lunedì 28 dicembre 2015


IDENTIKIT DI UN DELITTO ( The flock, USA 2007)
DI ANDY LAU
Con RICHARD GERE, CLAIRE DANES, Kadee Strickland, Ray Wise.
THRILLER
E' risaputo che un film, quando subisce montaggi diversi, problemi produttivi, dissidi tra coloro che lo mettono su, ne soffre, e difficilmente, molto difficilmente, il prodotto finale incontri consenso popolare: magari, come è accaduto, ad esempio, per "Il disprezzo" di Jean-Luc Godard, negli anni un titolo può diventare oggetto di culto, ma è raro che il pubblico premi una pellicola che ha avuto vicissitudini eccessive. "Identikit di un delitto", che in originale si intitola "The flock", "Il gregge", è un thriller che tocca temi scottanti assai: vittime di abusi sessuali, condizionamenti psicologici, rapporti malati tra vittime e carnefici che possono ribaltarsi e creare nuove vittime ancora. E' di scena un operatore sociale che prende fin troppo a cuore i casi che segue, e da anni non si dà pace per alcune ragazze sparite nel nulla: l'uomo è ad un passo dal ritiro, e deve istruire una giovane donna che prenderà il suo posto. Ma più si va avanti, e si avvicina il momento del distacco dell'assistente sociale, più affiorano il suo coinvolgimento ed i suoi metodi ossessivi: come gli dice la partner, lui non parla, interroga. Andy Lau, dopo "Infernal affairs", come molti cineasti non americani che hanno realizzato un film particolarmente riuscito, ha avuto la chance di lavorare nel sistema hollywoodiano, ma questo lungometraggio non convinceva la produzione, con Gere che metteva soldi suoi per rimaneggiare il prodotto finale, giudicato fin troppo morboso ed inquietante. In sè, non è un thriller malvagio, che fino a quando inquadra con voluta ambiguità il suo protagonista (è una persona divorata dalla frustrazione o un potenziale maniaco?) ha buon gioco, supportato dal discreto lavoro di squadra tra Richard Gere e Claire Danes, i quali, ruvidamente e con insofferenze e incomprensioni varie, dipingono bene il rapporto non semplice tra i loro personaggi. Sul finale, si va verso il risaputo, facendo troppo il verso a classici come "Se7en" e senza stupire lo spettatore, consegnandogli una conclusione un pò banale, ma è un film passato inosservato, fin troppo, non riuscitissimo, ma nemmeno da buttare.

EQUUS (Equus, USA 1977)
DI SIDNEY LUMET
Con RICHARD BURTON, PETER FIRTH, Colin Blakely, Jenny Agutter.
DRAMMATICO
Che "Equus" sia stato un testo comunque capace di inquietare, e di creare interesse, lo dimostra anche il fatto che qualche tempo fa, quando Daniel Radcliffe, sul palcoscenico, scelse di interpretare il tormentato Alan Strang, nudo in scena, ci fu l'interesse, un pò morboso, di certa stampa e di diversi fans: il dramma scritto da Peter Shaffer, successivamente autore anche di "Amadeus" continua a rappresentare una prova ardita per gli attori e registi, ed un testo cupo e coinvolgente per il pubblico. Come mai il giovane Alan è stato colto, completamente nudo, in un fienile, ove aveva accecato, delirante, con un falcetto, diversi bellissimi esemplari della razza che tanto amava? Lo psichiatra Martin Dysart prende in esame il ragazzo, ma si addentra fin troppo nello scavo della personalità sconquassata di Strang, rimanendo coinvolto dalla discesa nella sua follia e disperazione. Nonostante le candidature ed i premi ottenuti ( tre nominations agli Oscar, per Burton, Firth e la sceneggiatura, a cura di Shaffer, due Golden Globes vinti, sempre dai due attori principali, ed un BAFTA a Jenny Agutter), non è uno dei titoli più amati o citati della filmografia fluente di Sidney Lumet: forse per la sgradevolezza di fondo di tema e svolgimento, ma anche perchè il lungometraggio paga abbastanza l'origine teatrale del testo. Certo, le prove attoriali sono di qualità forte, coraggiose e sentite, anche perchè Richard Burton, forse, è un attore meno valutato di quanto meriterebbe, Lumet ha sempre saputo risultare un direttore d'attori capace e intenso, ed il racconto ha una progressione drammatica che evidenzia, come forse oggi sarebbe più difficile rendere, data la sterzata verso il pudico del cinema mainstream, un'omosessualità repressa che sfocia in un attacco di violenza verso le cose più amate. Non un capolavoro, e nemmeno un film che mette voglia di riguardarlo a cuor leggero, ma comunque un lavoro interessante. 

giovedì 24 dicembre 2015


SERENDIPITY- Quando l'amore è magia
( Serendipity, USA 2001)
DI PETER CHELSOM
Con JOHN CUSACK, KATE BECKINSALE, Jeremy Piven, Molly Shannon.
COMMEDIA/SENTIMENTALE
Incontrarsi una sera, un giovane uomo, una giovane donna, corteggiarsi, avere la sensazione di star vivendo una notte magica, ma senza arrivare neanche a baciarsi: sono tutti e due impegnati, vivono alle due opposte estremità degli States, si scambiano i numeri di telefono, ma per scelta di lei scrivono quello di lui su una banconota subito data via, quello di lei sulla prima pagina di una copia di "L'amore al tempo del colera". "Serendipity" significa, appunto, che se il Caso è benigno, qualcosa di bello è destinato ad accadere. Una commedia che, sospesa tra spirito natalizio e sentimentalismo al caramello, è di quelle che, puntualmente, la tv trasmette nei giorni delle Feste di fine anno: per quanto John Cusack e Kate Beckinsale, all'epoca piuttosto lanciati, poi non propriamente divenuti delle star, sono bellini, simpatici, ma il film è la glorificazione dell'effimero. Due persone che hanno due relazioni avviate al matrimonio, lunghe di anni, con partners che vogliono loro bene, mandano tutto all'aria per una serata che è rimasta memorabile, in nome di un flirt che, forse, sarebbe stato giusto lasciare tale? Logica assente, un inno alla superficialità abbastanza raggelante, e va bene che pellicole come questa richiedono la massima concessione alla rilassatezza, alla disponibilità al lasciarsi narrare una favoletta, e vedere più rosa possibile, ma la morale è di quelle esecrabili, via.

