RICHARD JEWELL ( Richard Jewell, USA 2019)
DI CLINT EASTWOOD
Con PAUL WALTER HAUSER, Sam Rockwell, Olivia Wilde, Jon Hamm.
DRAMMATICO/BIOGRAFICO
"Perché l'hai fatto, grassone?". Così attaccava un suo articolo sul tragico evento della bomba messa ad un concerto svoltosi durante le Olimpiadi del 1996 ad Atlanta, Vittorio Zucconi, firma storica di "Repubblica": dopo che proprio lui aveva lanciato l'allarme sull'ordigno presente in uno zaino, e appena dopo l'esplosione era diventato un eroe popolare, venne creata una campagna stampa devastante che sosteneva che proprio Jewell era l'ideale attentatore. Obeso, da sempre desideroso di fare una carriera in polizia e puntualmente respinto per il peso eccessivo, puntiglioso fino all'ossessione, il giovane divenne il "mostro" da sbattere in prima pagina e processare per direttissima, senza una prova che fosse una. Un'altra storia americana per il nonagenario Clint Eastwood, che racconta come il povero cristo subì una pressione distruttrice ( e morì molto giovane): nel rinfrescare la memoria collettiva su una brutta vicenda, il regista di "Gran Torino" accusa la facilità della manipolazione dell'opinione pubblica, qui parla della stampa classica, ma allude chiaramente anche e soprattutto ai nuovi media, i social network che distribuiscono fake news facendo leva su superficialità e credulità del cittadino che non si informa e prende per oro colato ciò che gli arriva di notizia. Fotografato con eleganza da Yves Belanger, scritto da Billy Ray, tre film da regista e più noto come sceneggiatore,che ha firmato gli script dell'ultimo "Terminator" e di "Gemini Man", ma anche "Captain Phillips-Attacco in mare aperto", "Richard Jewell" è una sorta di risarcimento per un'ingiustizia grande come i cinquanta States, occorsa a due persone ( oltre che Jewell, anche la madre rischiò il collasso nervoso), diretta da un regista che, sempre più, e coerentemente con se stesso, ha sempre sottolineato l'importanza del "fattore umano" che permette svolte imprevedibili e ribaltamenti non probabili. Magari risulta un pò fittizia la reporter cinica e carogna di Olivia Wilde che si ravvede e pente non appena ha modo di incontrare l'uomo alla cui rovina ha dato il "la", ma è un aspetto minore di un racconto appassionante e moralmente toccante. Ottimo esordio per Paul Walter Hauser, che avrebbe meritato anche una candidatura all'Oscar, e come sempre uno degli attori migliori d'America della sua generazione, Sam Rockwell, che scopre solidarietà e compassione via via che si addentra nel bizzarro mondo del suo assistito.
CENA CON DELITTO ( Knives out, USA 2019)
DI RIAN JOHNSON
Con ANA DE ARMAS, DANIEL CRAIG, Jamie Lee Curtis, Chris Evans.
GIALLO/COMMEDIA
Chi ha ucciso l'autore di romanzi gialli Harlan Trombey, trovato morto nella mansarda della sua grande villa? Per l'appunto, la sera precedente erano presenti tutti i familiari, ai quali la copiosa eredità dell'anziano scrittore sarebbe di grande interesse: se i poliziotti penserebbero ad un suicidio, l'investigatore privato Benoit Blanc, ingaggiato da qualcuno che non si è rivelato, non ne è così convinto, e propende per l'omicidio.... Giallo con venature da commedia, sottogenere del thriller un pò dimenticato ma, se condotto con sapienza, molto godibile, "Cena con delitto" è stato un successo di una certa proporzione: cast ricco di volti e nomi memorabili, con Craig nei panni dell'investigatore, che da anni cercava un'alternativa a James Bond, e forse l'ha trovata, è costato non poco, 40 milioni di dollari, per un titolo girato quasi tutto in interni, ma gli oltre 260 milioni di incasso globale hanno fatto sì che questo sia tra i lungometraggi più redditizi dell'anno. Scritto e diretto da Rian Johnson prima di dedicarsi all'ottavo "Star Wars", e girato con maggior libertà di manovra dopo quel risultato, conferma la mano felice di questo cineasta, che sa maneggiare il cinema di genere mescolandolo alla propria visione del mondo, imprimendo ai film da lui firmati gustosi tocchi tra l'ironico ed il fortemente critico. Ad esempio, qui vale tanto l'immagine finale, in cui il ribaltamento di prospettiva totale è uno sberleffo ad ogni classismo molto arguto. Cast eterogeneo e ben diretto, trama composita ma ordinata e con qualche colpo di scena gustoso, un divertissement intelligente e intrigante, che rilassa e avvince allo stesso tempo. Si parla già di un potenziale seguito, e non sembra affatto una minaccia.
