BAMBOLA ASSASSINA (Child's play,USA 1988)
DI TOM HOLLAND
Con ALEX VINCENT,CATHERINE HICKS,Chris Sarandon,Dinah Manoff.
HORROR
Primo titolo di una serie giunta al sesto capitolo,e in odor di reboot,"Child's play" fu uno degli horror degli anni Ottanta che conobbe in USA un gran seguito di pubblico,da noi meno,fu scoperto con il mercato video,e tuttavia, per molti spettatori adolescenti all'epoca,è un film di culto.Un criminale,ferito a morte,che risulta essere Brad Dourif in versione lungocrinita,con un rituale trasferisce la propria anima malvagia in un bambolotto appena uscito nei negozi di giocattoli,"Chucky",e viene comprato da una signora sola,con figlio a carico:il pupazzo prende vita e attua una vendetta verso chi tradì il malvivente che gli ha infuso il proprio spirito,e,ovviamente,strada facendo,uccide chi gli intralcia il cammino.Realizzato da Tom Holland,che aveva convinto di più (ma senza esaltare,sinceramente) con il precedente "Ammazzavampiri",di cui riprende il villain Chris Sarandon convertendolo in eroe buono,che fiancheggia il piccolo protagonista Andy e sua madre,nel tentare di bloccare il mostriciattolo di plastica,"Bambola assassina" dice poco,veleggiando su una cifra quasi demenziale e senza spaventare mai davvero. Per quanto riguarda la sezione effetti speciali,ottimo il loro lavoro sulle espressioni del pupazzo,ma il film è girato,soprattutto per le scene che riguardano Chucky,su sfondi oscuri,per ovviare chiaramente alla verosimiglianza del movimento della bamboletta:tentativi di umorismo dark alla "Gremlins" ci sono,ma quasi mai vanno a segno davvero.Per reggere l'assurdità del tutto era necessario un taglio più brillante,sia pur paradossale,ma meno addomesticato.Invece,così,ci si barcamena tra noia e situazioni risibili,mai inquietanti.
CADAVERI & COMPARI (Wise guys,USA 1986)
DI BRIAN DE PALMA
Con DANNY DE VITO,JOE PISCOPO,Harvey Keitel,Dan Hedaya.
COMMEDIA
Tra due titoli importanti della filmografia di uno dei migliori cineasti emersi negli anni Settanta,Brian De Palma,c'era tempo per un divertissement in chiave di black comedy,come "Cadaveri & compari",in cui il regista di "Carrie" si diverte a mettere in burla i film ad ambientazione mafiosa.Due gaglioffi di mezza tacca,per via dell'avidità di quello con maggior grinta dei due,si inguaiano seriamente con la propria cosca,scommettendo soldi del clan,e regolarmente perdendoli:così,il boss incarica entrambi di farsi fuori l'un l'altro,naturalmente alla reciproca insaputa.La loro dabbenaggine giocherà a loro favore.Meglio nella prima che nella seconda parte,in cui le gags sono minori come numero,a parte la soluzione con colpo di scena conclusivo,che è piuttosto ridanciana (senza rendersene conto,i due sgominano coloro che arrivano per far loro la pelle...),ma "Wise guys",questo il titolo assai ironico dell'opera in originale,è una commediola zannuta che non manca di divertire;esilarante,ad esempio,la sequenza dell'omicidio in chiesa,certe gustose annotazioni da esperto di cinema di genere dell'autore,e la verve spesso ben gestita di un Danny De Vito allora appena affermatosi presso le grandi platee,che fa il paio con l'aplomb da duro retrò di Harvey Keitel.Spiritoso,non sempre oliatissimo nel ritmo,ma un piccolo film d'autore da riscoprire.
L'AQUILA D'ACCIAIO (The iron eagle,USA 1985)
DI SIDNEY J.FURIE
Con JASON GEDRICK,LOU GOSSETT JR.,David Suchet,Tim Thomerson.
