lunedì 27 dicembre 2021


 
QUEL GIORNO IL MONDO TREMERÀ (Armaguédon, F/I/B 1977)

DI ALAIN JESSUA

Con ALAIN DELON, JEAN YANNE, Renato Salvatori, Michel Creton.
THRILLER
Due figure marginali, che vivono da sottoproletari in baracche, da sempre ai margini, nella Francia degli anni Settanta: al più sveglio dei due arriva un forte indennizzo assicurativo, e da quel momento, mette in atto un piano per sfogare tutta la rabbia ingurgitata di una vita di negazioni, repressioni e mortificazioni. Il progetto folle comporta un grosso attentato da compiere,  denominato "Armaguédon", con qualche cadavere sparso in precedenza: oltre alla polizia e ai servizi segreti, entra in gioco uno psicoanalista-star, che cerca di anticipare le.mosse dello psicopatico, il quale si porta dietro come complice l'amico dalla forza di un colosso ma dalla mente di un bambino (molto bravo Renato Salvatori in questo ruolo). Il film ha un impianto classico da thriller francofono dell'epoca, si prende i suoi tempi narrativi senza accelerazioni, arriva ad un finale con la dose di tensione adeguata: i suoi difetti sono, principalmente, nella presentazione di personaggi come quello del protagonista Delon ( anche produttore del film, che appare dopo una ventina di minuti di proiezione), che entra in scena salvando una giovane aspirante suicida, pare coltivare un ménage familiare normale, salvo, ad un certo punto, esplodere in uno sfogo in cui lamenta lo stress del dovere esplorare la mente altrui. In una storia permeata da un pessimismo di fondo miscelato ad una malinconia netta e onnipresente, il confronto attoriale lo vincono i "cattivi" Yanne e Salvatori, che danno le sfumature più calibrate ai loro personaggi di reietti.

sabato 18 dicembre 2021


 
CRY MACHO (Cry Macho, USA 2021)

DI CLINT EASTWOOD
Con CLINT EASTWOOD, Eduardo Minett,
COMMEDIA/DRAMMATICO/AVVENTURA
Non lo ferma nemmeno la pandemia, figuriamoci l'età: passata la novantina, Clint Eastwood continua a girare film al ritmo di uno all'anno, più o meno, e, seppure ai tempi di "Gran Torino" aveva fatto girare la voce che sarebbe stata la sua ultima interpretazione, si prende pure il lusso di stare di fronte alla macchina da presa. Il suo ultimo lavoro, che è la regia numero
venticinque della sua carriera, è l'adattamento cinematografico di un romanzo di N.Richard Nash , in cui un vecchio ex campione di rodeo viene assoldato, per bisogno di soldi, da un ricco uomo d'affari affinché si rechi in Messico a prendere suo figlio, e sottrarlo alla madre, che in pratica è una capo gang. Benché sembri complicata assai l'impresa, il protagonista riesce a farsi seguire dal ragazzo, che si porta sempre dietro un gallo da combattimento chiamato "Macho": tra il vecchio e il giovane nasce un rapporto forte, con il secondo che sviluppa una fiducia inedita in un altro essere umano, e, seppure il viaggio sia costellato di complicazioni, tra auto che vengono rubate, scagnozzi alle calcagna e inevitabili momenti del dunque, ci sarà l'occasione anche dell'incontro con una bella signora messicana che accoglierà e metterà al riparo i due fuggiaschi. Picaresco nell'anima, sia per struttura che per spirito, "Cry Macho" non è uno dei lavori maggiori diretti da Eastwood, semmai un'operina che cerca la leggerezza, con una venatura romantica di fondo ( il finale è spiccicato a quello di "Avengers:Endgame", fateci caso): anche se i suoi novantun anni cominciano ad avere il loro peso sul tosto Clint (in effetti molto più in là con gli anni di quanto il ruolo richieda), coglie comunque un'occasione al volo per spianare la pistola almeno una volta nella storia e fa brillare gli occhi a una bella donna. E tuttavia, quello che del film conquista, è la riflessione sulla dichiarazione d'amore alla vita in cui questo lungometraggio consiste, nello sguardo che rimane meravigliato, pur con nove decenni addosso, verso il sorriso di una bambina o una carezza a una bestiola, e a ogni volta che sorge il sole o cala la penombra della sera. E si lascia la sala con un moto d'affetto verso questa quercia d'uomo quasi secolare.

