SCONNESSI (I, 2018)
giovedì 29 settembre 2022
SCONNESSI (I, 2018)
mercoledì 14 settembre 2022
MILANO TREMA: LA POLIZIA VUOLE GIUSTIZIA (I, 1973)
giovedì 1 settembre 2022
UN AMORE UNA VITA ( Everybody's All American, USA 1988)
DI TAYLOR HACKFORD
Con JESSICA LANGE, DENNIS QUAID, Timothy Hutton, John Goodman.
DRAMMATICO
La carriera di Taylor Hackford ha conosciuto buon successo di pubblico, cast con volti celebri, con una visione molto americana dei temi affrontati: se il suo lavoro migliore rimane "Ufficiale e gentiluomo", nel resto degli Ottanta girò quattro pellicole, "Due vite in gioco", "Chuck Betty: Hail! Hail! Rock'n'roll!", "Il sole a mezzanotte" e questo "Un amore una vita", che fu forse il titolo più criticato e di minor successo commerciale. Trent'anni di storia d'amore tra due american icons, il campione di football e la majorette più bella, ma la facciata è una cosa, e la vita quotidiana è un'altra cosa. Se le premesse erano interessanti, e cioè indagare quel che si cela dietro il mito del successo, della bellezza fisica e del porsi a simbolo di una certa società, il film si svolge nel peggiore dei modi: bolso nella narrazione, stereotipato nella definizione dei personaggi, melenso nei rapporti tra gli stessi. Hackford abbozza questioni razziali, il dopoguerra in America, e con una certa prolissità arriva alla prevedibile conclusione che, al di là di rovesci, sbandate e disagi, prevale il richiamo alla famiglia e agli antichi valori. Del cast sorprende in negativo una Jessica Lange forse fuori ruolo come mai le è successo in carriera, Dennis Quaid, qui a una grossa occasione, si danna dentro un personaggio che non ha spessore, Timothy Hutton si rassegna a interpretare il character più didascalico, lo scrittore giovane e idealista che si sporca la coscienza, e John Goodman, qui in uno dei primi ruoli importanti interpretati sul grande schermo, non ispira qui alcuna simpatia.
NOI ( US, USA 2019)
DI JORDAN PEELE
Con LUPITA NYONG'O, Winston Duke, Shahadi Wright Jones, Evan Alex.
HORROR/FANTASCIENZA
Da noi ebbe risalto relativo, ma qualcuno si ricorderà dell'iniziativa "Hands across America", un'iniziativa solidale che a metà anni Ottanta fece mettere la faccia anche al presidente Usa Ronald Reagan, che prevedeva uno sforzo dell'Unione nel dare una mano alle frange più povere della popolazione: proprio nel 1986 si apre la storia di "Noi", in cui una ragazzina, in vacanza con i propri genitori a Santa Cruz, si allontana in un Luna Park ed entra in un carrozzone con un labirinto di specchi dove assisteremo a qualcosa che la soprenderà fortemente; al giorno d'oggi, la ragazzina è una donna che ha messo su famiglia, e torna per un periodo di villeggiatura nella casa a Santa Cruz. Borghesi e benestanti, i quattro componenti la famigliola, durante una notte si ritrovano avanti quattro copie spiccicate di sé stessi, dall'aria molto poco rassicurante ... Jordan Peele, dopo il grande successo del suo film d'esordio, "Scappa!- Get out" ha realizzato la pellicola più difficile, la seconda, per un regista che ha colto una grossa affermazione: e torna a girare un horror dalle radici fantascientifiche, su uno sfondo palesemente sociologico. I doppelganger che si manifestano e reclamano la vita dei loro originali "di superficie", eliminandoli fisicamente, rappresentano quella parte d'America diseredata e senza diritti che presenta il conto a chi vive nell'agiatezza. Peele, con minor umorismo che nel film di debutto, racconta una storia di persecuzione e inseguimento, ambientandola tutta più o meno in una notte a perdifiato. "Scappa!" era un film di maggiore impatto immediato, che aveva passaggi meno prevedibili, ma "Noi" è "a lievitazione lenta", e lascia quindi un maggiore disagio a proiezione finita, nello spettatore, ponendogli domande e dubbi più complicati da risolvere. L'ipocrisia della beneficenza delle classi abbienti contro la rabbia di un'esistenza di chi vive nelle zone che non si fanno vedere solitamente, di chi è escluso da sempre e non ha altra prospettiva che farsi andar bene gli avanzi: la sequenza che inquieta maggiormente è quella del corridoio sotterraneo popolato solo da conigli ( la metafora carrolliana va da sé, "Oltre lo specchio" naturalmente), e il colpo di scena conclusivo, che comunque è abbastanza intuibile ben prima, è tuttavia ben giocato. Superato l'esame arduo del secondo film, attendiamo Peele a nuove prove che ci Agostino facendoci riflettere.