AVVENTURA
Arrivò appena prima di "Top Gun",ma non ebbe il medesimo successo,e comunque nella fase centrale degli anni Ottanta,la più reaganiana della decade,nella stessa stagione di "Rambo 2" e "Rocky IV":USA uber alles,stelle e strisce forever,e a morir ammazzati tutti quelli che si opponevano.Qua un colonnello dell'aviazione,dopo una battaglia nei cieli sovrastanti le acque internazionali,ma su uno spazio che uno degli "stati-canaglia" (probabilmente la Libia,anche se non viene mai specificato quale),viene catturato e imprigionato:il figlio,scavezzacollo ma ardimentoso,intende liberarlo,e,scocciato dall'atteggiamento da mani legate dei militari e dei politici,insieme ad un alto ufficiale nero,duro ma ribelle,imbastisce un'incursione con due soli aerei per andare a liberare il genitore.Mettendo a frutto il proprio talento nel volo e nel combattimento aereo,il giovine saprà sgominare i crudeli arabi,e addirittura scontrarsi all'ultimo missile con il dittatore nemico in persona.Diretto da un professionista non eccelso,ma abile quanto bastava come Sidney J.Furie,"Iron Eagle" ebbe tre o quattro seguiti,tutti interpretati da Gossett,jr..Se a livello di ritmo il film può anche aver qualcosa da dire,siamo comunque alle prese con una specie di "Alba rossa" volante e meno drammatico,con i Queen sparati in cuffia al momento dell'attacco ai vili carognoni che non intendono riconoscere agli States la supremazia.Sui dialoghi,velo pietoso su certe uscite razziste e,al di là di ogni retorica,imbarazzanti ("In fondo è uno staterello merdoso!","C'era Pallemosce Carter,questo presidente lo chiamano Ronny Rambo,e non gliele manda a dire a questi..."),e quanto agli effetti speciali,meglio del film di Tony Scott le sequenze di volo,ma tra lo sparo dei razzi e le esplosioni corre fin troppo poco tempo.
MILANO TREMA:LA POLIZIA VUOLE GIUSTIZIA
(I,1973)
DI LUCIANO MARTINO
Con LUC MERENDA,Richard Conte,Silvano Tranquilli,Carlo Alighiero.
POLIZIESCO
Milano,Roma,Napoli,un pò anche Torino,ricorrevano nei titoli degli anni più furenti e premiati dal pubblico del poliziottesco.Qua,un poliziotto dai metodi tosti,che non si fa paralizzare nè dall'orrore delle malefatte dei delinquenti che persegue (qui uccidono addirittura una bambina,dopo aver sparato a suo padre,davanti a lei),e neanche,figurarsi,dai cavilli e dai freni di burocrazia e piani alti della Legge,si infiltra in un gruppo malavitoso,sospettando che non si tratti solamente dei soliti malviventi che puntano a rapinare,uccidere e incassare.Il progetto è più ampio,e coinvolge personaggi insospettabili.Luc Merenda,che rientra nei canoni dello sbirro fisicamente tonico e dall'espressione da duro sempiterna,ci dà dentro,mena come un matto,seduce fanciulle perdute,che discettano anche di ideali e di rivoluzioni,gioca di fino con i doppiogiochisti,e attua i propri piani,gettando,schifato,la pistola nel finale,e andando incontro alle proprie responsabilità.Luciano Martino gira bene le scene d'azione,con un inseguimento a rotta di collo,tirato allo spasimo,e un abbozzo di presa di coscienza politica che rammenta la presa di distanze dal vigilantismo duro e puro che,più o meno,in parallelo,fece Clint Eastwood in "Una 44 Magnum per l'ispettore Callaghan".Richard Conte impersona un villain carismatico,che nelle scene d'azione viene sostituito da un'evidentemente più in forma controfigura meno stagionata,e il film,benchè similare ad altri prodotti del genere,non annoia,nè irrita,nonostante certe uscite fin troppo spicce.Certo,Merenda non è Eastwood,ma si è visto ben di peggio....
MOLTO FORTE,INCREDIBILMENTE VICINO
(Extremely loud & Incredibly close,USA 2012)
DI STEPHEN DALDRY
Con THOMAS HORN,Sandra Bullock,Tom Hanks,Max Von Sydow.