martedì 22 dicembre 2015


STAR WARS-EPISODIO VII:IL RISVEGLIO DELLA FORZA ( Star Wars-Episode VII: The Force awakens, USA 2015)
DI J.J. ABRAMS
Con DAISY RIDLEY, JOHN BOYEGA, Harrison Ford, Oscar Isaac.
FANTASCIENZA
Quando la Disney acquistò la LucasFilm, sapevamo che avrebbe tratto i massimi profitti dallo sfruttamento del marchio, con tutte le produzioni annesse. Era già successo per la Marvel, e se è chiaro che non esiste una macchina da guerra altrettanto potente per merchandising, forza mediatica e capacità di lanciare le proprie produzioni, lo è altrettanto che, da un punto di vista artistico, possa piacere o no il risultato finale, viene scatenata ogni capacità creativa e che possa definire un lavoro più accattivante possibile. Tralasciando la strafottenza dello snobismo più o meno raffinato dei detrattori a priori della saga di "Star Wars", e la dedizione quasi ossessiva di chi dello scontro tra Jedi e asserviti al Lato Oscuro ne ha fatto una questione a un passo dal culto spirituale, il settimo episodio dell'avventura galattica che dal 1977 porta spettatori nelle sale, oggetti nelle camere dei ragazzi e altro ancora nell'immaginario collettivo, è un capitolo che rinnova il fascino di una serie che mescola tutto ciò che del cinema appassiona: c'è la fantascienza, il film di mostri, il western, l'avventura, il sentimento, i duelli con armi di ogni tipo, la magia del volo e l'inevitabilità del conflitto tra Potere e Ideale. Passando dalle mani del creatore George Lucas a quelle del primo continuatore, J.J.Abrams, che già con "Star Trek" aveva svolto un buon lavoro, agguantando nuovi fans ( i prossimi due episodi saranno diretti da altri registi), ritrovando Lawrence Kasdan a dare mano nella scrittura, "Il risveglio della Forza" è insieme una rivisitazione dei temi principali della saga ed una prosecuzione ad alto ritmo, ricca di scene spettacolari ( da citare, perlomeno, il caccia TIE "in trappola" dentro l'astronave più grande, e come si libera...), diretta con ampio respiro da Abrams, riproponendo i personaggi canonici, da Han Solo ai robot R2D2 e C3PO, ma affidando ai nuovi il compito di portare avanti la storia, come avviene per quella con la "S" maiuscola, per quanto, certo, si strizzi l'occhio all'effetto-nostalgia. Se l'Impero dei primi sei film era una metafora del nazismo, come rileva uno dei nuovi characters, il "Primo Ordine" potrebbe essere l'Is, una società che punta a sterminare non solo le popolazioni, ma anche i riferimenti culturali diversi da sè; in un racconto di scontri con spade laser modificate, inseguimenti nel buio dello spazio, ricongiungimenti e distacchi, i legami di sangue e gli scontri generazionali impregnano di epica l'avventura, umanizzandola. E in un' inaspettata carezza, che è l'addio, bellissimo, di uno dei personaggi più amati, condensa la forza dei sentimenti che vanno oltre le miserie dell'ambizione, del tradimento e del potere ad ogni costo. 

sabato 19 dicembre 2015


IL NOME DEL FIGLIO ( I, 2015)
DI FRANCESCA ARCHIBUGI
Con ALESSANDRO GASSMAN, LUIGI LO CASCIO, VALERIA GOLINO, ROCCO PAPALEO.
COMMEDIA/DRAMMATICO
Una serata romana in terrazza, una cena tra parenti con un amico speciale, un legame tra i commensali che viene dall'infanzia, due fratelli figli di un parlamentare di sinistra, ma se la figlia è sposata ad un professore universitario con ambizioni letterarie frustrate e troppo legato allo smartphone, il figlio, in procinto di diventare padre a sua volta, ha scelto di essere di destra, anche per reazione. Tra una chiacchiera ed uno scherzo, scatta un gioco a darsi addosso, se non proprio al massacro, che scoprirà molti segreti mai confessati, e farà pensare a tutti di non conoscere così bene come pensava, gli altri. Francesca Archibugi gira una dramedy che è il rifacimento italiano del francese "Cena tra amici", di tre anni fa: cast interessante, composto da Alessandro Gassman, Valeria Golino ( i fratelli Pontecorvo), Luigi Lo Cascio ( il marito della Golino), Rocco Papaleo (l'amico storico del gruppo, eterno single), e Micaela Ramazzotti (la moglie incinta di Gassman), e quando l'aggressività esplode, il film viaggia bene, rivelando  a più riprese una discreta mano nel mettere tutti contro tutti. Quel che non convince è il ritratto dell'intellighenzia di sinistra, snob come ogni stereotipo vuole ( i figli chiamati Pin e Scintilla, come Papere di "Verso sera".....), le forzature che la sceneggiatura impone al racconto, rimettendo insieme i cocci misteriosamente dopo liti roventi, senza prendersi la briga di spiegarle minimamente, stemperando fin troppo il clima creatosi sullo schermo. Rimane un'operazione riuscita a metà, incerta, mai troppo divertente, che non porta alla riflessione sui rapporti familiari e di amicizia, e qua e là, duole ammetterlo, si avverte un retrogusto intellettualoide nei dialoghi, non leggero da smaltire. 

mercoledì 16 dicembre 2015


LO SPAVENTAPASSERI ( Scarecrow, USA 1973)
DI JERRY SCHATZBERG
Con GENE HACKMAN, AL PACINO, Dorothy Tristan, Ann Wedgeworth.
DRAMMATICO
Max e Lionel sono due poveri diavoli che si incrociano su una strada di campagna, facendo autostop: hanno addosso tutti i loro averi, ma sono due personalità antitetiche. Vengono da un lustro di allontanamento dalla vita normale, ma il primo, di indole attaccabrighe e un pò prepotente, è appena uscito dal penitenziario, mentre il secondo, giocoso e un pò tra le nuvole, è stato imbarcato per mare per altrettanto tempo. Fanno amicizia e progettano di metter su un autolavaggio, incontrano donne e situazioni, e la bontà d'animo del secondo alla lunga contagia il primo, portandolo alla gentilezza verso il prossimo e al cercare di far sorridere le persone. Ma c'è un dramma in agguato. Vincitore della Palma d'Oro a Cannes nel 1973, "Lo spaventapasseri" ( il titolo è in riferimento alla teoria di Lionel, che asserisce che gli uccelli ridono vedendo gli spaventapasseri, e allora lasciano stare il campo in cui è piantato) è un film su un'amicizia virile nata dove non è scontato, ricordando in più momenti "Un uomo da marciapiede". Tra Hackman e Pacino, sul set, non ci fu un gran rapporto, e il secondo lo rivelò con rammarico in un'intervista, tempo dopo, affermando di essere dispiaciuto di non aver concesso molto al collega, ma sullo schermo non traspare questo disagio: semmai, tra i due grandi attori, forse la spunta Gene Hackman per lo scavo graduale del personaggio, mentre Al Pacino rivela quasi da subito la natura "strana" del suo ex-marinaio. In questo senso, particolarmente riuscita la sequenza della rischiata rissa nella tavola calda, che si risolve in un numero comico di Max per i presenti . Avviato a passo calmo verso il triste finale, il film di Schatzberg è un cult raramente visibile oggi, e sebbene paia qua e là un pò datato, merita una visione senz'altro. 

