperare lo spettatore di maggiore età, ma la pellicola, tuttavia, recupera notevolmente nella seconda parte: Cate Blanchett, va da sè, è una presenza magnetica, e nobilita l'intero film, anche perchè Lily James non colpisce particolarmente, nè per bellezza, nè per fascino o carisma. Meglio Helena Bonham-Carter, in una partecipazione breve ma fondamentale, che infonde ironia alla Fata Madrina, alla quale l'antico compagno di vita Branagh dona un paio di primi piani, da far pensare che sullo schermo non era mai stata così bella. Però, nella scena del ballo la regia riesce ad imprimere un'aura romantica di prima qualità, non melensa ma di una dolcezza femminea,che molte ragazzine ricorderanno fortemente, e il messaggio finale, che predica bontà e gentilezza, se può apparire scontato, non lo è, dato che è rivolto alle nuove generazioni, in una fase in cui l'incrudelimento delle immagini che ci scorrono addosso dalle televisioni è acuito, e non poco.
RED DAWN (Red Dawn,USA 2012)
DI DAN BRADLEY
Con CHRIS HEMSWORTH,Adrianne Palicki,Josh Peck,Josh Hutcherson.
AZIONE/DRAMMATICO
Dai cieli d'America piove una minaccia concreta:i nordcoreani hanno organizzato un blitz devastante, e hanno invaso i cari vecchi States, con l'aiuto di qualche russo (ne appare uno con un basco,subito identificato come uno Spetsnatz,un membro dei corpi speciali d'assalto). Per fortuna della bandiera a stelle e strisce, un manipolo di ragazzi di provincia,che si battezzano "The Wolverines", impugna le armi, e organizza una resistenza destinata a riscuoter consensi tra i connazionali impauriti, e attuare una riscossa... Diciamocelo,"Alba rossa" fu tra le cose peggiori sia degli anni Ottanta, al cinema, che tra i lavori di John Milius: reaganiano ad libitum, goffo ideologicamente e narrativamente, unica attenuante la "buona fede" che il regista e sceneggiatore ha sempre infuso nelle sue cose.Nel 1984 gli invasori erano russi,cubani e nicaraguensi, adesso sono i coreani: film d'esordio da regista per l'esperto di stunts Dan Bradley, non conta su un cast come l'originale, che vedeva Patrick Swayze,C.Thomas Howell,Charlie Sheen,Ben Johnson, ma schiera il biondo Chris Hemsworth in versione con i capelli corti, e non come in "Thor", e uno dei meno espressivi delle ultime generazioni come Josh Hutcherson, provenuto da "Hunger Games". Inoltre, la dimensione miseranda dell'avventura, che vede più o meno sempre il solito battaglione coreano, il corto respiro dell'azione, e le bovine considerazioni in sceneggiatura ("In Iraq eravamo il Bene...") fanno sì che, alla resa dei conti, siamo di fronte all'inutile e floscio remake, di un titolo già con diversi lati grotteschi da par suo.
PADRONI DI CASA (I,2012)
DI EDOARDO GABBRIELLINI
Con VALERIO MASTANDREA, ELIO GERMANO,Gianni Morandi, Valeria Bruni Tedeschi.
DRAMMATICO
Due fratelli che fanno rivestimenti per pavimenti, un cantante con un passato sulla cresta dell'onda:questi chiama i primi due per sistemare la veranda della propria bella abitazione, l'uomo ha l'immagine di un tipo alla mano e sorridente, ma sua moglie è malata, ha bisogno di assistenza continua, e, nella provincia emiliana in cui si svolge la vicenda, la paciosità statica dell'ambiente cela zone oscure e pericolose. Secondo film di Edoardo Gabbriellini, "Padroni di casa" parte senza avvertire il pubblico che sta per raccontargli una faccenda fosca e in crescendo drammatico, anche se la gratuita uccisione di un lupo, nell'incipit, già dà un assaggio della violenza che pulsa sotto la superficie. Va detto che un'ottima idea registica è l'aver proposto un divo della canzone per tutte le stagioni come Gianni Morandi in un ruolo in cui c'è un pò di se stesso (anche se è chiaro che l'ex-ragazzo di Monghidoro sia tutt'altra persona rispetto al personaggio), in un ruolo negativo, che il cantante non alleggerisce affatto, ma espone un cinismo e anche una cattiveria plausibili e ben gestiti:tra gli altri, meno incisivo del solito Elio Germano, ma compensa Valerio Mastrandrea, che dà al film un controcanto "umano" in un contesto in cui un regresso a istinti belluini quando non, addirittura, omicidi, è appena dietro l'angolo della "normalità". Cinema medio che guarda a lavori come "L'ultimo treno della notte", ma con minor compiacimento nel raccontare l'efferatezza e la violenza, va avanti senza fronzoli, nella sua escalation assurda di sangue che chiama sangue.