giovedì 9 dicembre 2021


 
SHANG-CHI E LA LEGGENDA DEI DIECI ANELLI (Shang-Chi and the Legend of the Ten Rings, USA 2021)

DI DESTIN DANIEL CRETTON
Con SIMU LIU Awkwafina, Meng'Er Zhang, Fala Chen.
AZIONE/FANTASTICO/AVVENTURA
Esaurita la prima ondata da sbarco con i nomi più "pesanti" della Casa delle Idee, così era chiamata la Marvel dal suo creatore, Stan Lee, dopo "Avengers:Endgame" e qualche uscita di scena, gli Studios di Spider-Man e Capitan America ha dovuto rilanciare con personaggi amati dai fans, ma più di nicchia: ecco quindi Shang-Chi, eroe dalle mille mosse di arti marziali, che negli anni Settanta fu un vero e proprio cult, ma che, storicamente, non ha lo stesso seguito dei super tizi principali. Poi, prima di sequel illustri come quelli di "Thor" e "Doctor Strange", e prima della nuova versione degli acquisiti dalla 20th Century Fox, Fantastici 4 e X-Men, tocca agli "Eterni". Tornando a questo personaggio, che attrae innanzitutto fans dall'Asia, così come Black Panther "agganciava" prima degli altri la comunità afro, viene inquadrato inizialmente come un ragazzo qualsiasi, la cui famiglia originaria vive in Cina, e negli States fa un lavoro ordinario: finché, una sera, rientrando su di un tram assieme all'amica del cuore e viene assalito da un branco di tipacci, capitanato da un colosso rumeno, e quindi sfodera un vero e proprio arsenale di autodifesa con rapidissime mosse di arti marziali. Ci sono in gioco scontri che provengono dall'antichità, e un conflitto che potrebbe avere ripercussioni assai serie sul mondo... Diretto da Destin Daniel Cretton, che ebbe buon successo due anni or sono con "Il diritto di opporsi", e conferma la strategia dei Marvel Studios di affidare a registi giovani, con almeno un titolo promettente alle spalle, progetti di peso, "Shang-Chi e la leggenda dei dieci anelli" è godibile sul piano action, ma non aggiunge molte novità all'universo marvelliano:  lo scontro finale poteva essere gestito in maniera più visionaria, il protagonista Simu Liu non è particolarmente espressivo, e risulta piuttosto differente dal personaggio sulla carta, e forse manca un cattivo dal carisma sufficiente. Tuttavia il film ha funzionato sui mercati, visto che è già annunciato un seguito, di qui a poco tempo.

lunedì 6 dicembre 2021


 
È STATA LA MANO DI DIO (I, 2021)

DI PAOLO SORRENTINO 

Con FILIPPO SCOTTI, Toni Servillo, Teresa Saponangelo, Marlon Joubert.