L'UOMO CHE NON SAPEVA AMARE 
( The carpetbaggers, USA 1964)
DI EDWARD DMYTRYK
Con GEORGE PEPPARD, Alan Ladd, Carroll Baker, Martha Hyer.
DRAMMATICO
Dall'omonimo romanzo di Harold Robbins, un best-seller a tinte abbastanza forti, per l'epoca in cui uscì, come gli altri libri dello scrittore, un film dagli incassi notevoli negli anni Sessanta, e il più grosso successo commerciale per George Peppard. Il quale impersona Jonas Cord, figlio di un uomo d'affari che aveva sposato la ragazza che lui aveva portato a casa come fidanzata: dotato di un senso per fare soldi e fare impresa quanto poco avvezzo alle relazioni interpersonali e anaffettivo, mosso da una smania di fare, decidere e intraprendere quasi furente, l'uomo attraversa, dagli anni Venti ai tardi Quaranta, trent'anni trovando il verso di far fruttare ogni sua iniziativa. A ben guardare, questa storia sembra il controcanto de "Il gigante", vista dall'ottica del personaggio principale, e non da chi gli ruota intorno. Dmytryk gira un melò a colori densi, su un uomo-degenerazione di un bambino che aveva sofferto un trauma indicibile: nonostante la pellicola sia fin troppo lunga e ricca di accadimenti, che nella seconda parte si fanno fin troppo fitti, e che approdi ad un finale conciliante che suona molto forzato, visto il narrato fino a quel punto, è un film discontinuo, ma non spiacevole. Chiaramente ispirato alla vicenda umana e alla leggenda di Howard Hughes, "L'uomo che non sapeva amare" ha gli attori migliori nei "supporting roles" Alan Ladd e Carroll Baker, capaci di buttarsi via, ma più umani del protagonista nella loro vulnerabilità. 

lunedì 14 dicembre 2015


HINDENBURG (The Hindenburg, USA 1975)
DI ROBERT WISE
Con GEORGE C. SCOTT, Anne Bancroft, William Atherton, Charles Durning.
DRAMMATICO
Il dirigibile Hindenburg, un Led Zeppelin simbolo della potenza nazista, esplose alla fine di una traversata dalla Germania agli Stati Uniti, il 6 Maggio del 1937: fu un attentato, secondo questo film, ordito da nemici del nazismo tedeschi, e per via dell'embargo americano al paese di Hitler, i palloni aerostatici erano alimentati da idrogeno, e non da elio. Robert Wise, comunque un autore meno apprezzato di quanto avrebbe meritato, imbastì un film del filone catastrofico, con annesse le canoniche storie dei personaggi principali che si intrecciano in attesa del momento in cui il disastro scoppia, scegliendo un contesto particolare: difficile, infatti, far appassionare il pubblico ad una vicenda che riguarda personaggi riportanti un simbolo generalmente inviso, storicamente, a gran parte della popolazione mondiale ( e meno male). Però, la regia fa distinguo tra i seguaci ottusi del Fuhrer  e i tedeschi meno convinti delle teorie hitleriane, come si può notare nella scena del numero musical-satirico a bordo del velivolo: e la decisione di riportare le scene finali della catastrofe aerea in bianco e nero, o seppiato, è una finezza degna di un regista capace di unire grande spettacolo e buon cinema. Certo, non è uno dei suoi lavori migliori, ci sono lungaggini, e il classico intersecarsi di situazioni e storie personali dei maggiori caratteri è risaputo, però c'è da dire che il gioco d'attori è interessante, e che George C.Scott è stato un attore di gran classe, perlomeno in proporzione a quanto sapeva essere ruvido e introspettivo ad un tempo. 

sabato 12 dicembre 2015


HEART OF THE SEA- Le origini di Moby Dick ( In the Heart of the sea, USA 2015)
DI RON HOWARD
Con CHRIS HEMSWORTH, Benjamin Walker, Brendan Gleeson, Cillian Murphy.
DRAMMATICO/AVVENTURA 
A due anni da "Rush" e prima di continuare la serie dei film tratti dai romanzi di Dan Brown, Ron Howard imbastisce un film d'avventura classicissimo, con il racconto, romanzato, della sventura della baleniera Essex , che ispirò Herman Melville nell'ideazione e scrittura di "Moby Dick". La storia è narrata in flashback da un uomo che all'epoca dei fatti era mozzo, e sopravvisse alla tragedia marina: un capodoglio di grandi dimensioni attaccò la nave, dopo una prima caccia, fatto quasi inspiegabile per i marinai, e non in molti riuscirono a scampare all'incidente, e alla conseguente deriva in mare. Il film narra il conflitto tra il primo ufficiale, uomo d'esperienza e forte sagacia Owen Chase, ed il capitano, comandante della nave, George Pollard, uomo di teoria e discendente di ufficiali, e il patto tra i due dopo il disastro, per non morire nell'oceano: fotografato in modo da dare una luce epica alla pellicola, "Heart of the sea" ha diversi rimandi all'opera melvilliana, suggerendo una lettura della Balena come fosse Dio o la Natura, a seconda della formazione dello spettatore. Come, infatti, "Moby Dick" si può interpretare la furia, e poi la pietà, dell'animale, come un monito all'umana arroganza, o una prova che agli uomini una creatura di immane potenza impone perchè sappiano leggere nel proprio animo. Vigoroso e dipanato come un romanzo, parla anche della crudeltà della sopravvivenza, senza indugiare in scene macabre oltremodo, trattando di ciò che gli esseri umani sono disposti a fare pur di vivere: fisicamente disposti al dimagrimento per la seconda parte della storia, gli attori si prestano senza risparmio all'operato di Howard, che è divenuto, salvo qualche leggero inciampo, uno dei registi che maggiormente ha saputo diventare un autore popolare, quasi senza farsene accorgere, ha sviluppato una propria cifra, allo stesso tempo conoscendo come tenere il pubblico vivo e attento.