TOLO TOLO ( I, 2019)
DI CHECCO ZALONE
Con CHECCO ZALONE, Manda Touré, Souleymane Sylla, Nassor Said Birya.
COMMEDIA
Italian dreamer, nel senso che spera di far soldi veloce con un'idea che, guarda strano, altri non hanno avuto prima, tipo aprire un "Murgia Sushi", con il risultato di chiudere un mese dopo ed essere sommerso dai debiti ( tecnicamente, un solo mese dopo, non è verosimile, ma va beh...), Pierfrancesco Zalone detto Checco rifugia in Africa a fare il cameriere in un villaggio turistico: lì ha modo di confrontare i sistemi di vita africano e italiano, e attraversa, dopo l'incursione violenta di alcuni miliziani, buona parte del continente a sud del benessere. Atteso con trepidazione dagli esercenti, così come al varco i detrattori con figurato randello, il film numero cinque con protagonista Checco Zalone, emerso dalla schiera di "Zelig", è il primo diretto dal comico: il quale ha collaborato con Paolo Virzì per il soggetto e la sceneggiatura, per fare una commedia che punta meno alla risata da gag, e cerca di essere maggiormente strutturata. Che Luca Medici, in arte Checco Zalone sia uno che tiene d'occhio l'urgenza dell'attualità lo sapevamo, ma i suoi film precedenti sapevano non poco di qualunquismo, con un'indulgenza verso certe ribalderie italiote un pò sospetta: qui se la prende sia con i nostalgici vogliosi di fascio che con i terzomondisti da copertina, con il neocolonialismo da tour operator e con la fame di soldi e voglia di conformarsi alle futilità occidentali degli africani, senza dimenticare coloro che passano dal mendicare un lavoro al diventare personalità della politica, e si permette pure citazioni non dozzinali come quella da "Salvate il soldato Ryan" con i vigili urbani a sostituire gli emissari dell'esercito. Troppa carne al fuoco, vero, e alcuni snodi narrativi che non tornano, o risolti alla buona, e queste sono le pecche maggiori della pellicola, oltre a ribadire il personaggio dell'ignorantone furbastro ma in realtà coglione e meno cattivo di tanti altri: però "Tolo Tolo" è da considerarsi un passo in avanti di un commediante che riempie le sale con una facilità che ha dell'incredibile, e, per ora, sembra avere ancora fiato, più di altri fenomeni del passato ( Spencer&Hill, Boldi&De Sica, Pieraccioni) che avevano come lui sbalordito per cifre e impatto sul botteghino, visto che siamo già oltre i 33 milioni di euro incassati, che deve imparare a gestirsi meglio e bacchettare ancor di più gli italiani nei loro viziarelli. Margine di miglioramento ce n'è.
LE RICETTE DELLA SIGNORA TOKU
( An, JP 2015)
DI NAOMI KAWASE
Con MASATOSHI NAGASE, KIRIN KIKI, Kyara Uchida, Miyoko Asada.