DRAMMATICO/COMMEDIA/GROTTESCO 

Un walkman sempre sul fianco, come tenevano le pistole i cowboys, le cuffiette sempre al collo, in pieni anni Ottanta, per  Fabio, o Fabietto   la vita a Napoli è tutta una scoperta, tra eventi pubblici (l'arrivo di Diego Armando Maradona nell'Estate '84 nelle file della squadra di Ferlaino) e cose private, tra famiglia, idee sul futuro e progetti da realizzare, una sensibilità tenuta a freno perché fin troppo acuta, la Donna e il Sesso cose quasi insormontabili: Paolo Sorrentino ci ha messo tanto di sé in questo suo lavoro, sentitamente autobiografico, che narra anche la tragedia che colpì il regista in adolescenza, con la perdita dei genitori. E in mezzo, un'aneddotica copiosa, tra fatti divertenti e momenti sconfortanti, con un filo di follia, come in tutte le storie delle famiglie. È un film napoletano fino al midollo, "È stata la mano di Dio", per il suo umorismo, la sua vitalità, la casualità di ogni incontro e quell'affrontare la vita con sfacciataggine e filosofia, ben recitato da tutti, con un Servillo che con Sorrentino gioca sciolto come non mai, un'adeguatissima spalla femminile come Teresa Saponangelo, una fulgida Luisa Ranieri che a quasi quarantasette anni si concede un nudo che farà storia ( e va sottolineato che il regista sa valorizzare soprattutto le bellezze in età matura, vedi Elena Sofia Ricci in "Loro", o Sabrina Ferilli ne "La grande bellezza"), e tutto un corollario di attori importanti e di nome, come Gallo, Carpentieri, che prestano la propria faccia per ruoli secondari. Però l'impressione che la pellicola ti lascia è che sia dispersiva, vive di fin troppi accumuli, inciampa su "fellinismi" fin troppo esibiti, come la nave tutta illuminata che parte di notte, l'emiro che passa di notte, in una piazza deserta, affiancato da una bellezza di madrelingua ispanica che si rivela sgarbata, si protragga in una durata anche eccessiva: intendiamoci, il film è da vedere, perché, soprattutto quando non insiste sul piano grottesco, e viaggia sulla commedia, ha momenti felici ( il pranzo con l'attesa del nuovo fidanzato della zia, politicamente assai scorretto e condito da umorismo sapido), e la cifra così personale della regia di Sorrentino si riscontra eccome. Solo che, come succede spesso per i progetti fin troppo personali, o più anelati dai registi e magari rimandati per anni per questioni di realizzabilità, pratiche o economiche, non tutto è a fuoco, qualcosa appesantisce il risultato, si prova la sensazione che, con minor coinvolgimento personale di chi è alla regia, probabilmente l'opera sarebbe stata ancora meglio. Regista che oramai è considerato, alla stregua di quelli che hanno lasciato il segno veramente, per via di uno stile talmente marcato quanto esclusivo, Paolo Sorrentino è un autore con sicuramente ancora tanto da dire: il "film della vita" lo ha realizzato qui, può passare oltre, e ne aspetteremo nuovi segnali.


mercoledì 1 dicembre 2021




5 È IL NUMERO PERFETTO ( I, 2019)
DI IGORT

Con TONI SERVILLO, Valeria Golino, Carlo Buccirosso, Antonio Nemolato
NOIR
Da una graphic novel da lui stesso scritta e disegnata, ecco l'esordio del fumettista Igort dietro alla macchina da presa. Cast di napoletani purosangue, per una storia che proprio in un capoluogo campano terra di scontri all'ultimo proiettile e regolamenti di conti sì svolge: il protagonista è un sicario professionista che narra la sua vicenda a chi, come lui, è fuggito su un'isola lontana a finire i propri giorni. All'uomo hanno ucciso il figlio, che faceva il suo stesso mestiere, e, grazie all'aiuto di un collega, dichiara guerra al clan che ha ordito la trappola per il ragazzo: ampio numero di morti ammazzati, agguati e sparatorie, riprese in maniera stilizzata, per recuperare prospettive e tagli che riconducono alla grafica delle strisce a fumetti. Toni Servillo, che sfoggia un naso imponente, si presta al gioco con convinta adesione, e vedere Carlo Buccirosso in versione hard boiled è sicuramente uno dei motivi d'attrazione di questa pellicola, alla quale forse qualche compiacimento registico di troppo non giova pienamente; tuttavia, quando il film si risolve a diventare la storia di un uomo che ha vissuto di ferocia tutta la propria esistenza, e me diventa improvvisamente saturo, fino a provare un moto di pietà ( che gli costerà caro), proprio a un passo dal compiere la propria vendetta. E il finale amaro, ma lucido,è la cosa più memorabile di un lungometraggio d'esordio che potrebbe fare sospettare potenzialità ancora da da valorizzare di un regista venuto dal mondo del disegno.