DRAMMATICO
Hanno fatto sul serio,nel trarre un film dal romanzo "Molto forte,incredibilmente vicino" di Jonathan Safran Foer,ricostruzione del post-11 Settembre dal punto di vista di un bambino che ha perso l'amatissimo padre nella tragedia di Ground Zero.Produzione a firma di Scott Rudin,regia affidata a Stephen Daldry,director che aveva trattato spesso infanzie non semplici con "Billy Elliott" e "The hours",sceneggiatura approntata da Eric Roth,e un cast di adulti composto da Tom Hanks,Sandra Bullock,Viola Davis,Max Von Sydow,John Goodman ,Jeffrey Wright e James Gandolfini,attorno al giovanissimo protagonista Thomas Horn.Due anni fa,sembrava uno dei titoli che puntava a far messe di Oscar,ed invece,non è riuscito a sfondare e a guadagnare diverse statuette.Storia di un trauma rivissuto molte volte,di esistenze che necessariamente devono andare avanti,dopo il disastro,il film è spesso a rischio retorica,anche se,va detto,che si cerca quasi sempre di tenere il punto sull'elaborazione del lutto da parte del ragazzo,un misto di rabbia,rancore,dolore e ricerca,che porta il protagonista a svolgere una sorta di caccia al tesoro per ritrovare tracce del genitore,come tanti sparito nel crollo dei grattacieli dopo l'attentato terroristico del 2001.Daldry sottolinea,come altrove nel suo cinema,quanto sia difficile per un bambino dotato di fin troppa sensibilità,e intelligenza,passare le prime esperienze,i dolori della crescita e i momenti destinati a non sparire mai nell'oceano della memoria,e, tuttavia,il film ha il suo meglio non tanto nel ricompattare le cose e nello sforzo dei personaggi di un ritorno ad una faticosa "normalità",ma piuttosto nell'evidenziare come scorrono in parallelo due forme di coraggio.Quella di un giovanissimo,che affronta quella parte dell'esistenza che è la preadolescenza,in cui ogni giorno riporta scoperte,sensazioni nuove,altre sfaccettature della propria personalità,e quello di qualsiasi essere umano che diventa genitore,per il lasciar "andare nel mondo" la propria prole,nonostante le paure,le diffidenze,i brividi che ciò che è fuori da quello che si ritiene "sicuro".Del cast,la prova migliore è quella del silente Max Von Sydow,un esempio di come un attore di alta categoria,con pochi gesti e espressioni,possa saper dire tanto.
SENZA UN ATTIMO DI TREGUA (Point Blank,USA 1967)
DI JOHN BOORMAN
Con LEE MARVIN,Angie Dickinson,Keenan Wynn,Carroll O'Connor.
THRILLER
Ritornato a compiere una vendetta,ma soprattutto a reclamare il proprio malloppo (o viceversa?),Walker è un duro,un alfiere della manovalanza criminosa che non intende farla passar liscia agli uomini dell'Organizzazione che l'hanno sfruttato e poi tradito:con la complicità ribelle della sensuale cognata,comincia ad attuare un piano per sgominare il clan,partendo dal basso,fino a giungere ai vertici.Thriller d'azione divenuto in breve cult-movie,"Senza un attimo di tregua" rappresentò per Boorman e Marvin l'occasione di sviluppare un personaggio che avevano amato,di un romanzo che invece avevano detestato,"The Hunter":e il caratterista divenuto star,canuto e implacabile,gira per tre quarti di film con un pistolone in mano,anche se,a ben vedere,la vendetta che compie è fatta di mosse che spingono i nemici a farsi fuori da soli.Teso,con un finale sfumato e da decifrare,il film suggerisce,quasi,che il protagonista possa essere una specie di spettro,ritornato a riscuotere i pegni per la sua Giustizia personale:più volte,nel corso del racconto,a Walker viene detto che è già morto,o che il vero se stesso ha smesso di vivere tempo prima.Boorman,assieme a Lee Marvin,che richiamerà l'anno successivo per fargli interpretare un altro lungometraggio destinato a diventare amato dai cinefili come "Duello nel Pacifico",allestisce un revenge-movie piuttosto duro per i tempi,la seconda metà degli anni Sessanta,che si nutre di letteratura noir,di quella senza tante moine,nè mezzi termini,e attorno al prim'attore si riuniscono volti di caratteristi che si sarebbero affermati come Keenan Wynn,John Vernon,Carroll O'Connor e Sid Haig.Rende meno ruvido il tutto la bellezza seducente di Angie Dickinson,e da culto,perlomeno,il doppio delitto nel canale di deflusso vuoto.