DRAMMATICO
Sul cibo ed i suoi effetti sulla vita delle persone,negli ultimi vent'anni, da "Vatel" in poi, è ricca la filmografia, passando pure per le crudeltà da gourmet di Hannibal Lecter: il titolo originale di questo dramma intimista venuto dall'Oriente è proprio la speciale "pasta di fagioli dolce" che la signora Toku sa preparare, dandole qualcosa di speciale che gratifica il palato e fa sentire meglio la persona che l'assaggia. Storia di tre solitudini, ma anche di tre costrizioni, vite in gabbia e senza apparente scelta, che convergono alla periferia di una grigia Tokyo, il film narra di come un uomo rassegnato a un futuro senza sbocchi, per via di errori gravi del passato, entri in contatto con un'anziana colpita, anch'essa dalla sfortuna in gioventù, che gli dà una mano nel preparare piatti per il suo chiosco di strada. Ai due si aggiunge una giovane malinconica, che non riesce ad andare d'accordo con la madre, e per amore di un canarino che ha preso con sè, è fuggita di casa. Pur conscia di maneggiare una storia drammatica, ma trattata con levità, la regista Naomi Kawase, qui all'ottavo lavoro per il cinema ( ne girerà un altro due anni dopo, ma questo è l'unico suo lungometraggio uscito nelle sale italiane) gira una piccola opera cui non manca la poesia: rarefatto nei dialoghi, quasi timido nel manovrare musiche che potrebbero spingere a fondo sul piano emotivo, "Le ricette della signora Toku", alla maniera nipponica, evita di trovare un finale del tutto consolatorio, come avrebbe facilmente fatto un film occidentale, o meglio, hollywoodiano, contemporaneo, mostrando un'apertura ad una nuova possibilità, invece che mettere in scena un riscatto facile. Gentile nel procedere, intenso nelle interpretazioni, trova nella validità delle prove dei tre protagonisti una chiave espressiva apprezzabile, soprattutto nel ritratto imploso di Masatoshi Nagase, e nel sorriso aggraziato di Kirin Kiki, anziana colpita duramente da vita e malattia, ma ancora aperta ad apprezzare le cose belle che porta l'esistenza.
IL GUARDIANO INVISIBILE ( El guardiàn invisible, ES 2017)
DI FERNANDO GONZALEZ MOLINA
Con MARTA ETURA, Elvira Minguez, Francesc Orella, Itziar Aizpuru.
THRILLER
Chi sequestra, strazia e uccide ragazze che si perdono nei boschi vicino ai Pirenei? Una detective che è stata addestrata anche all'FBI torna alla casa natìa per indagare sulla serie di agghiaccianti delitti che attanagliano i suoi concittadini, ma non è semplice risalire a qualcosa in una comunità cupa e diffidente. In più, la protagonista ha i suoi brutti ricordi con cui fare i conti, ed i suoi demoni anche familiari da sistemare. Thriller tratto da un romanzo che apre una trilogia, di Dolores Redondo, "Il Guardiano invisibile" allude nel titolo ad una figura mitologica, un ominide molto alto e ricoperto di fogliame, muschio ed erba, che attraversa il profondo dei boschi e interviene a riequilibrare le cose, nella tradizione popolare. Il film costruisce una buona atmosfera, che opprime personaggi e spettatore, incuriosendo quest'ultimo sulla natura del killer e sulla complessità dei rapporti familiari dell'eroina. Tra flashbacks che mordono la carne viva, e reticenze varie, emerge una spiegazione che sottolinea la reazionarietà delle motivazioni dell'omicida, e in qualche passaggio si tende a far stare sulle spine il pubblico, come giustamente un thriller deve agire. La buona prova di una snervata Marta Etura esalta la tenacia e insieme la fragile umanità della protagonista, e, se verranno tratti altri film da questa serie di romanzi, potrebbe essere per niente spiacevole seguirli. Uscito direttamente, da noi, su Netflix: è la logica di oggi.
FRATELLI UNICI ( I, 2014)
DI ALESSIO MARIA FEDERICI
Con RAOUL BOVA, LUCA ARGENTERO, Miriam Leone, Carolina Crescentini.