venerdì 11 dicembre 2015



CHILD 44- Il bambino n. 44 (Child 44, USA/GB/RO/CRK, 2015)
DI DANIEL ESPINOSA
Con TOM HARDY, NOOMI RAPACE, Gary Oldman, Joel Kinnaman.
THRILLER
Chi ha ucciso oltre 40 bambini in Unione Sovietica, nel primo dopoguerra, infierendo sulle piccole vittime, che non vengono denunciate come tali, in quanto il regime di Stalin non tollera che sia ammessa la presenza di assassini tra i cittadini? Indaga l'eroe di guerra Leo Demidov, ma finisce silurato e costretto ad una vita di stenti per la denuncia di tradimento della moglie, da parte di un collega che gliel'aveva giurata, perchè Demidov si era opposto alla sua ferocia nella troppo disinvolta esecuzione di sospetti dissidenti. Dal romanzo di Tom Rob Smith, che fa parte di quella che per ora è una tetralogia sul personaggio principale,  un thriller a sfondo storico/politico che mette insieme diversi nomi celeberrimi, da Tom Hardy e Noomi Rapace a Gary Oldman, Joel Kinnaman, Vincent Cassel, Jason Clarke, e lo script porta la prestigiosa firma di Richard Price, lo scrittore che sceneggiò "Il colore dei soldi": e, tranne l'apertura, che è abbastanza indiziaria, il film ricorda molto da vicino il romanzo originale. Però, pur probabilmente con diverse verità sulla vita durante il regime degli anni Cinquanta, sia romanzo che lungometraggio paiono venire dalla propaganda antisovietica più classica e accanita: il giallo, in sè, è abbastanza prolisso, e fa rimpiangere un pò le avventure di Arkady Renko, il detective in azione nella Russia dagli anni Ottanta in poi, creato da Martin Cruz Smith e portato sullo schermo con il volto di William Hurt nel 1983. Per quanto riguarda gli attori, sembrano un pò tutti a disagio con ruoli molto schematici, e Daniel Espinosa, che aveva convinto maggiormente con "Safe house", dirige confusamente le scene d'azione, provocando un senso di frastornamento allo spettatore, che non giova alla visione.

mercoledì 9 dicembre 2015


IL PROFESSOR CENERENTOLO ( I, 2015)
DI LEONARDO PIERACCIONI
Con LEONARDO PIERACCIONI, Laura Chiatti, Davide Marotta, Flavio Insinna.
COMMEDIA
Ventun anni dopo il fortunatissimo esordio con "I laureati", Leonardo Pieraccioni prosegue la sua avventura cinematografica, puntualmente per Natale, ogni due anni (unica "anomalia" , fu "Fuochi d'artificio" nel 1997, uscito a Ottobre), che prevede uno schema più o meno fisso: lui, protagonista e regista, nei panni di un buon diavolo che si ritrova in un tiraemolla sentimentale con la tizia più bella in giro, in un contesto in cui tutti intorno sono di buon cuore, in fondo,e ogni problema si può risolvere con una pacca sulla spalla. Peccato che, a cinquant'anni, il simpatico Leonardo cominci a parere rinchiuso in una visione del mondo rosea e senza via d'uscita, il che sa di allarmante: qui è un ingegnere rinchiuso in un penitenziario, in cui tutti i detenuti sono degli allegri buffoni (un carcere che sembra un campeggio...), che deve rientrare entro mezzanotte in cella, ma per l'appunto si innamora di una bella animatrice un pò squinternata, e partono così le complicazioni. "I'Piera", come lo chiamavano gli spettatori giovani più entusiasti subito dopo "Il ciclone", ha fatto anche di peggio, vedi "Una moglie bellissima" e "Io e Marilyn",  ma alla fine lui fa sempre se stesso, il soggetto sembra riciclato per l'ennesima volta, i comprimari non sono esilaranti, e si percepisce l'effetto dell'albero di Natale finto, usato troppe volte, che ormai mette anche un goccio di malinconia...

martedì 8 dicembre 2015


IL MATRIMONIO CHE VORREI (Hope Springs, USA 2012)
DI DAVID FRANKEL
Con MERYL STREEP, TOMMY LEE JONES, Steve Carell, Elizabeth Shue.
COMMEDIA
Il senso pratico è importante, ma averne fin troppo, può essere letale in una relazione di coppia: coniugi che dormono in stanze distanti, Kay e Arnold sono in stasi, con lui che dà per scontate troppe cose e le rivolge un'attenzione bassissima, e lei che ha ancora slanci romantici, e, per tentare di recuperare la situazione, organizza una vacanza di una settimana per recarsi, insieme, da un consulente che dovrebbe dare nuova linfa alla loro unione. Meryl Streep e Tommy Lee Jones, attori pluripremiati ed incensati, danno vita ad un confronto fatto di impacci, tensioni, affettuosità ruvide, imbarazzi, con bravura, e la loro prova è la cosa migliore di questa commedia a venature drammatiche, diretta da David Frankel, che con la diva ha colto il maggior successo della sua carriera, "Il Diavolo veste Prada": scritta da una donna, e si nota nei dialoghi, soprattutto, la sceneggiatura va avanti fin troppo a strappi, e la malinconia che pervade il racconto di due persone giunte ad un punto della vita abbastanza avanzato, ma che non sono ancora nella terza età, è percepibile solo a tratti. Non è un film sgradevole, "Il matrimonio che vorrei", si vede volentieri, ma scene come quella del cinema, che si vorrebbe divertente, è solo imbarazzante, e potevano evitare di infilare una sequenza così sguaiata in un contesto che ha, per il resto, abbastanza garbo: ed il finale, prevedibilmente roseo, poteva essere migliore. 

venerdì 4 dicembre 2015


THE HORSEMEN (The Horsemen, USA 2009)
DI JONAS AKERLUND
Con DENNIS QUAID, Ziyi Zhang, Clifton Collins, jr., Lou Taylor Pucci.
THRILLER
Chi compie gli efferati delitti che vedono vittime torturate con ganci, pratiche sadomaso spinte oltre i limiti, strappando in un caso tutti i denti, e firma con la citazione biblica "Vieni e vedi"? Il detective Aidan Breslin, stazzonato e contrito, per via della recente perdita della moglie, ha un rapporto non semplice con i figli, e si dedica all'indagine, che lo porterà a "vedere" il gioco perverso di chi uccide, ispirandosi ai Quattro Cavalieri dell'Apocalisse, e, in una spirale sempre più rischiosa, gli farà fare scoperte sconvolgenti. Un thriller ambientato in una cornice innevata, la cui chiave lo spettatore più esperto in gialli non faticherà troppo ad intuire: "The horsemen" parte abbastanza bene, inquadrando un protagonista trascinato dagli eventi, che si attacca all'investigazione del caso più per salvarsi dalla depressione che per zelo professionale. Peccato che, via via, il racconto si conceda troppe pause, e la rivelazione finale non sia sintonizzata con un arco di tensione adeguato, che la regia non sia brillantissima: Quaid, un tempo battezzato "nuovo Jack Nicholson" da alcuni giornalisti, sembra arrivato ad un'onesta terza fase della carriera, in cui offre professionalità e sicuro mestiere. 