LO SMEMORATO DI COLLEGNO (I,1962)
DI BRUNO CORBUCCI
Con TOTO',Nino Taranto,Yvonne Sanson,Aroldo Tieri.
COMMEDIA
Ispirato al reale caso Bruneri-Canella,che appassionò una parte d'Italia nel Ventennio,con un uomo dal passato misterioso e che in troppi provarono a identificare,"Lo smemorato di Collegno" fa parte dell'ultima fase della carriera di Totò,quando ormai il comico napoletano si affacciava alla terza età,e gli venne meno la vista.C'è da dire che nella sfilza di parodie interpretate in quegli anni da Totò,questo film,diretto da uno dei fratelli Corbucci,tentò di valorizzare le capacità di interprete dell'eroe di tante scorribande ridanciane,affidandogli un ruolo complesso,di un uomo sospeso tra constatazioni amare,confusione identitaria,sussulti di dignità e perplessità sul prossimo.Meno tendente alla risata vera e propria,a riscuotere meno gomitate tra spettatori che attendono puntualmente le impennate della verve del partenopeo,"Lo smemorato di Collegno" ha tracce neorealiste nel finale,paradossale e anarcoide,in cui il poveraccio,sballottato tra furbi e profittatori,tra voglia di ritrovare una qualsiasi via di casa e paura di fare il passo sbagliato,si affaccia alla terrazza da cui era uso tuonare il Duce,e in un sarcastico crescendo di immaginarie incitazioni della folla,rifà il verso al dittatore romagnolo. Nel film compaiono antiche e sempre valide spalle del "principe della risata" come Nino Taranto,Aroldo Tieri,Erminio Macario,Mario Castellani,tutti funzionali a lasciare al fantasista,stavolta,l'occasione per una prova dall'approccio meno immediato,ma più densa e meno propensa ai duetti atti a stuzzicare le platee,se si esclude lo scambio di battute in ospedale con Taranto.Forse leggermente troppo lungo,ma interessante.
3 DAYS TO KILL (3 days to kill,USA 2014)
DI MCG
Con KEVIN COSTNER,Hailee Steinfield,Hamber Heard,
AZIONE
Agli americani piace ambientare i film di genere a Parigi,e ancor più inquadrare,prima o poi,nel corso della storia,la torre Eiffel:è ambientato là anche "3 Days to kill",che prevede un sicario della CIA scoprirsi affetto da un cancro,e cercare,in contemporanea,di ritrovare il rapporto con la moglie e la figlia che aveva abbandonato,e ritrovare e eliminare una pericolosa organizzazione terroristica capeggiata da un tizio che chiamano "L'Albino".In pratica,si tratta di voler chiudere i conti prima di giungere al gran finale:tra una sparatoria e un confronto con la non semplice erede,che rischia più di una volta di mettersi nei guai con fiera incoscienza adolescenziale,l'agente ha un'alleata a doppio taglio,una collega che ha in serbo per lui un patto,e forse una cura sperimentale ma efficacissima.Diretto da McG,ma si nota eccome la mano di Luc Besson,che produce,"3 days to kill" è un thriller che alterna accelerate d'azione,in cui però Costner,che ha ritrovato un pò di forma fisica,pare partecipare soprattutto da fermo (ma per essere un malato a quello stadio,è anche troppo messo bene fisicamente....) a toni da commedia familiare,con scaramucce tra genitore pentito della vita che ha fatto,e figlia rancorosa.C'è una citazione spiccicata da "Guardia del corpo",quando il protagonista salva la figlia da tre coetanei con brutte intenzioni,e un finale che lo stesso Costner ha blandamente criticato,fin troppo conciliante,che stride con il racconto.Tuttavia,ci troviamo di fronte a un prodotto di genere abbastanza decoroso,senza grandi guizzi nè di regia,nè di sceneggiatura,in cui gli attori forniscono professionismo (e Amber Heard un goccio di seduzione e ambiguità che non guastano),ma probabilmente,appunto,il produttore,che gioca in casa con l'ambientazione della pellicola,ha messo fin troppo bocca.