mercoledì 30 dicembre 2020


LA TERRA DELL'ABBASTANZA (I, 2018)
DI FABIO E DAMIANO D'INNOCENZO
Con MATTEO OLIVETTI, ANDREA CARPENZANO, Milena Mancini, Max Tortora.
DRAMMATICO
Nel blocco che il Covid ha imposto quest'anno alle sale cinematografiche, l'opera seconda dei fratelli D'Innocenzo, "Favolacce" è stata una delle più viste, e discusse della primavera/estate: il primo film, uscito ma visto pochissimo, aveva avuto buone critiche, e i due giovani registi romani hanno avuto così l'opportunità di proseguire a stretto raggio. "La terra dell'abbastanza" ha un titolo di sarcasmo geniale, una messa in scena a tratti sciatta, e una ferocia lucida nel raccontare una dimensione di miseria, soprattutto d'animo, che colpisce duro. I due ragazzi di periferia romana che travolgono, distrattamente, un tizio, mandandolo al Creatore, per scoprire che era un pentito e che il clan che era stato "tradito" dall'ucciso li accoglie come nuovi galoppini da tirar su a commissioni e incarichi che, ovviamente, sfociano nel crimine vero e proprio, vivono in area laziale, e la profezia di Leonardo Sciascia, a proposito della "sicilianizzazione" dell'Italia, a giudicare da "Mafia capitale", il litorale vicino alla Città Eterna in mano a famiglie di delinquenti, parrebbe, purtroppo, essersi avverata. Non del tutto a puntino in alcuni passaggi ( il pentimento improvviso di uno dei due protagonisti che porta ad una scelta tragica è fin troppo repentino, drammaturgicamente non reso benissimo), il film inquadra però bene la desolazione dello squallore umano in cui questi personaggi vivono: vivaci e quasi inquietanti i due giovani protagonisti per la naturalezza con cui passano dal cazzeggiare in macchina, come tutti i loro coetanei, all'omicidio, curiosa, ma indovinata, la mossa di affidare a Max Tortora il ruolo più complesso, e ingrato, quello del padre di uno dei due, Manolo, che sfodera un'inusitata attitudine a indossare un comodo cinismo quando serve per sopravvivere alla sordida, insulsa vacuità in cui passa la propria esistenza.

 

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