lunedì 30 novembre 2015


MA TU DI CHE SEGNO 6?
DI NERI PARENTI
Con GIGI PROIETTI, MASSIMO BOLDI, VINCENZO SALEMME, RICKY MEMPHIS.
COMICO
Negli anni Settanta era stato un successo di cassetta "Di che segno sei?", con quattro episodi che vedevano star della risata all'italiana come Paolo Villaggio, Renato Pozzetto, Alberto Sordi, Monica Vitti e Adriano Celentano in quattro episodi che, con il pretesto dei segni zodiacali, attiravano gli spettatori che premiavano spesso pellicole composte da minifilm così. Dopo l'addio (molto provvisorio, visto che quest'anno ci risiamo...) di Christian De Sica al sodalizio con Neri Parenti e le vacanze di qua e di là, il regista fiorentino mette insieme attori che ha diretto già più volte, come Proietti, Boldi, Memphis, Salemme, e giocando sempre sull'abbinamento comici+ zodiaco, incrocia varie storielle: dal maniaco asettico Massimo Boldi, all'avvocato che perde la memoria Gigi Proietti, al maresciallo dei Carabinieri Vincenzo Salemme, gelosissimo della figlia, all'antennista Ricky Memphis che per superstizione perde l'occasione di cedere alle grazie di una sventolona, e i televisivi Pio e Amedeo che si danno da fare per far conquistare ad uno dei due una bellezza sudamericana. Al di là della ovvia pretestuosità dello spunto, il film scritto da Carlo ed Enrico Vanzina  assieme a Parenti, è di una noia consistente, recitato malissimo, da tutti, e fa sembrare l'ora e mezza di durata un periodo troppo lungo e sprecato a non fare altro che assistere alla desolante accozzaglia di battute loffie, luoghi comuni e banalità assortite che compongono questo filmaccio. Cinepanettone, ma avariatissimo.

sabato 28 novembre 2015


HUNGER GAMES:LA RAGAZZA DI FUOCO
(The Hunger Games: Catching fire, USA 2013)
DI FRANCIS LAWRENCE
Con JENNIFER LAWRENCE, Josh Hutcherson, Woody Harrelson, Donald Sutherland. 
FANTASCIENZA/AVVENTURA
Sia la saga di "Harry Potter" che quella di "Twilight" hanno sancito una maniera di estendere la propria prosecuzione, facendo sì che anche i guadagni aumentino: quindi, ogni serie partita e baciata dal successo popolare ( non tocca a tutte, vedi "Città delle Ossa" e altre, partite e affondate dai costi eccessivi e dallo scarso ritorno): "Hunger Games", con l'avventura della ribelle Katniss che, in un mondo futuro afflitto da una divisione di status cui viene abbinata un'oscena menzogna perpetua con un reality senza fine, in cui giovani assassini per istinto di sopravvivenza divengono le star da seguire, arriva qui al secondo capitolo, prima degli atti terzo e quarto, che concludono le vicende dei Distretti. La regia passa da     a Francis Lawrence, e onestamente, rispetto al primo capitolo, dei passi avanti vengono compiuti: non tanto la storia del triangolo sentimentale tra la protagonista ed i due guerrieri antitetici cui si affianca, che non appassiona e sembra allungata come il brodo non di prima qualità; nè la critica ad un sistema che spettacolarizza i conflitti sociali, poco lucida per essere efficace. E nè, narrativamente, nella prolungata illustrazione delle conseguenze del primo film, con Katniss e Peeta assurti, controvoglia, a modelli giovanili da mostrare per esaltare la facciata del regime crudele di Snow: quello che funziona, oltre ad una fotografia veramente di alto livello (è firmata da Jo Willems), è la seconda parte del racconto, che la butta nettamente sull'avventuroso, e crea la tensione giusta per farsi seguire volentieri dallo spettatore. Molte facce celebri in ruoli importanti ma di contorno (oltre a Sutherland, Stanley Tucci, Woody Harrelson, Elizabeth Banks, Lenny Kravitz, Amanda Plummer, Philip Seymour Hoffman e Toby Jones...), e la considerazione finale che sia questa, che "Maze runner" e "Divergent" sono serie che rimescolano cose tuttavia già viste e riviste, e che difficilmente lasceranno gran traccia di sè, per i posteri. 

lunedì 23 novembre 2015


PREMONITIONS ( Solace, USA 2015)
DI ALFONSO POYART 
Con ANTHONY HOPKINS, Abbie Cornish, Colin Farrell, Jeffrey Dean Morgan.
THRILLER
C'è un killer che uccide le proprie vittime conficcando loro uno stiletto nella nuca, procurando una morte rapida: gli agenti dell'FBI incaricati del caso contattano uno psichiatra che ha il dono/dannazione di poter prevedere il futuro delle persone toccandole. Quel che verrà fuori, coinvolgerà l'uomo e lo sconvolgerà: l'assassino ha le sue stesse facoltà. Un thriller che è stato originato da uno script concepito per essere il sequel di "Se7en", che trova in Anthony Hopkins un protagonista capace di assorbire molto dell'interesse suscitato dalla pellicola. Il film di Poyart è un giallo a tinte sovrannaturali con  buoni momenti, una valida escalation della tensione, ed un confronto finale non proprio risolto benissimo. All'attivo del film lo scavo dei personaggi, più complessi della media dei canonici caratteri del thriller all'americana contemporaneo, il parallelo tra cacciatore e killer, le buone interpretazioni degli attori: meno bene, troppi effetti e simbolismi da spot patinato di flashbacks e connessioni mentali, che appaiono come un narcisismo esasperato della regia. Certo, la "sorpresa" finale dell'ultimissima sequenza, sconcerta e dà un senso differente al racconto, ed è un risvolto ben giocato. Peccato che ci sia un ricorrere a troppi estetismi, ma è un giallo di discreta fattura. 