COMMEDIA
"Fratelli coltelli", visto che i loro rapporti non sono mai stati entusiasmanti, Pietro e Francesco sono entità molto differenti: uno è un dottore affermato, dolorosamente separato, l'altro fa lo stuntman, colleziona avventure a perdere, sembra quello più immaturo dei due. Poi ci si mette il Caso, o come lo si voglia chiamare, perchè al "serio" capita un incidente in cui batte la testa, e, in pratica diventa come un bimbo molto piccolo, che deve reimparare praticamente tutto, e l'onere della "rieducazione" per ironia della sorte, tocca proprio al fratello mai cresciuto. Su soggetto e sceneggiatura in cui ha messo mano il più titolato Luca Miniero, Alessio Maria Federici sforna un'altra commediola in cui pare essersi specializzato, meno disastrosa di altri prodotti similari, ma discretamente poco sapida: prevedibile nello svolgimento, fa prevedere anche i cosiddetti colpi di scena, e procede imperterrita verso un finale edificante come da miglior tradizione. Bova e Argentero fanno quel che possono con personaggi rigorosamente bidimensionali, le due diverse bellezze di Miriam Leone e Carolina Crescentini si fanno apprezzare, tra qualche sbadiglio si cerca di sorridere, almeno, ma rimane non facile, vista la pochezza dell'insieme.
LA DEA FORTUNA ( I, 2019)
DI FERZAN OZPETEK
Con EDOARDO LEO, STEFANO ACCORSI, Jasmine Trinca, Barbara Alberti.
DRAMMATICO
Compagni di vita da tempo, Alessandro e Arturo ricevono la visita di un'amica particolare, con cui condividono molto, che lascia loro i due figlioletti, perchè ha bisogno di andare a fare visite specialistiche in ospedale, per verificare se c'è da preoccuparsi, o meno, sul suo stato di salute: coppia che conosce un momento di stanchezza, se non addirittura una riconsiderazione della situazione, i due uomini prendono in carico i bambini, e provano a gestire le cose. Uscita natalizia relativamente sorprendente, perchè il buon successo arriso a "Napoli velata", penultima fatica del regista turco e da anni residente qui in Italia, era giunto tra fine e inizio anno, "La Dea Fortuna" è un film drammatico che non disdegna punte d'ironia, spesso innestate dal personaggio di Edoardo Leo, attore molto a suo agio con il registro brillante: è una storia d'amore a tre, ma non nel senso classico del triangolo, anzi, se si vuole è a cinque, perchè guarda all'ampliamento di una famiglia, non naturale, perchè i consanguinei sono, quando non proprio assenti, addirittura nocivi. Peccato che Ozpetek, come molti registi, tenda a non saper sfuggire a sè stesso e ai propri stilemi, dalle grandi terrazze ospitanti gente, la solidarietà tra condomini, la morte che arriva inattesa, i rapporti liquidi come la sessualità di alcuni personaggi: il film è raccontato con brio e la storia "prende", la recitazione è buona ( anche se il piccolo Edoardo Brandi è meno espressivo della coetanea, o quasi, Sara Ciocca, e Serra Yilmaz rifà in pratica il solito personaggio sornione e un pò burbero), però glissa su alcuni snodi della trama ( di cosa si sente male, ad un certo punto, Arturo, il personaggio di Accorsi? Che problema ha, concretamente, Annamaria, quello della Trinca?) e non esplora abbastanza lo spunto del passato che è l'incipit della pellicola. Però, nei confronti aspri dentro una coppia che, nonostante il logorio degli anni, la tendenza all'infedeltà e gli equilibri pronti sempre a saltare, in qualche modo rintraccia il proprio senso, il film ritrova la verve di un regista che ha una cifra personale, almeno quanto si rifà, alla lontana, al cinema almodovariano più riuscito: e quell'alba in mare rende benissimo l'emozione a chi l'ha vissuta, perchè un giorno non si può schiudere in maniera migliore, anche se promette di più di quel che porterà.