DOMINO (Domino,USA 2005)
DI TONY SCOTT
Con KEIRA KNIGHTLEY,Edgar Ramirez,Mickey Rourke,Jacqueline Bisset.
AZIONE/DRAMMATICO
L'insolita storia di Domino Harvey, figlia dell'attore Laurence Harvey e di una modella, che provò inizialmente a ricalcare il percorso della madre, sulle passerelle, e divenne invece una cacciatrice di taglie, mestiere molto americano, sempre sull'orlo del reato, e del rischio di vita: la ragazza aveva temperamento, ed è morta poco prima dell'uscita del film, per le conseguenze di un'overdose. Tony Scott le dedicò questo suo lavoro, tra i suoi meno commercialmente fortunati, tuttavia anche uno dei suoi più personali, per lo stile ultrabarocco,l'utilizzo di ralenti e accelerazioni improvvise, la fotografia qua e là sgranata, i raccordi alla maniera dei videoclip. Un trio formato da due uomini e la protagonista, un guaio dopo l'altro, una situazione mal congegnata che si incancrenisce per il coinvolgimento di boss mafiosi e persone che ambirebbero ad una fama da era del reality show. Troppa carne al fuoco, per una pellicola che mischia l'action con la critica, appunto ad una tv cialtrona che pone personaggi blateranti e senza alcun titolo per catturare l'interesse del pubblico, innescando una trama sul filo del paradosso, che probabilmente guarda ai Coen di "Fargo", ma con meno finezza. Denso di volti noti, vedeva Keira Knightley, allora in piena fase rampante, giocarsi comunque bene un ruolo in cui aggressività, fragilità, confusione e seduzione si amalgamano fluidamente, e se Edgar Ramirez apporta molta fisicità, Mickey Rourke, come gli capita, quando gli scrivono una parte con un minimo di attenzione, fornisce una prestazione da duro magnetica e valida. Certo che, solidarizzare con gente che amputa il braccio di un disgraziato a fucilate, non è propriamente semplice, e il film si conclude con una sorta di agnizione abbastanza fuori luogo, visto come sono andate le cose:qua e là interessante, si fa vedere bene, ma non appassiona lo spettatore, che continua a chiedersi che cosa sta vedendo, un dramma con scene d'azione, o un thriller con parti drammatiche.
ST.VINCENT (St.Vincent,USA 2014)
DI THEODORE MELFI
Con BILL MURRAY,JAEDEN LIEBERHER,MELISSA MCCARTHY,Naomi Watts.