giovedì 19 novembre 2015


IL BOSS E LA MATRICOLA ( The Freshman, USA 1990)
DI ANDREW BERGMAN
Con MARLON BRANDO, MATTHEW BRODERICK, Penelope Ann Miller, Bruno Kirby.
COMMEDIA
Che fare se, appena arrivato a New York, uno studentello viene dapprima rapinato di bagagli, denaro e quant'altro si è portato dietro dalla provincia, e poi, ritrovato il ladro e introdotto al cospetto di un boss della malavita, questi si affeziona a lui a tal punto da consegnargli un lavoro, incarichi delicati e forse la mano della figlia? Una commedia che fu tra le pellicole che riportarono Marlon Brando sullo schermo dopo quasi un decennio di assenza (tra "La formula" e "Un'arida stagione bianca" intercorsero nove anni...), e nella quale l'ormai extralarge star si dedicava alla parodia di uno dei suoi ruoli più acclamati, quello di Vito Corleone ne "Il Padrino". il filmetto è ordinatamente scritto, diretto ed interpretato, scorre liscio e non annoia, semmai, come molte commedie statunitensi uscite a cavallo tra gli anni Ottanta e i Novanta, ci si chiede, ad un certo punto, quando il film si decide a non essere solo gradevole, ma anche divertente; però va detto che l'entrata in scena di Brando, che per l'occasione sfoggia un'aura carismatica "suave" come direbbero i recensori americani, è poderosa, e si pappa il film con classe e divertito compiacimento. Il plot "giallo" è all'acqua di rose, e ci si mette pochissimo a farsi le domande giuste, per il resto un'ora e mezza, o poco più, che scorre via senza intoppi. 

OPERAZIONE U.N.C.L.E. (The man from U.N.C.L.E., GB/USA 2015)
DI GUY RITCHIE
Con HENRY CAVILL, ARMIE HAMMER, Alicia Vikander, Hugh Grant.
AZIONE/COMMEDIA
Un inglese che interpreta un americano, ed un americano che impersona un russo, entrambi agenti speciali dei rispettivi paesi, impegnati in una sfida ad un'organizzazione che intende compiere attentati di forte portata, tra Berlino Est, Berlino Ovest e Roma, il tutto nel 1963, in piena Guerra Fredda. Dalla serie tv andata in onda dal '64 al '68 "Man from U.N.C.L.E.", interpretata da Robert Vaughn e David McCallum, un progetto che, come accade di consueto a Hollywood, ha cambiato spesso regista designato (il primo era Steven Soderbergh) e interpreti potenziali ( si è parlato di George Clooney, Matt Damon, Christian Bale, Channing Tatum, Michael Fassbender...), finito nelle mani di Guy Ritchie che, considerando il ragguardevole risultato di pubblico, e pure di critica, del dittico di "Sherlock Holmes", pareva la scelta più adatta. E invece il film è affondato nel disinteresse internazionale, curato nell'allestimento e nella riproduzione della "coolness" ispirata agli anni Sessanta, ma si ha l'impressione che questo aspetto abbia preso la mano al regista, e benchè ci siano anche scene d'azione con buon ritmo, si finisce presto saturi della fin troppa stilizzazione di tutto quel che avviene sullo schermo, dai costumi, alle pose degli attori, alle scenografie: pretesi colpi di scena si susseguono senza catturare l'attenzione dello spettatore, e se il modello preteso era, forse, "True lies", buon compromesso tra azione e commedia parodistica, manca una salace ironia di fondo a dar sapore alla pellicola. Gli attori, tutti di bell'aspetto e a proprio agio in questa dimensione patinata, sono semplici marionette gestite da un director forse troppo convinto di se stesso. 

venerdì 13 novembre 2015


PHILOMENA ( Philomena, GB/USA/F 2013)
DI STEPHEN FREARS
Con JUDI DENCH, STEVE COOGAN, Neve Gachev, Charlie Murphy.
DRAMMATICO
E' stato uno dei lungometraggi più importanti del 2014, in bilico tra dramma e commedia, o meglio, un film drammatico con venature brillanti, che narra una storia realmente accaduta, con qualche licenza: in cui un giornalista, consulente per il governo Blair, è stato accantonato, e vorrebbe scrivere un libro sulla storia russa, ma non riesce a ripartire. Viene allora consigliato dal proprio capo, di occuparsi di storie di gente comune: tramite la figlia, contatta una donna anziana, Philomena Lee, che in gioventù era stata ragazza madre, affidata ad un convento, il cui bambino era stato dato, come altri, a famiglie facoltose in adozione. Il giornalista, fiutando uno scoop, accompagna la donna nella ricerca del figlio, fino negli Stati Uniti, via sorprese amare e i contrasti tra un uomo colto, un pò cinico e dal carattere non facile, ma alla fine un idealista, ed una donna senza cultura, sensibilissima, e dall'umanità profonda. Stephen Frears ha sempre avuto talento per raccontare le donne, e, complice anche una splendida Judi Dench, che ha ancora una luce sfavillante negli occhi, lo fa anche questa volta: la semiprigionia di Philomena, le cattiverie subite in convento, gli anni persi a chiedersi dove fosse finito il proprio bambino, e quel che la vita le ha riservato, non appannano la bontà, la gentilezza e la dolcezza di un'eterna ragazza, cui le asperità dell'esistenza non hanno tolto la capacità di sorridere e commuoversi. Il film è sobrio, per quel che racconta, ma riesce ad essere toccante, verso la conclusione: ricordando che non importa rifugiarsi dietro le scuse di ogni credo religioso, concepito in maniera oscurantista, per essere capaci di pietà e avere dentro un frammento di Dio. 

SOPRAVVISSUTO- The Martian ( The Martian, USA 2015)
DI RIDLEY SCOTT
Con MATT DAMON, Jessica Chastain, Chiwetel Eijofor, Jeff Daniels.
FANTASCIENZA
Dal romanzo "L'uomo di Marte", di Andy Weir, un kolossal umanista/fantascientifico, che dopo il controverso "Exodus" ha riportato la critica a parlare bene di Ridley Scott, ventilando una papabile candidatura come regista dell'anno ai prossimi appuntamenti di Golden Globes e Oscar. Si narra di una spedizione della NASA su Marte, con un equipaggio che, a causa di una tempesta sul pianeta, batte in ritirata, ma uno dei componenti, il botanico dell'equipe, rimane colpito da un oggetto e creduto morto: invece, sopravvive per una combinazione di fattori, e, nonostante tutto gli giochi contro comincia ad organizzare la propria sopravvivenza, e, a seguire, tentativi  di contattare la Terra per farsi salvare. Richiamante "Cast away" per la scelta di raccontare quasi esclusivamente l'odissea di un uomo abbandonato, e "Gravity" per ricalcarne i passi, ma in chiave cosmica, il film è un inno alla sagacia umana, ed è contraddistinto da un'ondata di umanesimo ottimista; dall'inizio, i personaggi sono tesi a muovere per aiutare il prossimo, e la caparbietà dell'essere positivi, permea l'intero lungometraggio. In questo senso, emblematica l'inquadratura della piccola pianta nata in mezzo ai sassi, una sfida alla logica ed alle probabilità, come la lotta per non morire del protagonista. Spettacolare e non privo di un'ironia che ammorbidisce la visione, e ne smorza i rischi di retorica, montato ad hoc da Pietro Scalia, che alterna benissimo gli stacchi di racconto tra i vari blocchi narrativi, "The Martian" potrebbe riservare sorprese alle prossime premiazioni. Matt Damon, va da sè, si carica buona parte del film sulle spalle, e presta una "normalità" che colpisce ad un individuo cui tocca una sorte straordinaria: va dato atto, comunque, al regista, che quando riesce a non distrarsi troppo dai temi che intende affrontare, sa confezionare cinema di prima qualità, e che resta negli occhi e nel cuore degli spettatori.

