FAST & FURIOUS 7 ( Fast and furious 7, USA 2015)
DI JAMES WAN
Con VIN DIESEL, PAUL WALKER, Michelle Rodriguez, Jason Statham.
AZIONE
Per la settima volta, di nuovo insieme la banda di Dom Toretto, ladro di macchine e corridore clandestino scatenato, che ormai è sempre più una famiglia d'elezione: contro chi vuole scardinarla, o causa la morte di alcuni degli elementi, si scatena la furia del nerboruto Toretto, che deve inoltre proteggere i nuclei familiari generati via via che nuovi membri si aggregavano. Questa volta i nemici da mettere fuori combattimento sono due, il fratello del villain del capitolo precedente, Deckard Shaw ( che apre la pellicola con una completamente inverosimile, ma azzeccata sequenza in cui mostra tutte le sue devastanti potenzialità delinquenziali), ed il terrorista internazionale Jakande: teatro dell'azione, oltre agli USA, anche Dubai, ove si svolge una lunga sequenza in cui vediamo bolidi di lusso sfrecciare tra i grattacieli, letteralmente, e buona parte della squadra di Toretto mostrare di sapere il fatto proprio sgominando schiere della guardia di un emiro. Forse il capitolo della serie che ricerca maggiormente il fattore emotivo, visto che è anche l'ultimo cui ha preso parte uno dei pilastri del franchise, Paul Walker, deceduto tragicamente in un incidente, come sappiamo, durante la lavorazione di questo film, "Fast and furious 7" vede l'ingresso nel cast di un volto caro ai fans dell'action come Kurt Russell, in un ruolo da guest star. Benchè i tentativi di elaborazione del plot, con sovraccarichi sentimentali, siano volenterosi, e la confezione tecnica di corse, lotte e duelli sia di prim'ordine, lo sconfinamento della smargiassata bella e buona della saga è sempre attivo, e l'effetto-saturazione è inevitabile, con troppi colpi di scena ammucchiati, inimicizie che sfumano in relativamente impreviste alleanze, e botte da orbi a tutta velocità.
84 CHARING CROSS ROAD (84 Charing Cross Road, USA/GB 1987)
DI DAVID HUGH JONES
Con ANNE BANCROFT, ANTHONY HOPKINS, Judy Dench, Jean De Baer.
DRAMMATICO
Una scrittrice americana e il direttore di una libreria londinese, molto prima dell'avvento di Internet, si parlano con le lettere: la donna ama trovare pubblicazioni antiche, e dopo frustranti tentativi di rintracciarne alcune, riesce a mettersi in contatto appunto con un signore inglese, che dirige un negozio a lei congeniale, situato all'indirizzo del titolo. Tratto dalla vera, intensissima corrispondenza epistolare tra Helene Hanff, e Frank Doel, il film conquistò ottime recensioni alla sua uscita, in un momento in cui il cinema britannico stava di nuovo viaggiando forte, dopo un decennio apatico quali i Settanta; del regista David Hugh Jones non si sarebbe poi visto molto, dopo, anche se le parole nei suoi confronti, da parte dei recensori, furono incoraggianti. Va detto, però, che "84 Charing Cross Road" è soprattutto, ed evidentemente, un film d'attori: sia Anne Bancroft che Anthony Hopkins danno vita ad interpretazioni vivaci, e, se l'attrice di "Anna dei miracoli" infonde garbo, verve e curiosità nella scrittrice di nicchia, il futuro premio Oscar come serial killer di genio dà una misura equilibrata ad un uomo contenuto, ma dal modo di fare elegante e dalla voglia di conoscenza ben fomentata. A dimostrazione di come la cultura ed il gusto per l'arte avvicinino le persone, di come il sapere compensi talvolta l'assenza dei beni materiali, fortemente voluto dalla Bancroft, al punto che per regalo il marito Mel Brooks volle produrlo per fornirle l'occasione di una prova sentita, questo è un piacevole lungometraggio, da godersi pienamente tutto d'un sorso.
LONTANO LONTANO ( i, 2019)
DI GIANNI DI GREGORIO
Con GIORGIO COLANGELI, ENNIO FANTASTICHINI, GIANNI DI GREGORIO, Daphne Scoccia.
COMMEDIA
Il cinema di Gianni Di Gregorio, a questo punto, più o meno si può dire, è fatto di storie di "pòracci", gente senza grandi progetti o grossi risultati in mano, ma nemmeno regolari più di tanto nelle cose delle persone abituali: in "Lontano lontano" i protagonisti sono tre pensionati, Giorgetto ( Colangeli), "Il Professore" (Di Gregorio stesso), e Attilio ( Fantastichini, alla sua ultima prova) che si barcamenano come meno peggio possono, con conti da pagare, i soldi della pensione che sono sempre troppo pochi, e la solitudine che fa troppo compagnia. E allora perché non rigenerarsi andando a vivere gli anni che restano in un posto in cui il carovita sia meno ingombrante e i pochi soldi recepiti consentano un'esistenza più tranquilla e rilassata? Bravo a ricavare dagli interpreti un'espressività inzuppata di quotidiano, altre volte meno a gestire i tempi del racconto, perdendosi in una discontinua natura rapsodica di rado fluida, qua Di Gregorio gira il suo film migliore, ad oggi: il rapporto tra i tre acciaccati protagonisti sa di affiatamento reale ( e nelle interviste, il regista e attore ricorda con tenerezza e affetto la cena nella quale raccontava il suo progetto a Colangeli e Fantastichini, mai incontrati prima di allora, e della sbronza "in amicizia" con feeling sorto che ne conseguì), e le paure che contrastano i desideri sono spalmate bene. Si prova una simpatia naturale per i personaggi sullo schermo, ed il gesto di generosità che cambia tutte le carte in tavola, ce li rende più cari. Nel tratteggiare questi tre uomini che accettano ben volentieri una birretta, un pezzo di pizza e vivono una vita "low cost" per necessità, cui si aggiunge un ottimo Roberto Herlitzka nel conciso ma efficacissimo ruolo di un consigliere di vita ed economia, il gioco riesce eccome: e una nota speciale va in memoria di uno degli attori italiani più bravi degli ultimi trent'anni, che sapeva disegnare un ritratto di meschino con sprazzi d'umanità come pochi, o si immergeva con nonchalance in parti sgradevoli cui non faceva mancare mai una dimensione tuttavia "normale", dotato anche di tempi brillanti notevolissimi. Quanto ci mancherà, Ennio Fantastichini.