COMMEDIA
Vincent è il vicino di casa che probabilmente non vorreste avere: sessantenne trasandato e dai modi non esattamente cordiali, è un ex-militare che transita dall'ippodromo al letto, con una prostituta russa incinta, che frequenta amichevolmente, e dalla brandina alla sua auto d'epoca, come un perdigiorno dei più incalliti. Proprio accanto a lui, giungono una donna fresca di separazione, che lavora in ospedale, e il figlioletto Oliver, un pò timido ma intelligente; per un caso, il cialtrone della casetta adiacente, deve fare da "baby sitter" al ragazzo per un pomeriggio,e, messo male economicamente com'è, pensa bene di proporre alla nuova vicina un servizio simile. Tra l'uomo e il ragazzo c'è una simpatia forte, e Vincent si porta Oliver alle corse dei cavalli, gli insegna come menare i bulli della scuola,e altre cose non edificanti. Ben accolto al Toronto Film Festival, "St.Vincent" è stato da noi un atipico film di Natale, ma fino ad un certo punto. Perchè Bill Murray è bravo, istrionico ma anche molto umano nel rendere un personaggio scalcagnato e sensibile, indisponente eppure simpatico, che ha dei lati nobili nascosti, ma la storia è alquanto prevedibile, l'abbiamo vista più di una volta, per esempio in "Babbo bastardo", del figlio di buona donna, non più giovanissimo, che in una situazione d'emergenza, si trova suo malgrado a dover gestire un ragazzino, e si rivela più buono di molte altre persone. Melfi ha messo insieme un cast interessante, di cui non sfrutta come si deve ogni potenzialità (Naomi Watts non è utilizzata come meriterebbe,ed il suo personaggio appare e sparisce ad intermittenza, benchè abbia un ruolo importante nel racconto). Si sorride soprattutto nella prima parte, ed è lecita qualche alzata di sopracciglio nel procedere della storia, quando ad un certo punto entrano a piè pari i buoni sentimenti e con prepotenza forzano l'andamento della vicenda.
IL DANNO (Fatale/Damage,F/GB 1992)
DI LOUIS MALLE
Con JEREMY IRONS, JULIETTE BINOCHE, Miranda Richardson, Rupert Graves.
DRAMMATICO
Dal romanzo "Fatale" di Josephine Hart, uno dei non pochi titoli che nel 1992 puntarono su un erotismo corposo e pessimista:nella stagione che offrì al pubblico questo, "Basic Instinct","Sex and Zen","Body of evidence","Luna di fiele", il dramma psicologico e sensuale di un importante uomo politico che perde letteralmente la testa in una relazione adultera con la compagna del figlio, causando danni irreversibili, fu un discreto successo al box-office, e divenne film di culto per numerosi spettatori. Per Louis Malle non fu certo il primo lungometraggio che faceva discutere, le polemiche di vario tipo sorte dietro ,ad esempio, a "Cognome e nome:Lacombe Lucien" e "Pretty baby", erano di gran lunga superiori a qualche articolo piccato su questa sua pellicola. Del resto, al di là della morbosità della relazione tra un uomo maturo e la giovane donna che è impegnata in una relazione con il suo erede diretto, il film congegna scene erotiche coreografate nel non mostrare quasi niente dei corpi nudi di Jeremy Irons e Juliette Binoche, ma risolte immortalando un darsi l'uno all'altra e viceversa degli amanti, con silenzioso livore, in un'apoteosi famelica ma mai gioiosa della carnalità a lungo soppressa,che, alternata alla fin troppo sobria quotidinatità alto-borghese della vita familiare mostrata, è la cosa più stordente di questo lavoro. Fin troppo algido nella messinscena, "Il danno" è un lungometraggio cui la scrittura di David Hare dona una geometrica eleganza nell'impaginare situazioni e rapporti, con un Jeremy Irons distinto e ben curato nell'aspetto, ma quasi funereo nelle espressioni e nell'indole, e con una Juliette Binoche altera e dalla bellezza distante, che inietta una freddezza sprezzante nel proprio personaggio. La chiusa è intrisa di amarezza, la conseguenza naturale di un atto sconsiderato e prolungato, che infine è la cifra di quel che è questo film: benchè attraversato da calor bianco di amplessi intensi ,che diventano quasi scontro fisico, ciò a cui assistiamo è un netto apologo morale.
LA VEDOVA NERA (The black widow,USA 1987)
DI BOB RAFELSON
Con DEBRA WINGER,THERESA RUSSELL,Sami Frey, Dennis Hopper.