mercoledì 11 novembre 2015


UN UOMO DA RISPETTARE ( The Master touch, I/D, 1972)
DI MICHELE LUPO
Con KIRK DOUGLAS, GIULIANO GEMMA, Florinda Bolkan, Wolfgang Preiss.
AZIONE
Ad Amburgo, un ladro professionista, che ha passato qualche tempo in carcere, viene contattato da qualcuno che vorrebbe commissionargli un colpo adatto solo ad uno come lui: l'uomo tentenna, si è rifatto una vita, ma il brivido del rischio gli manca, e, trovando un collaboratore in un giovane italiano che sbarca il lunario facendo l'acrobata in un circo, si mette ad organizzare il furto. Chiaramente, le cose non andranno come previsto. Coproduzione italo-tedesca, per la regia di Michele Lupo, che, qualche anno più tardi, avrebbe diretto Bud Spencer  in un paio di film,(ed infatti le scene d'azione sono la cosa migliore di questa pellicola), con Kirk Douglas che, nella fase matura della sua carriera, spesso lavorò in Europa, tornando ad Hollywood più raramente, è un B-movie onesto, in quanto consapevole della propria categoria: su una sceneggiatura abbastanza prevedibile, con personaggi non delineati benissimo ( a soffrirne, più che altro, il rapporto tra "Maestro" e allievo, che si sviluppa non moltissimo, ed era invece il fulcro del racconto, tutto sommato), gli attori danno una mano al regista, seppure Douglas ci metta più che altro mestiere, e Gemma si distingua soprattutto per gli atletismi. Condotto verso un finale che è il naturale arrivo della spirale di cose che vanno storte, non è certo da cineteca, ma si lascia guardare senza annoiare. 

sabato 7 novembre 2015


SPECTRE (Spectre, GB 2015)
DI SAM MENDES
Con DANIEL CRAIG, Lèa Seydoux, Ralph Fiennes, Christoph Waltz.
AZIONE
Attesissimo, il secondo film di James Bond diretto da Sam Mendes, ed il quarto con la spia interpretata da Daniel Craig, ha un titolo quasi elementare, riconoscibilissimo dai fans e non della serie dell'agente segreto inventato da Ian Fleming: che gli episodi con Craig fossero, a differenza dei precedenti, maggiormente connessi tra loro, era un disegno chiaro, ma non si era ancora profilata l'organizzazione criminale internazionale dalla potenza incommensurabile, presidiata dalla nemesi bondiana per eccellenza, Ernst Stavro Blofeld. Non ci dimentichiamo che l'operazione iniziata nel 2006 con "Casino Royale" è stato un vero e proprio reboot della serie, giunta al capitolo 24: dopo aver perso "M", morta nel finale di "Skyfall", ritroviamo 007 a Città del Messico, mascherato in mezzo alla tradizionale "Festa dei Morti", un carnevale in cui folleggiano scheletri, teschi e quant'altro di funerario, ma in chiave giocosa, intento a sventare un attentato, in lotta con un cattivaccio che assomiglia a Abel Ferrara, per poi proseguire l'avventura tornando in Inghilterra, giungendo in Austria, fino in Marocco e di nuovo a Londra, sulle tracce di un messaggio vago, che lo rimanda al proprio passato, e verso una misteriosa associazione che compie misteriose riunioni, e fa soldi speculando su terrore e morte. Diciamolo subito, "Skyfall" aveva colpito più a fondo, tessendo una trama complessa ed eloquente nella rielaborazione della mitologia bondiana, ma "Spectre" è un titolo che cresce nello spettatore con più lentezza, come certi liquori necessitano di essere gustati appieno per dare la loro reale cifra. Mendes cita, consapevolmente, altro cinema, come "Lo squalo" (i bidoni che schizzano via legati tra loro, uno alla volta), "Eyes wide shut" (gli spettatori alla riunione esclusiva, in un clima di cupezza e tensione), "Potere assoluto" (una figlia che scopre l'amore del padre in una stanza mai esplorata, con foto sulle pareti), e realizza sequenze d'azione tesissime e spettacolari, la più bella forse l'inseguimento tra aereo e auto sulla neve. Potrebbe essere l'ultimo episodio di 007 sia per Daniel Craig che per Sam Mendes, anche se i fans sperano il contrario, ed il finale potrebbe essere sia un congedo per il Bond più amato dopo Sean Connery, che una nuova ripartenza, lo sapremo da qui a un anno, più o meno. Resta il fatto che dopo questa tetralogia, che ha cambiato notevolmente 007, facendone un eroe meno spaccone e più destinato a soffrire e animato da uno spirito di vendetta, sarà difficile non tenerne conto, e tornare su un registro nel quale è solo l'azione a prevalere sulla storia.

