CREED II ( Creed II, USA 2018)
DI STEVEN CAPLE, Jr.
Con MICHAEL B. JORDAN, Sylvester Stallone, Tessa Thompson, Dolph Lundgren.
DRAMMATICO
Quarantadue anni e mezzo dopo il primo risuonare della fanfara di "Rocky", la serie prosegue: come abbiamo visto tre anni fa, ha cambiato nome e Rocky Balboa si è costruito un ruolo di spalla, essendo divenuto Adonis Johnson, poi Creed, figlio di Apollo, il vero protagonista di un romanzo cinematografico con schemi, se si vuole, molto primordiali, ma evidentemente efficaci, se da quasi mezzo secolo la gente accorre nelle sale che proiettano gli episodi, ne rivede più volte i capitoli a casa, e conosce bene scene e battute. Dopo aver sfiorato il titolo nel film precedente, nei primi minuti del secondo atto dello spin-off, il Creed junior riesce a vincerlo, battendo un degno avversario: gli è al fianco, ovviamente, Rocky, ma il cuore del film è la riproposta di una sfida la cui prima manche è avvenuta nel 1985, e continua venendo tramandata tra genitori e figli. Il figlio di Ivan Drago è un campione rampante, la cui furia è pari solo alla possanza fisica: il padre, che conobbe una sconfitta storica nel quarto atto, lo ha alimentato a rancore e spirito di rivalsa, e i due lanciano il guanto al novello numero 1 mondiale.... "Creed II" prosegue un racconto che, scansiamo una volta per tutte snobistiche alzate di sopracciglio, è uno dei capisaldi dell'epica americana dell'ultimo secolo, soprattutto perchè parla con il linguaggio della gente comune al suo cuore: ogni allenamento doloroso, ogni complicazione di vita, ogni perdita e trionfo visto negli otto episodi della "Rocky/Creed Saga" è un passaggio di un feuilleton meno semplice di quel che sembri a prima vista, in cui l'intuito narrativo stalloniano ha infilato grandi tematiche di tutti, che tira fuori il coraggio di dire quelle cose che fanno sfrigolare di sentimento puro, senza vergognarsene, occhi e apparato cardiaco degli spettatori. E se si perdonano alla pellicola certe curiose ingenuità (su tutte: i Drago vivono a Kiev, in Ucraina, e vengono riproposti dal Potere come "orgoglio russo", strano, nel 2018, per due nazioni ad un passo dal conflitto totale tra loro), e certi risaputi passaggi (l'allenamento nel deserto è pari pari alla "discesa agli inferi" del terzo "Rocky"), la tensione dei rapporti tra i personaggi è ben resa, senza crogiolarvisi, e la rappresentazione dei "cattivi" Drago è meno becera di quanto riportato in "Rocky IV", umanizzandoli, alla fine, per via della crescita nella durezza ( c'è da dire che quell'episodio, per quanto altamente criticabile, è uno dei massimi esempi della fusione tra cinema e videoclip, stilisticamente parlando, quindi per forza di cose molto "sintetico"). E nella scrittura dell'evolversi della storia, rimane nello spettatore, la presentazione della squadra di Creed contro il tenebroso trionfalismo di Drago II, con una famiglia disfunzionale che avanza, capitanata da una donna, nera, con handicap fisico: sarà familismo, può anche darsi, ma il messaggio è di quelli che arrivano e picchiano duro.
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