NOIR
Alla sua uscita,che fu ben prima dell'esplosione del sexy-thriller patinato alla "Attrazione fatale" e "Basic instinct",fu acclamato come uno dei migliori gialli degli anni Ottanta, con un confronto fatto di attrazione e ossessione, una passione non esplosa e non dichiarata tra i due personaggi femminili che sono le protagoniste della vicenda. La "Vedova Nera" è una piacente bionda sulla trentina che circuisce e uccide, con veleni e conquistando la fiducia tra le lenzuola,di signori facoltosi:una giornalista comincia ad avere sospetti sulla donna,e la pedina, aspettando che faccia un passo falso, nonostante ci siano molti dubbi, da parte di chi la circonda, sulla giustezza delle sue intuizioni. E scatta un avvicinamento, tra le due, che ad un certo punto diventa una sfida a carte scoperte, con un finale a sorpresa... Rafelson girò un film che è più un noir che un thriller vero e proprio, dato che sia lo spettatore che i personaggi principali sanno cosa succede, e il mistero sostanziale è sul come riusciranno ad incastrare la femme fatale: ben recitato dalla solida Debra Winger e dall'allora quasi sconosciuta Theresa Russell,il film è discreto, ma non imperdibile. Sfrutta bene le belle ambientazioni isolane, esplora con buona mano la psicologia frastagliata dei caratteri, ma rischia parecchio con due scene risolutive, quali il delitto del corrotto detective privato asiatico, e il gran finale, che con la logica hanno davvero poco a che fare, e la credibilità del plot arranca non poco in tali frangenti. Il bacio furente tra le due attrici in scena, all'epoca, colpì diversi recensori:ai tempi di Internet è un particolare quasi soft...
BROOD-La covata malefica (The Brood,CAN 1979)
DI DAVID CRONENBERG
Con OLIVER REED,ART HINDLE,Samantha Eggar, Henry Beckman.
HORROR
Nella clinica del dottor Ranglan c'è qualcosa di oscuro, una nuova pratica psichiatrica chiamata "Psicoplasmia" dal suo scopritore prevede che i pazienti ricoverati siano isolati, e fin dalla prima inquadratura abbiamo modo di valutare la determinazione e la durezza dell'uomo di scienza: ma c'è un uomo,Frank Carveth, la cui moglie,Nola, è appunto una paziente del medico, che scopre la propria figlioletta in pericolo, perchè una strana creatura dalle proporzioni minute ma dalla ferocia notevole uccide i suoceri e poi altri due simil-bambini assassinano la maestra, a scuola... Il film che fece conoscere David Cronenberg al di qua dell'Atlantico, un horror a base fantascientifica, in cui l'ambiguità regna sovrana, tanto da ribaltare l'ottica con cui si guarda a un personaggio tratteggiato come negativo fin dall'avvio del racconto, verso la fine:lo stile gelido dell'autore,che però dipana una trama incalzante,che procede per spirali verso lo scioglimento conclusivo (oppure no, perchè, in linea con i film dell'orrore dell'epoca,nell'ultima inquadratura lascia spazio ad un potenziale riaffacciarsi dell'orrore), si mostra già solido in questo, uno dei suoi primi titoli, che schiera già nomi di un certo peso,quali Oliver Reed,e Samantha Eggar. I mostri sono figli di un Rancore ferino, che solo una delusione al femminile può generare:la scena-climax, con la deformità di una gravidanza esterna, una madre che strappa con i denti la placenta come capita nel mondo animale, è l'apice di un film programmaticamente disturbante, meno "personale" forse di altri lavori cronenberghiani, più in linea con altre pellicole di genere, ma nel quale si avverte già un'impronta forte. Del cast, il migliore è, come spesso gli accadeva, perchè come altri colleghi britannici, il vezzo dell'alcool non influiva sulle sue capacità d'attore (vedi anche Richard Harris,Richard Burton e altri), Oliver Reed, che sfoggia una cupezza non di maniera.
PANICO NELLO STADIO (Two-minute warning,USA 1976)
DI LARRY PEERCE
Con CHARLTON HESTON, JOHN CASSAVETES,Martin Balsam, Gena Rowlands.