domenica 1 novembre 2015


SUBURRA (I/F, 2015)
DI STEFANO SOLLIMA
Con PIER FRANCESCO FAVINO, ELIO GERMANO, CLAUDIO AMENDOLA, ALESSANDRO BORGHI.
DRAMMATICO
A Roma, dal 5 al 12 Novembre 2011, che viene definito il "giorno dell'Apocalisse", sarcasticamente, si intrecciano diverse storiacce: c'è un senatore allacciato alla mala di estrema destra che in un gioco erotico a tre è coinvolto nella morte di una delle due ragazze presenti; un criminale del giro della Magliana che ha contatti con le famiglie della camorra e punta a stringere i tempi per fare di Ostia una nostrana Las Vegas; un capoclan di origine rom particolarmente feroce, cui uccidono un fratello e vuole scatenare vendetta; un giovane leone delle borgate che scalpita per avere più potere; un p.r. dalle ambizioni megalomani che si ritrova indebitato nelle mani del capoclan di discendenza gitana. In mezzo, droga, sparatorie, accordi sottobanco, l'imminenza delle dimissioni del papa e del presidente del Consiglio, in un'orgia di abusi di potere, intrallazzi, carognate di ogni tipo, e regolamenti di conti da far apparire certe lande centroamericane in mano ai vari cartelli dei narcos molto simili. Dal libro di Giancarlo De Cataldo e Carlo Bonini, che partecipano anche alla sceneggiatura, coadiuvati dai resistenti alfieri del cinema impegnato Stefano Rulli e Sandro Petraglia ( sul lavoro di questi due sceneggiatori sarebbe bene fare più luce, in anni di fiero disimpegno hanno continuato a portare la croce e cantare lo stesso), un film cupo, che coniuga scene d'azione e impennate di violenza al racconto denso dell'eterna penombra delle stanze del Potere, con una deplorazione della corruzione che inquina e erode l'Italia e Roma, resa in maniera vibrante. Sollima aveva già mostrato di essere un regista su cui contare in "A.C.A.B." e nella serie tv "Romanzo criminale", qui fa un passo avanti intersecando i vari intrecci narrativi in un'opera lunga due ore e un quarto che non perde un colpo di tensione: c'è da dire che "Suburra" rinuncia a diventare un grande film in qualche passaggio fin troppo romanzato delle analogie con i vari casi di "olgettine", dell'affaire Marrazzo, e via enumerando, e dando troppe risposte nel finale alle storie di ognuno dei personaggi mostrati. Però è un film capace di coinvolgere lo spettatore senza dare epica al mondo criminoso che illustra, anche se evidenzia le differenze tra i vari caratteri, con intuizioni registiche non esenti da finezze, nonostante il furore messo in scena( basti la sequenza della strage vista con l'ottica della ragazza sotto effetto di stupefacenti): del cast, tutto molto credibile, è giusto dire bene in blocco, e però va sottolineato, una volta ancora, come Claudio Amendola sia cresciuto ed abbia imparato a recitare di mezzi toni, il che ne fa un interprete di gran spessore.

venerdì 30 ottobre 2015


NOI E LA GIULIA ( I, 2015)
DI EDOARDO LEO
Con LUCA ARGENTERO, EDOARDO LEO, STEFANO FRESI, CLAUDIO AMENDOLA.
COMMEDIA
Tre quarantenni, in un punto della vita in cui si ritrovano in crisi piena, si incontrano casualmente, complice un agente immobiliare che fissa con tutti insieme per far loro vedere un casolare da rimettere in sesto in aperta campagna: pur assurda, la situazione fa sì che i tre decidano di mettersi in società per farne un agriturismo, un pò come ultima spiaggia, un pò per ritrovare rispetto e fiducia di se stessi. Messisi all'opera, vedono arrivare un tipetto dall'aria sbruffona, a bordo di una Giulia che spara note di musica classica ad altissimo volume: l'ometto chiede loro il pizzo, dato che è un membro della camorra organizzata, ma viene sequestrato dai tre, divenuti quattro per l'arrivo di un creditore di uno di loro, e le faccende si complicano un bel pò. Poi arriveranno anche una ragazza incinta, e due guagliuncelli affiliati ad un clan... Il terzo film diretto da Edoardo Leo, tratto dal libro "Giulia 1300 e altri miracoli", di Fabio Bartolomei, ha avuto un discreto successo di pubblico, e conquistato diversi premi, tra Nastri d'argento, David di Donatello, Ciak d'oro e altro: c'è da dire, subito, che è una commedia con un buon impianto di scrittura, spesso spinge a sorridere, anche se non dipinge un bel quadro italiano, è ben recitata, anche e soprattutto dai caratteri secondari, vedi il comunista irriducibile di Claudio Amendola ed il guappo'e niente di Carlo Buccirosso, il quale è uno dei talenti comici più sottovalutati del cinema e teatro italiano (magari il toscano messo in bocca alla pur brava Anna Foglietta, non è impeccabile, ma ci si può passar sopra...). Quel che un pò smorza gli entusiasmi su questo film comunque garbato e da consigliare, è l'ultimo terzo di storia, che prende un verso non dissimile dalle commedie di Massimiliano Bruno, con camorristi da operetta, soluzioni che si trovano in uno schioccar di dita, ed un buonismo un pò di maniera che fa sfumare parte dell'effetto positivo suscitato. Però Leo è uno in gamba, sia davanti che dietro alla macchina da presa ( ha un'eleganza di inquadratura che ricorda il miglior Nuti), e si spera possa fare ancor di meglio.

THE TWILIGHT SAGA:BREAKING DAWN parte II
(The Twilight saga:Breaking Dawn part II, USA 2012)
DI BILL CONDON
Con KRISTEN STEWART, ROBERT PATTINSON, TAYLOR LAUTNER, Michael Sheen.
FANTASTICO/SENTIMENTALE
Finalmente, i giochi si compiono: le sottotrame varie, dal confronto inevitabile con i Vulturi, casta di vampiri aristocratici che vogliono dire la loro sull'unione tra Bella e Edward, i rapporti a regolare il triangolo una volta passionale ma mai concretizzatosi tale tra i due e il licantropo Jacob vengono definiti una volta per tutte, le nozze sono avvenute, e la protagonista, rimasta incinta, è sospesa tra vita, morte e non-vita (lo stato dei vampiri e tutte le creature non morte, insomma). Non che si stesse con il fiato così sospeso, ma se ai botteghini questa serie di cinque pellicole ha fatto filotto, evidentemente a qualcuno interessava. Senza stare a ripetersi, nulle le sorprese, visto che ogni cosa, più o meno, va come gli spettatori un pò più adulti prevedevano fino dal primo capitolo, con una soluzione al dilemma sentimentale molto soft, una serie di momenti rimasti cristallizzati tra un'azione ed un'altra, tra un dialogo ed uno seguente, che in letteratura sarebbe una serie infinita di puntini di sospensione, un Edward sempre più inebetito e imbelle, e una Bella sempre più antipatica ( ma su questo piano, difficile indire una gara a chi lo è di più, sono tutti degli assi...), e si giunge infine al confronto con alleanze insolite, su una distesa di neve. Ma, nonostante ciò si svolga con lotta regolare, ad un certo punto viene pure da chiedersi se non ci si sbagli a giudicarlo male, e vuoi vedere che si parla di una lotta di classe, ma poi ci si tranquillizza, trovando confermata la brutta impressione percepita per tutti i capitoli: è un'ennesima farsa della trama, sostanzialmente ingannando lo spettatore, con doppia colpa. Quella di star raccontando, ciò che non sta accadendo concretamente, e lasciandosi un viatico per un eventuale nuovo sviluppo, con  duello definitivo tra clan. Cosa che non è augurabile alla propria pazienza cinefila.