DRAMMATICO/AZIONE
Durante un'importante partita di football americano, sono presenti oltre 90.000 persone allo stadio in cui il match viene giocato: per imprecisati motivi, un folle si è piazzato sulla torretta del tabellone segnapunti, e, armato di un fucile ad alta precisione e di una mira spaventosa, rischia di fare una strage,se non viene fermato, oltretutto causando una fuga dalla struttura che potrebbe far morire una quantità notevole di spettatori. Da molti è ritenuto come uno dei migliori titoli del genere catastrofico, ma non ci sono nè incendi spettacolari, nè terremoti o catastrofi marine: tutto il film è sviluppato sull'attesa del momento X, quando il killer comincerà a sparare su ignari presenti alla partita. E il difetto maggiore del film di Peerce è appunto lo stare nel mezzo ai generi, perchè è congegnato in gran parte come un thriller, ma la presentazione di sette o otto personaggi più importanti, affidati ai volti più noti del cast, è fatta nello stile dei kolossal che puntavano tutto sulla spettacolarizzazione di disastri,quali "Terremoto","Airport","L'avventura del Poseidon", ed infatti è presente il Vate del filone, Charlton Heston, che ha uno dei ruoli principali. Il meglio della pellicola è la meticolosa organizzazione dell'attentato da parte di un assassino che rimarrà quasi senza volto, le cui motivazioni sono piuttosto indecifrabili:un caso come tanti, di quelli che leggiamo ancora oggi sui notiziari provenienti dagli USA, in cui psicopatici con armi da fuoco improvvisamente mettono in atto una carneficina che nessuno saprà spiegarsi granchè. Sacrificati in personaggi un pò banali, Gena Rowlands & co. fanno quel che possono, e va da sè che diversi degli attori più celeberrimi finiscano nel mirino del cecchino:la discreta tensione accumulata lungo oltre un'ora di proiezione, va a farsi benedire nel marasma dell'ultima mezz'ora di racconto, tra fughe,caos e urla.
TAKEN 3-L'ora della verità (Taken 3,F 2015)
DI OLIVIER MEGATON
Con LIAM NEESON,Forrest Whitaker,Maggie Grace,Dougray Scott.
AZIONE
Per la terza volta, l'ex agente speciale Bryan Mills viene coinvolto in un brutto affare che rischia di sterminare la sua famiglia, oltre che eliminare dalla faccia della Terra pure lui. Una serie che ha fruttato fin qui circa 800 milioni di dollari,in tre episodi, cui dietro sappiamo esserci Luc Besson, con il robusto sessantenne Liam Neeson che si getta a capofitto in un 'impresa quasi disperata, sfoggiando doti da esperto di arti marziali,e da pistolero senza paura. In questo film, l'ex moglie del protagonista gli racconta di problemi che ha con l'attuale marito,e probabilmente i due ex-coniugi si amano ancora, ma di lì a poco la donna viene assassinata,e fatta ritrovare in casa di Mills. Braccato dalla Polizia, coordinata da un ispettore nero che coltiva qualche dubbio dall'inizio, a caccia di coloro che sa essere dietro all'uccisione dell'ex-moglie,Bryan Mills, per proteggere la figlia, non esiterà di fronte a nulla, volerà giù nella tromba di un ascensore con un'automobile, andrà addosso ad un autoarticolato in una highway, affronterà sparatorie ravvicinate, si metterà contro killer russi cattivissimi. Per i primi venti minuti, benchè la trama ricordi molto da vicino quella de "Il fuggitivo", il terzo "Taken" sembra un onesto thriller d'azione, ma quando innesca la via della smargiassata, con un personaggio principale che scampa inspiegabilmente, senza quasi spiegazione, a incidenti colossali, esplosioni, mafiosi dell'Est particolarmente malvagi, aumentano le perplessità a non finire. Mills/Neeson si salva senza sapere come e riparte puntualmente alla carica, causando danni per miliardi, infrangendo leggi e, per attuare i propri piani, devasta posti e cose che alla comunità costeranno cifre paurose,e il poliziotto gli dice, dopo che il protagonista ha ucciso minimo una dozzina di nemici, fatto disastri e senza tener conto dell'incolumità del prossimo, sfracellato macchine, palazzi e altro (un incidente sulla highway,che manda quasi ribaltato un tir che perde un container,schiacchia automobili lasciando misteriosamente incolumi i conduttori....), che per un file scaricato da video secretati potrebbe mandarlo in galera. E lo spettatore un pò più smaliziato reprime a fatica uno sghignazzo, abbastanza giustificato.